Lo sviluppo di sistemi di contabilita’ ambientale: la matrice Namea per la Regione Piemonte

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    Introduzione(1)

    La crisi che attanaglia l'Italia e il Piemonte è in parte riconducibile (sebbene con forme più acute derivanti da una debolezza strutturale del sistema socio-economico nazionale) alla crisi dell'economia e dei sistemi produttivi che attraversa i paesi più sviluppati. Ad essa si associano le problematiche ambientali, che rappresentano una sfida globale da portare avanti negli anni a venire. In questi ultimi decenni, a seguito della crescita di consapevolezza verso le pressioni ambientali di origine antropica, l'esigenza di stimare quantitativamente le diverse problematiche ecologiche è diventata, sempre di più pressante.

     

    La creazione di una "contabilità integrata", capace di coniugare aspetti economici ed ambientali ha dato dunque la possibilità di ricostruire in modo dettagliato le relazioni che intercorrono fra grandezze economiche, quali il Valore Aggiunto e le Unità di Lavoro, e le esternalità ambientali.

     

    Grazie a questa contabilità integrata si evidenziano cambiamenti e informazioni che gli indicatori economici tradizionali (quali il PIL, per esempio) non riescono a cogliere.

    Tra i metodi più diffusi per costruire una contabilità integrata vi è la NAMEA (National Accounts Matrix including Environmental Accounts).

    La NAMEA consiste in una matrice contabile per i normali conti economici (in unità monetarie), cui è affiancata una contabilità dedicata agli input di risorse naturali, agli output di rifiuti e alle emissioni, conteggiate in termini fisici. I conti NAMEA organizzano le informazioni relative alla sfera socioeconomica e a quella ambientale riferendoli alle stesse categorie, attraverso uguali logiche di attribuzione: in questo modo diventa possibile analizzare e confrontare, in modo coerente gli aggregati economici relativi alla produzione, al valore aggiunto, all'occupazione e ai consumi finali delle famiglie, con le pressioni ambientali causate dalle diverse attività produttive.

    La metodologia NAMEA è stata adottata nei programmi statistici comunitari come uno degli strumenti fondamentali per lo sviluppo dei conti ambientali all'interno del quadro della contabilità nazionale. In Italia, l'Istat ha prodotto, nel 1999, la prima matrice NAMEA a livello nazionale, con anno di riferimento il 1990, poi il calcolo è stato effettuato anche per gli anni successivi. Ad oggi sono disponibili le matrici NAMEA per l'Italia, relative agli anni 1990-2009. Esse quantificano le emissioni di 18 agenti inquinanti e i prelievi diretti di quattro tipi di risorse naturali. Studi ulteriori dell'Istat hanno portato al calcolo delle matrici NAMEA anche alla scala regionale, per l'anno 2005, che conteggiano le emissioni per 10 tipologie di inquinanti.

     

    L'analisi della matrice Namea per la Regione Piemonte

    L'obiettivo dello studio qui presentato è quello di quantificare le pressioni ambientali causate dalle attività delle diverse branche e di comparare le grandezze ecologiche, di tipo fisico-chimico, con le quantità socio-economiche come il Valore Aggiunto e le Unità di Lavoro. In questo modo diventa possibile valutare non solo il valore assoluto degli impatti esercitati sugli ecosistemi, ma anche i livelli di efficienza economica e occupazionale.

    La ricerca utilizza i dati Namea per l'anno 2005, unico anno in cui i dati sono disponibili a livello regionale. L'analisi condotta si focalizza su 5 esternalità ambientali desunte dalle matrici Namea regionali. Si tratta, di tre indici sintetici che misurano le seguenti esternalità:

    1. Effetto serra

    2. Acidificazione

    3. Ozono Troposferico

    e due emissioni analizzate singolarmente:

    4. piombo

    5. polveri sottili PM10.

    La scelta delle 5 esternalità è sicuramente parziale poiché non tocca in modo esaustivo tutte le pressioni ambientali, tuttavia possono essere considerate sufficientemente rappresentative di alcune delle più importanti emergenze ambientali e sono altresì sufficientemente rappresentative delle principali pressioni esercitate dal sistema produttivo italiano. In particolare la produzione di gas serra è direttamente connessa all'utilizzo di energia e riguarda quindi tutti i settori dell'economia: l'acidificazione deriva da specifiche attività connesse a particolari settori come ad esempio l'agricoltura; discorso simile vale anche per l'ozono, le polveri sottili e, soprattutto, il piombo.

    Da un punto di vista più prettamente territoriale i cinque indicatori di pressione possono considerarsi sufficientemente esaustivi dato che interessano le diverse scale spaziali: anzitutto quella micro, che riguarda i livelli di salute (e di inquinamento) dei sistemi territoriali locali, monitorati attraverso le misure delle micropolveri e del piombo; segue la meso-scala che interessa l'ambito regionale e macroregionale ed è caratterizzata dal fenomeno dell'ozono troposferico (che non deve essere confuso con l'ozono stratosferico caratterizzato da dinamiche a scala globale) e delle piogge acide, ed infine, la macro-scala planetaria, di riferimento per la problematica del riscaldamento globale. L'analisi separata e complementare dei cinque indicatori consente quindi di stimare l'entità delle pressioni ambientali esercitate dai settori economici e di individuare le diverse scale territoriali coinvolte.

     

    I risultati

    Lo studio indaga, in primo luogo, il contributo dei macrosettori rispetto al valore aggiunto, alle unità di lavoro e alle cinque esternalità ambientali considerate per ricostruire il profilo ambientale dei diversi macrosettori, mostrato in figura 1. Emergono tre casi differenti. Anzitutto è possibile individuare il comparto dei Servizi, che mostra, in Piemonte come in Italia, elevati "share" rispetto al valore aggiunto e alle unità di lavoro, a testimonianza del forte ruolo giocato dal terzo settore, che arriva ad avere un peso intorno al 60%. In parallelo, questo macrosettore è il responsabile diretto di emissioni che contribuiscono, a seconda dell'esternalità ambientale considerata, per percentuali che non arrivano mai al 20%. Si tratta di un comparto contraddistinto da elevate rese economiche e occupazionali a fronte di pressioni ambientali non così elevate, che potremmo qui etichettare come macrosettore a bassa "propensione all'inquinamento".

    Si evidenziano poi i comparti dell'Agricoltura e dell'Industria che esibiscono proporzioni opposte. Nel primo caso, a fronte di contributi al valore aggiunto e alle unità di lavoro inferiori al 6%, si registrano percentuali molto elevate rispetto alle emissioni di sostanze acidificanti (61,8% in Piemonte), di polveri sottili (35,4% in Piemonte) e anche di gas serra e precursori dell'ozono troposferico seppure in misure leggermente inferiori.

    Anche il macrosettore dell'Industria è caratterizzato da proporzioni qualitativamente simili: in questo caso il valore aggiunto e le unità di lavoro si attestano attorno a percentuali tra il 20% e il 26%, mentre le diverse esternalità ambientali (con l'eccezione dell'acidificazione per il Piemonte) superano di gran lunga questi share. L'esempio più eclatante è quello delle emissioni di piombo (98,1% in Piemonte). In questo caso è possibile parlare di settori a elevata "propensione all'inquinamento".

    Infine i comparti delle Costruzioni e dei Trasporti sono contraddistinti da situazioni intermedie, in cui le percentuali di valore aggiunto e di unità di lavoro non si discostano molto da quelle delle esternalità ambientali. Tali settori esibiscono quindi una "propensione all'inquinamento" di livello medio.

    Figura 1. Proporzioni tra gli "share " dei macrosettori piemontesi, ossia tra le percentuali che caratterizzano il valore aggiunto e le unità di lavoro e quelle proprie delle cinque esternalità ambientali. Anno 2005.

    01_Namea_grafo1

    Fonte: Elaborazione Ires su dati Istat

     

    Un secondo livello di studio è stato effettuato analizzando l'efficienza ambientale (ecoefficienza) di tipo economico calcolata normalizzando il Valore Aggiunto del settore economico considerato all'esternalità ambientale causata da quella stessa attività. Attraverso questa grandezza è possibile comparare in modo coerente le performances produttive con quelle ambientali. E' evidente che valori più elevati di efficienza economica segnalano situazioni in cui, a parità di valore aggiunto, si provocano esternalità minori. In questo modo è possibile ricavare una quantificazione delle dinamiche greening dei settori economici.

     

    In questa analisi la situazione piemontese è stata comparata con alcuni benchmark, ossia "casi di riferimento", rappresentati dai valori medi dell'Italia e da quelli di altre quattro regioni particolarmente importanti (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana) e paragonabili per dimensioni e peso alla regione Piemonte.

    Rispetto ai gas serra i comparti produttivi a minore ecoefficienza in Piemonte, ma anche in Italia e nelle altre regioni di comparazione, sono l'Industria e l'Agricoltura. Per contro i Servizi e, ancor più le Costruzioni mostrano livelli di efficienza decisamente maggiori. L'economia piemontese nel suo insieme ha un'ecoefficienza pari a 2,86 euro/kg CO2, che risulta superiore a quella media dell'Italia (2,42 euro/kg CO2) e delle altre regioni, con l'eccezione della Lombardia che tocca i 3,43 euro/kg CO2.

    L'acidificazione mostra trend analoghi: in Piemonte, in modo simile alle altre regioni e all'Italia, i macrosettori dei Servizi e delle Costruzioni emergono per le ecoefficienze di gran lunga maggiori rispetto alle branche dell'Agricoltura e dell'Industria. Interessante è il confronto dell'ecoefficienza complessiva che vede il Piemonte in terza posizione, preceduto da Lombardia e Toscana.

    Le ecoefficienze legate all'ozono troposferico mostrano andamenti differenti: in questo caso spicca il settore dei Servizi, caratterizzato da basse emissioni per unità di valore, mentre le Costruzioni si attestano su valori medio-bassi seguiti dalle branche dell'Industria, Trasporti e Agricoltura.

    Decisamente diverso è il quadro che emerge rispetto alle ecoefficienze legate alle emissioni di piombo: in questo caso emerge il forte ruolo di emettitore giocato dal macrosettore dell'Industria, che esibisce ecoefficienze bassissime a fronte dei valori intermedi di Trasporti, Servizi e Agricoltura e delle altissime efficienze della branca delle Costruzioni.

    Infine, le emissioni di micro polveri disegnano una situazione ancora differente, in cui emerge chiaramente l'elevata ecoefficienza della branca dei Servizi, cui seguono, con un marcato distacco, i settori delle Costruzioni, dei Trasporti e dell'Industria. Ancora inferiori sono poi le ecoefficienze dell'Agricoltura che si attestano su valori di due ordini di grandezza minori rispetto a quelli del comparto dei Servizi.

     

    Conclusione

    Nel contesto nazionale il Piemonte si presenta come una regione con una struttura produttiva che evidenzia in generale degli andamenti di ecoefficienza sia economica che occupazionale migliori del resto dell'Italia e del tutto comparabili con quelli delle regioni più importanti del nord del paese. All'interno di questo contesto alcuni settori, in particolare quello dell'Industria in senso stretto, dei Trasporti e delle Costruzioni, appaiono maggiormente performanti, mentre l'Agricoltura presenta un quadro generale di forte impatto, segno di una struttura del settore squilibrata nei processi di valorizzazione del prodotto finale e che agisce negli anelli iniziali (quelli che producono maggiori esternalità) della filiera agroindustriale, sia dell'allevamento che delle coltivazioni. Negli ultimi anni considerati, in questo comparto sono tuttavia ravvisabili elementi concreti di ecoefficienza che fanno sperare in processualità nuove, dopo anni di interventi pubblici mirati a incrementare la cultura propria dei sistemi alimentari locali del cibo.

     

    Tra i settori con maggiori performance nel green-path industriale sono da segnalare la Chimica, la Meccanica e i Trasporti e Comunicazioni, che migliorano tutti gli indicatori economici e ambientali con delinking assoluti(2) per quanto attiene i gas climalteranti.

    Il settore della lavorazione di Minerali non metalliferi è invece quello sicuramente più performante in termini di valore aggiunto e occupazione a fronte tuttavia di un ulteriore, seppur leggero, incremento dei gas serra prodotti. Un percorso green sembra seguire anche la Siderurgia sebbene a costo di una contrazione occupazionale che tuttavia non ne inficia la sua ecoefficienza. Anche l'industria degli Alimentari segue questo andamento seppur su valori meno significativi mentre il Tessile appare rispondere alla sua crisi e alla sua contrazione economica e di addetti con trend di ecoefficienza, sia economica che occupazionale rilevanti. Diverso ancora il caso dell'industria Estrattiva, delle Altre industrie manifatturiere e degli altri settori che già dal 2005 al 2008 emergono come comparti in crisi, incapaci di rispondere ai processi trasformativi in atto. Lo stesso dicasi del Terziario mentre il settore della PA e altri servizi non ha ancora invertito il segno della crescita, sebbene, a fronte di un peggioramento dell'ecoefficenza economica, si ravvisano migliori trend nell'ecoefficienza occupazionale.

     

    Nota(1) Il documento completo è reperibile all'indirizzo www.ires.piemonte.it/osservatori/219-green

    Nota(2) Per delinking assoluto si intende il disaccoppiamento tra la dinamica di crescita del valore aggiunto e quella di diminuzione, in termini assoluti, della pressione ambientale considerata

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