di Claudia Galetto (IRES Piemonte) e Francesca Silvia Rota (CNR IRCrES)
Nell’ottica dello sviluppo sostenibile dei territori e delle loro comunità, l’organizzazione degli spazi verdi interni e esterni ai centri urbani è oggetto di crescente interesse. In Europa, sin dal 2013, esiste una strategia apposita dedicata a favorire lo sviluppo delle infrastrutture verdi. E anche nella più recente prospettiva di ripresa post-pandemica delineata dalla strategia europea di ripresa e resilienza, le infrastrutture verdi emergono come importante ambito di investimento. La strategia europea è stata adottata con l’obiettivo di creare il migliore framework legale, politico e finanziario possibile per la promozione e la facilitazione di progetti di infrastrutture verdi da parte dei territori europei.
In particolare la Commissione vede nella realizzazione e gestione di una rete qualificata di spazi naturali e semi naturali la migliore strategia per proteggere la biodiversità e nello stesso tempo incrementare la capacità della natura di fornire un ampio spettro di beni e servizi ecosistemici.
Il Piemonte, da questo punto di vista, dispone di una dotazione di spazi verdi particolarmente ampia e variegata, che si traduce in una ricca offerta di beni e servizi ecosistemici. Proprio il riconoscimento dell’aspetto funzionale - verrebbe da dire utilitaristico - del verde, non solo quale spazio di naturalità da preservare per il contenimento e la compensazione della diffusione urbana, ma che diventa risorsa economica collettiva e bene identitario del territorio, è alla base della definizione di infrastruttura verde. Come avviene per le infrastrutture grigie (ponti, strade, ferrovie, strutture di servizio come le poste, i tribunali ecc.), anche le infrastrutture verdi sono dotazioni del territorio, pianificate e gestite per la realizzazione di obiettivi di pubblica utilità. Quello che cambia è la natura dell’infrastruttura che, in questo caso, è materia viva, fattore costituente dei meccanismi stessi alla base della vita sulla terra. Le infrastrutture verdi offrono aria pura, acque pulite, cibo sano, spazi aperti non urbanizzati, dotazioni paesaggistiche e culturali e la possibilità di praticare sport e attività all’aria aperta.
Per i territori, le infrastrutture verdi rappresentano dunque degli asset fondamentali per soddisfare la domanda di beni essenziali delle popolazioni residenti.
Tra le funzioni riconosciute all’infrastruttura verde metropolitana vi è il miglioramento della qualità ambientale attraverso una rete di aree verdi manutenute e in larga misura liberamente fruibili, l’innesco di processi di economia verde e di innovazione sociale, l’adattamento al cambiamento climatico, il recupero del decoro urbano-periurbano e di un più equo scambio metro-rurale grazie all’agricoltura periurbana, opportunità di formazione qualificata nell’ambito dei “green-jobs” per la costruzione di modelli di economia locale equa, sostenibile ed inclusiva.
Far incontrare domanda e offerta non è però sempre facile.
A ostacolare questo matching intervengono problemi legati all’accessibilità delle infrastrutture, alla loro manutenzione e salvaguardia, ma anche alla percezione (o meglio non percezione) che di questi spazi hanno i cittadini, le imprese e gli amministratori locali. In questo numero della rivista Politiche Piemonte dedicato alle infrastrutture verdi del Piemonte, il contributo di Francesca Silvia Rota e Fiorenzo Ferlaino (Combinare le diverse scale delle infrastrutture verdi per ricucire la frammentazione territoriale) mostra come anche a livello della letteratura, non solo nella narrazione politica e del sentire comune, non vi sia una chiara conoscenza di cosa queste infrastrutture rappresentino e di quali siano le loro potenzialità per lo sviluppo dei territori. Per esempio, a molti sfugge che dentro alla definizione di infrastrutture verdi ricadano tipi diversi di spazi verdi, distinti in funzione della scala di attuazione (micro-urbana, urbana e periurbana) e del carattere metropolitano o non metropolitano dell’area interessata dagli interventi. Una chiara comprensione dell’articolazione scalare delle infrastrutture verdi è per gli autori un prerequisito irrinunciabile per una pianificazione territoriale di area vasta, capace di ricucire la frammentazione e iper-territorializzazione che caratterizza il contesto piemontese.
Il contributo di Claudia Cassatella (Il valore di un approccio strategico e collaborativo all’infrastruttura verde), affrontando l’aspetto della pianificazione di area vasta, offre una chiara identificazione anche visiva della spazialità delle infrastrutture verdi e blu di Torino, nonché della loro rilevanza per la pianificazione del territorio metropolitano e regionale. Come osserva Cassatella, gli spazi aperti dell’area metropolitana torinese da almeno un ventennio beneficiano della positiva coesistenza di un approccio regolativo e pianificatorio, con un approccio strategico e di governance, favorevole a progetti di miglioramento ambientale. Una condizione abbastanza unica nel panorama nazionale, che ha oggi la possibilità di essere nuovamente valorizzata e messa a sistema, a patto di riuscire a dotarsi dei giusti strumenti per conciliare le istanze e favorire la creazione di progettualità condivise con il settore privato.
Un secondo fattore che ostacola l’incontro tra la domanda di servizi ecosistemici e l’offerta rappresentata dalle infrastrutture verdi va identificato nella grande varietà di funzioni e servizi ad esse associati. Per gestire in modo efficace la complessità di dotazioni e interessi coinvolti nella pianificazione delle infrastrutture verdi, oltre all’adozione di strumenti e soluzioni avanzate di governance, si rendono necessari capacità progettuali, gestionali e di coinvolgimento attivo della popolazione, che non sempre sono nelle disponibilità delle amministrazioni territoriali. Ciò è particolarmente evidente nel caso delle infrastrutture di scala vasta, che coinvolgono tutti i diversi livelli della pianificazione del territorio (dal locale al regionale), e ancor di più quelle poste all’intersezione tra lo spazio metropolitano periferico e il territorio rurale ad esso esterno. Ma anche alla scala urbana opportunità e sfide necessitano di opportuni strumenti di pianificazione e gestione. Daniela Chiantore e Elena Porro (Corona Verde: Storia e futuro di un progetto strategico) portano la testimonianza del progetto Corona Verde quale esempio di una lungimirante politica strategica di pianificazione dell’infrastruttura periurbana di Torino che, iniziata venti anni fa, è passata attraverso diversi momenti critici e ha oggi l’occasione di essere rilanciata in un’ottica di sistema. Come sottolineato nel contributo, Corona Verde ha creato un sistema consolidato di relazioni territoriali che rappresenta, ad oggi, un riferimento sia come buona pratica sia come tavolo di confronto e di lavoro per l’area metropolitana torinese, divenendo uno dei cardini attorno cui organizzare la multifunzionalità economica locale, la resilienza economica, ecologica e sociale di questo territorio. In questo, il progetto di Corona Verde ha anticipato molte delle linee programmatiche oggi contenute nella Strategia Next Generation EU, nel PNRR nazionale e nei documenti della programmazione regionale.
Il numero ospita quindi tre contributi che fanno capire l’assoluta centralità assunta dalle infrastrutture verdi nel quadro delle politiche territoriali. Cristiana Cabodi e Claudia Galetto (L'infrastruttura verde nel quadro degli indirizzi programmatici regionali e metropolitani) si concentrano su come i principali strumenti di piano con ricadute sul territorio metropolitano affrontano la questione delle infrastrutture verdi e in particolare dell’infrastruttura verde periurbana che costituisce la spina dorsale della Corona Verde di Torino. Dallo studio condotto, emerge che gli strumenti di programmazione e pianificazione riconoscono alle infrastrutture verdi molteplici funzioni complesse: dalla tutela dell’ambiente, del patrimonio e della lotta ai cambiamenti climatici, alla riqualificazione dello spazio urbano degradato e al sostegno di legami sociali ed economici tra urbano e rurale, in una prospettiva di sviluppo metro-rurale. Nello stesso tempo si sottolinea l’urgenza di realizzare le condizioni per un sistema efficace ed efficiente di governance, capace di catalizzare investimenti e innovazioni attraverso la collaborazione di una pluralità di attori e di generare benefici diffusi.
Roberta Balma Mion e Chiara Lucchini (Le Nature Based Solutions della Città di Torino: i progetti proGIreg e CONEXUS) offrono invece uno spaccato sulle politiche delle politiche del verde urbano e le progettualità di scala microurbana per la realizzazione di Nature Based Solutions (NBS) nel Comune di Torino. Dall’esperienza dei progetti Conexus e ProGIreg, le autrici mostrano come le NBS vadano a intercettare bisogni e esigenze molto concreti dei cittadini e quanto sia importante che la realizzazione di queste opere sia accompagnata da azioni di coinvolgimento, sensibilizzazione e formazione della comunità locale, nonché dalla costruzione di meccanismi di governance inclusivi e attenti alle specificità contestuali.
Il contributo di Andrea Rolando (AbbracciaTO, un anello per il turismo di prossimità tra i fiumi, i parchi e le aree di trasformazione di Torino) si focalizza sulla dimensione ciclabile e di mobilità lenta associata al concetto di infrastruttura verde. Attraverso il racconto di una proposta progettuale originale, AbbracciaTO, sviluppata dall’autore in modo gemellato rispetto a una analoga iniziativa condotta sulla città di Milano (AbbracciaMI), il contributo, con l’ausilio di strumenti digitali e social, offre una rappresentazione iconica del ricco patrimonio ambientale, storico e paesaggistico che cinge Torino. Rispetto a quanto portato avanti dai progetti di Corona Verde e di Corona di Delizie, l'iniziativa si appoggia quindi a un percorso esistente, per proporre un modo nuovo di pensare e fruire gli spazi dell’hinterland urbano, sostenendo altresì un particolare tipo di turismo.
Chiude il numero un contributo portatore di una visione “nuova”, o quanto meno non così comune, sulle infrastrutture verdi. Una visione di scala vasta ma “non metropolitana”, che sostiene l’opportunità di estendere il concetto di infrastruttura verde anche in contesti in cui si la presenza antropica e urbanizzatrice è minore. Anche in questi contesti, infatti, sono presenti le minacce del cambiamento climatico e della marginalizzazione e, nell’immaginare le soluzioni a questi problemi, è possibile gettare le basi per un nuovo rapporto, virtuoso e sostenibile, tra attività antropiche e componenti naturali.
Come evidenzia l’articolo iniziale del numero, le infrastrutture verdi tendono a essere pensate quasi esclusivamente in rapporto alla questione urbana e metropolitana. Rispetto a questa convinzione, il contributo di Federica Corrado e Erwin Durbiano (Infrastrutture verdi metro-rurali: i terrazzamenti dell’Alto Eporediese) presenta invece il caso dei paesaggi terrazzati dell'Alto Eporediese quale esempio di infrastruttura verde periurbana non metropolitana. L’idea innovativa che ne emerge è che, al pari di altri tipi di infrastrutture verdi, anche la sistemazione a terrazze del territorio rurale intorno ai centri urbani eporediesi, se opportunamente valorizzata all’interno degli strumenti di piano e programmazione, diventi non solo elemento qualificante del paesaggio e mezzo per conseguire un insieme diversificato di servizi ecosistemici, ma anche l’asset principale attorno a cui costruire nuove strategie di sviluppo in una prospettiva metro-rurale e metro-montana.