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Introduzione
Nel panorama mondiale si è ormai affermato un vero e proprio movimento delle città che fanno -delle politiche di innovazione e di sostegno alla cultura- una nuova strategia di sviluppo e lo strumento per diventare globali: cioè diventare capaci di attrarre talenti, capitali e investimenti, turisti, attraverso il proprio soft power.
Le ricerche svolte sul rapporto città, cultura e creatività dimostrano che esiste una forte relazione tra alcune specifiche qualità e performance delle aree urbane (qualità dell'ambiente architettonico e naturale, vivacità ed interculturalità della vita civile e culturale, connettività tecnologica, accessibilità e rapidità degli spostamenti, ecc.) e la capacità relativa delle stesse di generare qualità sociale e valori culturali all'interno delle loro comunità.
Nel perdurante contesto economico di crisi, si pone l'esigenza di ripensare e riprogettare la "governance" dei patrimoni urbani e territoriali di proprietà o di interesse pubblici, non solo negli ovvi termini di doverne adeguare la gestione a principi di efficienza, eliminazione degli sprechi, attenzione alla redditività e adeguate risposte alla domanda, ma anche e soprattutto in termini di visione strategica. La crisi economica, se da un lato ha portato a una diminuzione della spesa pubblica per la cultura e delle possibilità di intervento pubblico diretto, dall'altro ha però creato uno spazio perché si sviluppassero azioni e visioni nuove, ispirate a un maggiore coinvolgimento e partecipazione attiva delle imprese private e dei cittadini, sia in funzione di interessi comuni e convergenti, sia per la connessione al patrimonio in termini di filiera.
Su queste premesse, sembrano possibili alcune brevi riflessioni sul contesto piemontese.
La ricerca
Torino, Piemonte e UNESCO
Torino e il territorio del Piemonte rappresentano oggi un contesto che attraversa una fase di interessante e significativa evoluzione dato dall'investimento nei decenni precedenti della città e della Regione sui suoi beni culturali. Uno sforzo che ha portato nel tempo a una "collezione" di riconoscimenti della comunità culturale internazionale, quali le designazioni UNESCO che fanno probabilmente di Torino un unicum a livello europeo e mondiale. Torino è infatti nelle liste dell'UNESCO per il sistema delle Residenze Sabaude (Patrimonio Mondiale dell'Umanità) come Città Creativa per il design e come Riserva della Biosfera (programma Man and Biosphere) per la sostenibilità ambientale. Si aggiungono a questi riconoscimenti altri cinque territori riconosciuti dall'UNESCO in tutto il Piemonte e la città industriale del XX secolo di Ivrea, nell'area metropolitana torinese, che ha già presentato la propria candidatura.
Questo patrimonio è sempre più esplicitamente indicato dall'UNESCO come potenziale fattore propulsivo sia per la crescita culturale sia per le ricadute economiche (non solo turistiche) e sociali che può generare, invitando i territori a integrare la conservazione dei valori culturali del patrimonio con la gestione del suo sistema economico e sociale. Il rischio, altrimenti, è quello di non riuscire a governare dinamiche economiche che finiscono inevitabilmente per prevalere sul valore culturale, sfruttandolo e progressivamente distruggendolo. (Il caso di Venezia è certamente il più paradigmatico -ma non l'unico- dei casi in cui la speculazione e il mancato governo delle dinamiche turistiche ha generato effetti negativi talmente elevati che ormai risulta estremamente difficile bilanciare.)
L'integrazione tra patrimonio culturale delle nostre città e sistema produttivo è peraltro uno dei tratti distintivi di tutta l'esperienza italiana di governo del territorio. Lo si riconosce ad esempio in quelle realtà dove piccole imprese sono state capaci di generare nel tempo un'atmosfera in cui conoscenze, informazioni e tecnologie hanno circolato liberamente, in cui si è riuscita a creare una reputazione di livello internazionale grazie a processi produttivi di qualità e in cui si è generata, di conseguenza, un'immagine attrattiva anche dal punto di vista turistico. Esempio emblematico ne sono i paesaggi vitivinicoli di Langhe e Monferrato, risultato di una catena di creazione del valore che oggi vede emergere l'aspetto culturale come fattore propulsivo di economie e sviluppo locale, non soltanto legate al turismo e che va oltre all'aspetto produttivo.
Segnali di vivacità
Anche se a livello nazionale manca una politica di sviluppo economico sistematica, in considerazione del contesto di crisi economica e conseguente ristrettezza di risorse che accompagna il Paese da ormai circa 10 anni, si possono cogliere negli ultimi anni segnali promettenti di vivacità nella valorizzazione di tutto questo patrimonio. Segnali legati in particolare a fenomeni che si leggono con evidenza soprattutto nelle città medio-grandi: tra questi, lo sviluppo di alcune produzioni culturali innovative, la crescita costante dei visitatori (nazionali e internazionali), la diffusione di servizi per la migliore fruizione e la vivibilità delle città storiche e dei suoi attrattori.
Centri e Periferie
In parallelo, si sta progressivamente consolidando nell'attenzione politica e mediatica il tema dei modelli di sviluppo delle periferie, a partire dai processi di rigenerazione urbana. L'argomento è stato oggetto (giugno 2016) del bando del Governo per la riqualificazione delle periferie delle città metropolitane e dei capoluoghi di provincia (2 miliardi di euro di dotazione): la maggior parte dei progetti presentati hanno utilizzato il fattore culturale come driver di riqualificazione urbana. Esperienze di interesse sono da ricercare inoltre nelle iniziative del gruppo G124 voluto da Renzo Piano sui processi sociali per la ricucitura delle periferie; nel documentario Borgovecchio Factory di Associazione Push; o ancora nel percorso di candidatura della città di Settimo Torinese a capitale italiana della cultura 2018 (titolo poi attribuito a Palermo) attraverso un significativo lavoro di partecipazione civica di realtà come la biblioteca Archimede. La stessa candidatura alla Lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO della città olivettiana di Ivrea, va letta come segnale di cambio dei paradigmi e del ruolo del patrimonio culturale per la collettività.
Il ripensamento di luoghi simbolici dei contesti urbani diventa occasione per dare impulso a progettualità creative e di innovazione sociale, rivolte principalmente alle giovani generazioni e ai nuovi cittadini, come nel caso delle Officine Grandi Riparazioni a Torino o il recupero dell'area Ex Ansaldo a Milano che ospita il Museo delle Culture (Mudec), il Base coworking e la Cariplo Factory. Le fondazioni bancarie, si veda anche il progetto del Polo del 900 ai Quartieri Militari di Torino sostenuto dalla Compagnia di San Paolo, continuano quindi a svolgere un ruolo essenziale nello start-up di alcune delle esperienze più significative di collaborazione tra profit e no-profit, oltre che con le istituzioni.
In senso ancora più ampio, troviamo il tema del riscatto delle aree di margine che si riscontra nella Strategia nazionale aree interne: a dicembre 2016 sono state selezionate 68 aree progetto (1043 comuni) che potranno beneficiare dei finanziamenti (190 milioni) per iniziare percorsi di sviluppo e aumento servizi, prevalentemente fondati sul settore culturale agroalimentare e del turismo. Proprio nelle aree più marginali spesso si riscontrano iniziative pioneristiche come il Festival Studi Aperti di Ameno (Novara), il Nuovi Mondi Festival di Valloriate, di grande valore per la portata collettiva dell'azione culturale. Vale la pena citare tra le buone pratiche anche il caso del borgo alpino di Ostana, tra gli esempi più significativi di utilizzo della propria identità culturale come fattore di rinascita e attrazione di nuovi residenti, grazie ad un processo di rigenerazione partecipata e sostenibile.
Quale valorizzazione economica?
Per quanto riguarda i servizi per il cittadino e il fruitore della città, il principale driver risulta essere proprio il turismo. Un settore che stimola anche la nascita di imprese dedicate al miglioramento dell'offerta culturale o esperienziale. Negli ultimi anni abbiamo assistito a continui record di visitatori nei musei torinesi e nei maggiori siti di interesse. Si tratta di un target di pubblico nazionale ed internazionale, in gran parte motivato dai grandi attrattori culturali della città (Museo Egizio, Museo del Cinema, Reggia di Venaria), dagli importanti eventi culturali (Saloni Internazionali del Gusto e del Libro) dalla qualità e varietà dell'offerta ricettiva, dalla ristorazione di qualità, dalla buona accessibilità e intermodalità anche rispetto ad altre importanti destinazioni.
Conclusioni
La riflessione sul valore e potenziale economico delle risorse culturali delle nostre città è chiamata nel prossimo futuro ad una sfida più ampia, in cui il patrimonio storico possa finalmente essere oggetto di politiche, oggi ancora del tutto parziali, di sviluppo economico. La concentrazione di un alto e riconosciuto valore patrimoniale culturale nelle nostre città si deve confrontare necessariamente con il problema delle risorse economiche pubbliche disponibili, sempre più ridotte e non adeguatamente bilanciate da partenariati con il settore privato. Risorse di fatto sempre più polarizzate su pochi e singoli beni, a discapito dello stesso contesto in cui si trovano. Il caso della Reggia di Venaria Reale, e del suo faticoso rapporto con la stessa città di Venaria, con il suo territorio, e con l'intero sistema delle Regge Sabaude, componenti che pure contribuiscono in modo sostanziale a definirne il valore culturale, è forse il più emblematico in questo senso.
Bibliografia
Fondazione Symbola, Rapporto "Io sono cultura", edizioni 2014, 2015, 2016, 2017
Segre G., Villosio C. (2017), Employment in the Creative and Cultural Sectors. Evidence from a sample of European countries, Quaderni del CSS-Ebla, Torino
Santagata W. (2007), La Fabbrica della cultura, Il Mulino, Bologna.