La nuova contabilità fra rischi, opportunità e resistenza al cambiamento

    di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Regione Piemonte)

    Introduzione

    Da quest'anno, i bilanci di regioni ed enti locali cambieranno pelle. Lo prevede la riforma della contabilità pubblica varata dal dlgs 118/2011 (recentemente modificato dal dlgs 126/2014), le cui disposizioni sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2015. Si tratta di una rivoluzione finora rimasta sotto traccia e perlopiù confinata nel mondo dei "ragionieri" pubblici. Ma le sue implicazioni andranno ben oltre.

    In estrema sintesi, la riforma (che è stata portata avanti in parallelo anche per le altre amministrazioni pubbliche) si prefigge due obiettivi di fondo:

    1. uniformare il linguaggio contabile di tutti i livelli di governo, in modo da rendere i rispettivi bilanci facilmente confrontabili ed aggregabili;
    2. fare in modo che i conti siano più trasparenti, disinnescando la prassi (diffusa) di nascondere le magagne finanziarie sotto il tappeto.

    La normativa finora vigente, in effetti, non si è dimostrata in grado di rappresentare correttamente la situazione finanziaria, patrimoniale ed economica degli enti, come confermato dalle difficoltà nel determinare l'esatta dimensione dello stock di debiti commerciali.

    Per ovviare a tali criticità, la riforma mette in campo due strumenti: da un lato, definisce un unico sistema di classificazione contabile (un po' come fa il codice civile per le imprese private). Si tratta del cd piano dei conti integrato, che consente la rilevazione contestuale dei fatti gestionali in termini finanziari ed economico-patrimoniali. In tal modo, sarà possibile confrontare in modo più agevole le singole voci fra i diversi enti.

    Dall'altro lato, introduce in contabilità finanziaria una nuova regola (la cd competenza potenziata) per la contabilizzazione delle entrate e delle spese. In pratica, queste ultime dovranno obbligatoriamente essere finanziate o da entrate già disponibili o da entrate che diventeranno esigibili contestualmente alle spese medesime. In altre parole, nel nuovo regime saranno tassativamente vietati gli impieghi di risorse future, in modo da responsabilizzare gli amministratori ed evitare l'avvio di opere prive di adeguate coperture finanziarie. Simmetricamente, sarà possibile verificare in modo più agevole lo stato di avanzamento dei singoli lavori, individuando i ritardi e i possibili danni per le casse pubbliche.

    Nella nuova contabilità, inoltre, i bilanci dovranno contenere solo crediti e debiti (i cd residui attivi e residui passivi) effettivamente esigibili, evitando di gonfiare l'attivo o di tenere ferme risorse che non verranno utilizzare e dovrebbero essere riprogrammate.

    Ciò imporrà fin da subito una profonda ripulitura dei conti, che partirà da quelli attuali, attraverso l'obbligo di procedere (contestualmente all'approvazione del rendiconto 2014, ossia entro il prossimo 30 aprile) al cd riaccertamento straordinario dei residui (attivi e passivi). In molti casi, tale operazione farà emergere dei disavanzi (talora anche consistenti).

    Sempre per puntellare gli equilibri finanziari, infine, viene imposto di congelare una quota delle proprie entrate di dubbia o difficile esazione in un fondo non impegnabile.

    Se quasi tutti condividono le finalità della riforma, alcuni temono che possano essere vanificate dalle difficoltà applicative. La sensazione, infatti, è che molte amministrazioni siano ancora impreparate al debutto della nuova architettura contabile. Soprattutto i tanti comuni piccoli e piccolissimi, che per di più sono sottoposti ad un altro gravoso obbligo, quello di conferire la totalità delle proprie funzioni fondamentali ad una forma associativa (unione o convenzione).

    Ecco perché molti hanno sperato fino all'ultimo in una proroga, che però non è arrivata. Le uniche concessioni hanno riguardato un moderata gradualità nell'applicazione della nuova disciplina.

    Per il primo anno, la funzione autorizzatoria sarà svolta ancora dal "vecchio" bilancio (quello disciplinato dal dpr 194/1996), a cui sarà affiancato quello nuovo con funzione conoscitiva. La grammatica, però, sarà già quella dettata dalla competenza finanziaria potenziata, con obbligo di costituire il fondo pluriennale vincolato e il fondo crediti dubbia esigibilità. Quest'ultimo, inoltre, per i primi 5 anni, potrà essere accantonato in sede di bilancio preventivo per importi inferiori rispetto a quello a regime. Infine, è previsto un periodo addirittura trentennale per il riassorbimento dei disavanzi emergenti dall'operazione di riaccertamento straordinario dei residui.

    Con questi accorgimenti, la riforma avrà un impatto rilevante sulle amministrazioni.

    Pur essendo apparentemente "tecnica", essa inciderà in misura rilevante anche sulle scelte politiche. In particolare, la rilevanza contabile della dimensione temporale renderà cruciale la programmazione, con due conseguenze rilevanti:

    1) la capacità di programmazione degli enti (e quindi il sistematico raccordo fra amministratori, uffici tecnici e uffici finanziari) condizionerà non solo l'effettiva realizzabilità delle opere, ma anche la stessa quadratura del bilancio;

    2) una programmazione sbagliata o incauta rischierà di ipotecare le gestioni future sia in termini di compatibilità con le regole di finanza pubblica sia in termini di costruzione dei futuri bilanci.

    Ecco perché si tratta di una riforma che deve necessariamente essere padroneggiata, oltre che dagli addetti agli uffici finanziari, dall'intera struttura di ciascun ente, a partire dagli uffici tecnici per finire con gli amministratori.

    Purtroppo, non è quello che sta accadendo. Chi scrive ha partecipato in qualità di docente al percorso di formazione istituzionale organizzato da Ministero dell'economia e delle finanze, Anci-Ifel, Upi, Ministero dell'università e della ricerca, Formap e Fuap, per favorire la piena e diffusa attuazione, su tutto il territorio nazionale, dei nuovi metodi contabili.

    Si è trattato di un'importante occasione di dibattito e confronto, con partecipazione numerosa e qualificata . Tuttavia, è mancato quasi ovunque finora il coinvolgimento degli addetti ai lavori diversi dai "ragionieri". In un simile frangente, il rischio è che la riforma parta azzoppata. Sarà fondamentale sfruttare al meglio questo anno di parziale sperimentazione prima dell'avvio a regime per rimediare.

    L'altra enorme incognita è rappresentata dalla profonda incertezza del quadro finanziario delle amministrazioni locali, da anni costrette a fare i conti con continui (e spesso irrazionali) cambiamenti normativi che spesso rivoluzionano (talora anche in corso d'anno) la composizione delle rispettive entrate e i vincoli sulla propria gestione finanziaria. Ciò, come evidente, rischia di vanificare i benefici della riforma contabile.

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