di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Ires Piemonte)
Introduzione
L'economia urbana ha dimostrato quanto sia determinante il ruolo delle città quali incubatori della crescita economica, dell'efficienza e dell'innovazione. Gli effetti di traboccamento della crescita urbana si disperdono nelle regioni (non solo quelle di appartenenza) e più in generale negli stati. Prevalgono, in particolare nelle aree più grandi, quei fattori di agglomerazione che agevolano l'efficienza produttiva, l'innovazione e la condivisione dei benefici materiali e immateriali a favore dei settori produttivi in esse localizzati.
Le aree urbane di grande dimensione dovrebbero essere dotate degli strumenti di governo e delle risorse adeguate per garantire con efficienza e equità il benessere dei residenti, delle imprese e dei lavoratori che in queste vivono, lavorano e si riproducono e per supportare i processi di sviluppo locale. Queste aree anche in Italia rappresentano uno dei motori della crescita economica, ma i tentativi fatti negli ultimi 30 anni per risolvere il nodo dell'assetto istituzionale delle città metropolitane sembrano non aver avuto successo.
Il legislatore italiano il 27 marzo 2014 ha licenziato il testo del decreto 1542, e il 7 aprile è stata definitivamente approvata la l.56 (Delrio nel seguito), che norma, tra le altre cose, le città metropolitane, a quasi 25 anni di distanza dalle indicazioni contenute nella legge 142 del 1990. Quest'ultima prevedeva all'articolo 17 la delimitazione di 9 aree metropolitane(1), delegando alle regioni il compito di disegnarne i confini, e affidando ai comuni e alle preesistenti province l'assetto istituzionale delle costituende aree. La scelta compiuta dal legislatore nel 2014 sul numero(2) (art. 1 comma 5) e la perimetrazione delle aree riprende, modificandole, le proposte contenute nella l. 142/90, ma compie un passo indietro rispetto ai criteri che dovrebbero guidare la scelta dei confini metropolitani e spinge le nuove entità dentro i confini delle preesistenti province, da eliminarsi contestualmente. Vengono indicate genericamente le funzioni specificamente metropolitane, e lascia ai nuovi enti di secondo livello la scelta delle modalità di governance e delle forme di trapasso nella gestione delle preesistenti funzioni di area vasta, cosi come dei modi di relazione tra livelli di governo all'interno delle nuove entità (mediando con il dettato legislativo regionale). Non è stata affrontata nel dettaglio la questione delle risorse, o meglio il dettato legislativo si limita a consolidare i bilanci provinciali nei nuovi enti di secondo livello, lasciando aperto il tema del finanziamento delle funzioni specificamente metropolitane (in attesa della "riforma" del titolo V?) e della perequazione infrastrutturale (e infra-areale).
Nel disegno dell'assetto istituzionale delle città metropolitane manca il riconoscimento di uno status speciale dei nuclei caratterizzati da più intense interdipendenze socio-economiche, in particolare nei poli urbani centrali al di sopra del milione di abitanti (per la precisione, si tratta delle città metropolitane che nella nuova veste si attestano attorno alla soglia complessiva dei 3 milioni di abitanti), che avrebbe reso ragione della differente scala gerarchica in cui questi si collocano (OECD, 2012) rispetto ai poli urbani medi e piccoli. L'assetto finanziario, ovvero il nodo del chi fa cosa e le risorse per implementare le funzioni prettamente metropolitane, avrebbe fin dall'inizio potuto riflettere la rilevanza delle funzioni svolte dalle conurbazioni dense e caratterizzate da forti interdipendenze fiscali. Nel caso torinese, questo aspetto appare della massima rilevanza.
Per la città metropolitana torinese, le innovazioni legislative introdotte dalla Delrio impongono una revisione dell'agenda, dal punto di vista della finanza pubblica, che fin qui ha impegnato gli attori principali, ovvero i comuni e i livelli superiori di governo, prestando la massima attenzione a alcune delle principali questioni lasciate aperte dalle previsioni di legge. In "La Finanza Territoriale in Italia – rapporto 2014 sono presentate alcune riflessioni legate, oltre che al tema dell'assegnazione di funzioni in aree intermedie quali quelle in oggetto, alle relazioni tra assetto istituzionale e finanziario in presenza di interdipendenze fiscali, tenendo conto delle lacune nel (ri)disegno dei confini degli enti metropolitani secondo il dettato della Delrio. Diversi contributi nella relazione sono rivolti all'analisi delle specificità metropolitane, dal punto di vista istituzionale e di bilancio e analizzando gli spazi progettuali per un rilancio delle stesse, nelle diverse realtà regionali trattate nella relazione. Offriamo qui una breve sintesi di alcuni nodi rilevanti per l'analisi delle partizioni fiscali metropolitane, con brevi approfondimenti quantitativi riguardo all'area metropolitana torinese.
Chi dovrebbe fare cosa nelle aree metropolitane
Può essere utile una precisazione sull'assegnazione di funzioni al livello di governo metropolitano. Gli studiosi di finanza locale sono concordi nell'affermare che le funzioni da assegnare alle aree metropolitane dovrebbero coincidere con il bacino di utenza dei servizi con estensione su aree intermedie tra il livello municipale e quello regionale, con rilevanti interdipendenze fiscali all'interno e potenziali economie di scala non esprimibili da un livello di governo inferiore. Si possono invece lasciare agli enti di livello inferiore, nel caso italiano si tratterebbe dei comuni entro le aree metropolitane o forme cooperative tra essi, dentro un ipotetico assetto di governo unitario, tutti quei servizi a domanda locale privi di significative esternalità, e a cui il livello di governo sub-metropolitano è in grado di far fronte a costi ragionevoli, a favore di collettività che sono in grado di esprimere il proprio grado di soddisfazione attraverso il voto locale. I servizi a carattere redistributivo dovrebbero essere sussidiati dai livelli di governo superiore (governo centrale o regionale), cosi come quelli con significative esternalità, o quelli che, pur non avendo caratteri di spiccata esternalità, coinvolgono enti fortemente differenti dal punto di vista della base imponibile, attraverso schemi di finanziamento ad hoc e strumenti di equalizzazione intra-area.
Alcuni dei più significativi servizi a rete (energia, acqua potabile e per usi non residenziali, trattamento reflui) sono già nei fatti forniti in Italia attraverso schemi di governance sovracomunale. Infatti la gestione delle infrastrutture e la fornitura dei servizi sono assicurati dalle aziende di pubblica utilità che operano su confini sovracomunali da molti anni, con significative proiezioni sovrametropolitane e sovraregionali. Anche la fornitura e gestione del trasporto pubblico sta "cercando" il suo status metropolitano, con alterni successi, nelle grandi conurbazioni italiane. Sembrerebbe quindi che una delle componenti di servizio su cui il livello metropolitano di governo trova un livello di fornitura adeguato, se ovviamente disegnato secondo uno schema opportuno, abbia già raggiunto le dimensioni spaziali adeguate per svolgere efficientemente il suo compito. Altre funzioni con significative ramificazioni di area vasta (viabilità) o esternalità (regolazione della gestione rifiuti, regolamentazione di altri servizi quali l'istruzione secondaria, pianificazione urbanistica) sono già espressi da un livello di governo (la provincia) che, in Italia, possiede un'estensione media di 55 km2 circa e copre in media un territorio popolato da circa 7000 residenti. Vi sono poi servizi pubblici locali erogati in forme cooperative tra enti locali (sostenuti da incentivi, norme di legge vincolanti o altre forme di collaborazione), su aggregazioni territoriali formate da comuni diversi, in particolare quelli di minore dimensione(3).
Quali funzioni, tra quelle non citate sopra, possono trovare un livello di fornitura adeguato a livello di città metropolitana? Vi è una gamma di servizi alla popolazione e alle giurisdizioni sub-metropolitane (comuni) che godono di potenziali vantaggi se forniti a livello sovracomunale , e in particolare alcune tipologie di servizi di welfare, le funzioni di pianificazione urbanistica, il settore ricreativo, in particolare nella gestione di servizi con potenziali spillovers - esternalità - e costi crescenti di gestione (i parchi e le altre amenità ambientali, per fare un esempio tra i più significativi) e quello culturale (i servizi per le biblioteche, le centrali di acquisto e le nuove forme di erogazione elettronica dei contenuti). Infine, per ognuno di questi (per quel che riguarda le componenti di gestione del servizio e alcune funzioni amministrative) e per le funzioni di amministrazione che richiedono competenze sofisticate (si pensi alla gestione dei catasti e tributi, o alle reti immateriali) la presenza di un core metropolitano dotato di elevate competenze può migliorare la governance anche nei comuni più piccoli entro la città metropolitana.
Tra le funzioni metropolitane previste dalla legge Delrio (art. 1 comma 44 punti a-f, si veda tabella 1) sono comprese alcune di queste, inclusi alcuni servizi locali su cui già i grandi comuni sono fortemente impegnati (sviluppo locale e strategia di rilancio metropolitana). Saranno i meccanismi decisionali in seno ai consigli metropolitani a deciderne gli esiti, uscendo dalla vaghezza (inevitabile) del dettato legislativo.
Tabella 1. Funzioni metropolitane previste dalla Legge Delrio
Funzioni metropolitane |
|
a |
Adozione e aggiornamento piano strategico metropolitano (piano d'indirizzo per attività enti + esercizio delle funzioni associate) |
b |
Pianificazione territoriale e reti di servizi alla scala metropolitana |
c |
Strutturazione coordinata dei servizi di interesse generale (servizi pubblici di interesse metropolitano) |
d |
Mobilità e viabilità |
e |
Promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale |
f |
Promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione |
Finanza locale e aree metropolitane: salute finanziaria e interdipendenze fiscali
Di seguito viene offerta una sintetica indicazione di alcuni dei temi, dal punto di vista della finanza locale, d'interesse per la nuova partizione fiscale metropolitana torinese, tenendo conto di alcuni approfondimenti quantitativi per i comuni che compongono la nuova città(4).
I fenomeni di suburbanizzazione in Italia potrebbero aver determinato nelle aree metropolitane fenomeni di squilibrio fiscale tra capoluoghi e cinture. Anche nel caso italiano il declino demografico dei nuclei centrali potrebbe aver aumentato il loro livello di salute finanziaria. Il declino demografico può tradursi infatti in un deflusso di basi imponibili pregiate dal centro alle cinture o al di fuori della provincia, e un incremento del livello dei costi medi nel nucleo metropolitano per servizi quali ad esempio quelli a carattere distributivo. In Italia i nuclei centrali delle aree metropolitane hanno visto nel periodo dal 1981 al 2011 una fortissima diminuzione della popolazione, a favore delle cinture più esterne. Queste ultime sono cresciute, nella aree metropolitane più grandi, con percentuali rilevantissime. A Torino la prima cintura è cresciuta dell'11% circa, contro una diminuzione del nucleo centrale del 22%. Questa ricomposizione ha avuto riflessi significativi nella dotazione fiscale delle diverse aree? I differenziali in termini di imponibile, visti attraverso la lente costituita dalla media procapite dell'Irpef comunale, non è cambiata in provincia di Torino. Il nucleo centrale gode di un valore dell'imponibile superiore rispetto ai comuni contermini e al resto della provincia (ora città metropolitane). Ma la forbice si sta restringendo (figura 1).
Figura 1. Città metropolitana di Torino: Imponibile Irpef per cinture (provincia=100)
Fonte: Elaborazioni su dati MEF
Questi differenziali, guardando ai dati di bilancio 2012, si confermano nel confronto tra i gettiti derivanti dalle fonti autonome comunali di finanziamento (IMU ad esempio)(5). Dal punto di vista della salute fiscale dell'area metropolitana, la persistenza di un differenziale positivo, a favore del capoluogo, indica come i processi di suburbanizzazione che hanno interessato anche l'area metropolitana torinese, cosi come il declino demografico complessivo del comune centrale, non hanno evidenziato significativi fenomeni di deflusso di imponibile a favore delle cinture o del resto della provincia.
Vi sono altri fenomeni di squilibrio fiscale fra aree che i semplici indicatori di ricchezza, compresi gli indicatori di capacità fiscale standardizzata, non colgono. Il fenomeno delle interdipendenze fiscali, analizzato dal punto di vista dagli effetti dei flussi di mobilità delle popolazioni non residenti sui bilanci comunali, impone un'analisi integrata della situazione fiscale del core metropolitano (il comune capoluogo) e delle aree contermini, dove si generano i flussi di pendolarismo. Nel caso di Torino, le analisi svolte in Piazza e Piperno (2006) confermavano la rilevanza della spesa aggiuntiva nel bilancio del comune centrale da attribuirsi ai flussi di pendolarismo. Una rivalutazione sui dati di bilancio al 2012 e un confronto tra aree indica l'importanza di questa spesa anche per il comune di Torino (in cui non si analizzavano i fenomeni opposti, ovvero l'impatto del pendolarismo in uscita sui bilanci dei comuni contermini nell'area torinese)(6).
Tabella 2. Simulazione del peso % della spesa* netta dovuta alla Popolazioni non Residenti (pnr) giornaliere sul totale della spesa comunale (su dati 2012) . In mln euro
peso % spesa netta per pnr giornaliera |
Impatto su spesa totale 2012 |
||
Milano |
10 |
292 |
|
Napoli |
7-8 |
104 |
119 |
Torino |
7-8 |
100 |
114 |
Genova |
3-4 |
26 |
34 |
Firenze |
6-7 |
39 |
45 |
Bari |
7-8 |
27 |
31 |
*spesa corrente e capitale al netto di servizi conto terzi e concessione crediti e anticipazioni
L'impatto dei flussi di mobilità in entrata nelle grandi città metropolitane e i fenomeni di esternalità nella spesa richiedono meccanismi di compensazione e/o di cooperazione sovracomunale per avvicinare il più possibile i bacini di domanda dei servizi agli ambiti amministrativi. Se il fenomeno delle interdipendenze fiscali, analizzato dal punto di vista dagli effetti dei flussi di mobilità delle popolazioni non residenti sui bilanci comunali, giustifica un'analisi integrata della situazione fiscale del core metropolitano con quella delle aree contermini, dove si generano i flussi di pendolarismo, lo stesso tipo di analisi potrebbe anche rivelare come il mancato rispetto del principio di equivalenza fiscale valga anche per i comuni di cintura oggetto di mobilità in entrata generata nel core metropolitano. Questo fenomeno è stato rilevato in Bruzzo e Ferri (2008). Si confermerebbe comunque la necessità di approfondimento dei confini ottimali per il rispetto del principio di equivalenza. Nel caso della città metropolitana torinese l'aggiornamento dei lavori svolti in precedenza appare di rilevante interesse, cosi come un approfondimento degli indicatori di salute finanziaria che tenga conto delle eterogenee condizioni delle diverse aree di cui si compone.
Nota(1) Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli
Nota(2) Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria
Nota(3) Unioni di comuni, comunità montane (fino alla loro eliminazione), consorzi e altre forme cooperative volontarie
Nota(4) Per un approfondimento si veda: La Finanza Territoriale in Italia - 2014, capitolo 9 "La finanza locale nelle grandi aree urbane italiane. Profili di analisi per l'assetto delle Città metropolitane"
Nota(5)Per il confronto si vedano i dati 2012 in http://finanzaterritoriale.irespiemonte.it/citt-metropolitane-e-fiscalit-locale.p333
Nota(6) Piazza S., Piperno S., Pola G. (2006), "Sviluppo urbano e interdipendenze fiscali nelle aree metropolitane: un'esplorazione preliminare con riferimento all'area metropolitana di Torino", IRES WP. Bruzzo A., Ferri V. (2008), "La popolazione non residente nelle maggiori aree urbane e metropolitane italiane: i risultati di una verifica empirica circa le implicazioni per i bilanci dei Comuni coinvolti", Argomenti, 24