Una lunga e difficile congiuntura

    di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (IRES Piemonte)

     

    L'ultimo rapporto "La finanza territoriale in Italia – 2014" (d'ora in poi RFT) dedica diversi suoi capitoli all'analisi della situazione finanziaria degli enti locali e degli sviluppi della normativa che li riguarda, un cantiere che rimane sempre aperto.

    La dinamica delle risorse e delle spese

    Rispetto alle entrate il RFT verifica l'impatto della nuova riforma del finanziamento comunale, con il passaggio dall'IMU alla TASI, e delle altre manovre. L'impatto viene valutato in termini di comportamenti fiscali degli enti, cioè di modifiche nelle entrate e/o nelle spese. Il RFT 2014 evidenzia una differenza tra aree territoriali, ed in estrema sintesi: al nord aumento dell'addizionale all'Irpef e lieve crescita delle spese correnti, riduzione degli investimenti; al centro comportamento simile, ma una maggior crescita delle spese correnti; al sud variazioni positive per le tre categorie. Il RFT 2014 esamina anche gli strumenti e le scelte per finanziare gli investimenti locali, che da tempo sono in forte flessione.

     

    Figura 1. Province: dinamica reale spesa corrente (milioni).

     

    Un cambiamento più profondo è forse la contrazione della spesa locale. L'evoluzione decennale mette in evidenza il cambiamento intervenuto dal 2008 per tutti gli enti territoriali, Comuni, Province e Regioni. La dinamica reale, cioè calcolata in prezzi costanti, se per l'insieme degli enti è stata positiva fino al 2008 (+6% le entrate e +5% le uscite correnti nel periodo 2000-2008), successivamente diventa negativa (-2% e -1% rispettivamente dal 2009 al 2013); in euro correnti, dal 2009 al 2013 le entrate correnti si sono ridotte del 6%, le spese del 2%. La contrazione è stata forte per la spesa regionale non sanitaria, più limitata per la componente sanitaria (-0,3%); per le Province la spesa si è ridotta di -6% sia nel 2012 che nel 2013; la spesa comunale risulta invece stazionaria in valori correnti mentre nel 2013 ha visto un aumento connesso alle misure sblocca-pagamenti con anticipo di liquidità.

     

    Figura 2. Comuni: dinamica reale spesa corrente (milioni)

     

    Il caso delle Province. Prima di arrivare al riassetto istituzionale in corso, sono state interessate da diverse manovre molto restrittive: ad esempio da tagli cospicui nelle risorse di origine statale: -300 milioni del 2011, -1,1 miliardi nel 2012 fino agli oltre 2 miliardi sia nel 2013 che nel 2014. L'ultimo taglio, incide per quasi la metà delle spese non rigide –quelle per personale e interessi- che ammontano a circa 5 miliardi. Ai tagli vanno aggiunti gli obiettivi annuali di miglioramento del saldo per il Patto di stabilità, pari a 1,3 miliardi sia nel 2013 che nel 2014(1). Per le Province si riducono anche i trasferimenti dalle Regioni, contrazione che si manifesta in buona parte di territori. Per le Province una conseguente riduzione della spesa corrente è quindi presente da tempo.

     

    La contrazione della finanza locale è un fenomeno che riguarda anche i governi sub centrali degli altri paesi UE: la variazione media annua della spesa pubblica subnazionale dei 28 paesi membri è stata positiva fino al 2009, negativa successivamente. Tuttavia per gli enti italiani la contrazione nella spesa per gli investimenti inizia dal 2005, precedentemente alla crisi e dura quindi da maggior tempo rispetto agli altri paesi UE. Una situazione simile si è verificata in Germania, ma non in Spagna, Francia, Regno Unito, nei paesi baltici.

     

    Figura 3. Enti territoriali in Europa: variazione media annua di periodo (2000-2009 e 2009-2013) della spesa.

     

    Figura 4. Enti territoriali in Europa: variazione media annua di periodo (2000-2009 e 2009-2013) degli investimenti

    Fonte: Commissione Europea, 6^ rapporto sulla coesione sociale, 2014

     

    Per il governo locale del nostro Paese la questione investimenti assume quindi una gravità particolare, considerate anche le criticità di tipo geomorfologico di buona parte del territorio. Il rapporto dedica una attenzione particolare agli investimenti degli enti locali, che sono la gran parte degli investimenti pubblici complessivi. In particolare esamina l'andamento anche delle modalità alternative di finanziamento di quel tipo di spesa. Tra esse vi è la cosiddetta finanza a progetto che implica accordi di partenariato pubblico-privato su specifici progetti di interesse pubblico da cui i privati possano trarre dei profitti. Ad esempio i project bond sono obbligazioni emesse per finanziare (o rifinanziare) uno specifico progetto infrastrutturale che prevede il rimborso del capitale investito attraverso i proventi derivanti dall'utilizzo dell'opera stessa. Si stima che, a livello europeo, il mercato dei project bond possa arrivare a 29-39 miliardi di euro entro il 2020. Questo tipo di soluzione è praticato però solo in alcuni settori, come quello delle attrezzature sportive, e risulta minoritario negli altri e nella concessione di servizi. Questi strumenti finanziari alternativi sono molto utilizzati tra gli enti locali del Nord Italia e praticamente inesistenti al Sud.

    L'altro finanziamento degli enti locali è quello che proviene dai Fondi strutturali Europei: nel periodo 2014-2020 l'Italia gestirà oltre 55 miliardi di euro nel quadro della politica di coesione dell'UE. Di rilievo programma operativo multiregionale (PON) indirizzato alle Città Metropolitane (434,8 milioni) che ha l'obiettivo di rafforzare il ruolo delle grandi città attraverso la realizzazione di progetti che perseguano comuni risultati. In questo rapporto, così come nel 6^ rapporto sulla coesione sociale (Commissione Europea, 2014), si denuncia l'insoddisfacente capacità di assorbimento dei fondi 2007-2013 (60%). Il report della Commissione stima anche, per i diversi paesi, se la crisi ha avuto un impatto sul cofinanziamento statale e locale richiesto per questo tipo di investimenti: nel caso italiano si è verificato un taglio di oltre il 30% delle risorse concordate.

     

    Differenze di intervento persistenti

    Un altro aspetto monitorato da tempo da questo ed altri rapporti (SVIMEZ, DPS/MEF, Istat) riguarda i differenziali territoriali nelle entrate, di origine propria oppure trasferita, e nelle spese. Vengono misurati in termini procapite, nelle diverse partizioni territoriali, e nelle diverse specificità istituzionali. Vi sono differenze nei livelli di spesa corrente e negli investimenti degli enti nel centro-nord rispetto a quelli del mezzogiorno. Sono poi state evidenziate anche le maggiori risorse di cui dispongono i territori con autonomia speciale del nord. Si tratta di peculiarità regionali persistenti, che sussistono anche tra i comuni di diversa dimensione, e che nel decennio non hanno subito modificazioni di rilievo. Ad esempio gli enti piemontesi mantengono valori di spesa inferiori rispetto agli enti del centro-nord, nelle diverse classi demografiche, ad eccezione del capoluogo, che invece ha una spesa procapite superiore a quella delle altre grandi città.

     

    Figura 5. Comuni. Spesa procapite corrente 2013 per dimensione e territorio

     

    Alcune differenze territoriali si accentuano se si considera l'attività degli altri soggetti del governo locale. Ad esempio il ricorso alle aziende partecipate dagli enti locali, descritto dal grafico, è superiore nel nord, in particolare nel nordest, rispetto al mezzogiorno : qui nei nove anni dal 2004 al 2012 gli enti locali hanno erogato solo il 25% della spesa complessiva per investimenti del Paese, e le loro aziende il 17%, a fronte di una incidenza della popolazione del 34%. Diverso è anche il ricorso alle forme associative: accentuato al centro nord, limitato al sud.

     

    Figura 6. Amministrazioni Locali e Imprese Pubbliche Locali: la spesa corrente 2012 (milioni)

     

    Tabella 1. Piccoli comuni e forme associative: distribuzione della spesa corrente 2013 (milioni)


    comuni <5000

    unioni

    comunità montane

    nord ovest

    2.655

    137

    191

    nord est

    1.543

    299

    382

    centro

    997

    144

    49

    sud

    1.542

    41

    71

    isole

    1.044

    56

    7

     

    Efficienza e comparazioni

    Il recente rapporto sulla Finanza Locale della Cassa depositi e prestiti, ha costruito alcuni indicatori economico-finanziari ritenuti predittivi di uno stato di eventuale dissesto e/o squilibrio finanziario degli Enti. Ad esempio, la capacità di un Ente di riscuotere le entrate sul proprio territorio, far fronte ai pagamenti o generare un avanzo economico utilizzabile a copertura delle spese di investimento, sono indici di "virtuosità"; altri indicatori sono invece inversamente proporzionali, come il ricorso all'anticipazione di cassa – che segnala una situazione di difficoltà gestionale – il livello di indebitamento, il volume dei residui attivi. Negli ultimi anni i Comuni italiani sono diventati mediamente più virtuosi. Tuttavia, continuano a persistere delle forti eterogeneità nei livelli di virtuosità, soprattutto a livello territoriale: i Comuni di piccole e medie dimensioni, situati nelle aree centro-settentrionali, sono mediamente più virtuosi dei Comuni del Sud e delle Isole, in termini di riscossione delle tasse, velocità di pagamento e livello di indebitamento.

    Finora i differenziali sono stati misurati perlopiù confrontando i valori correnti di entrata e di spesa, senza riferimenti a indicatori di potenziale fiscale oppure di output degli enti. Oppure ricorrendo ad indicatori compositi di scelte gestionali e fiscali. Recentemente è però disponibile un metodo più corretto, nato proprio con finalità perequative e incentivanti. I nuovi fabbisogni standard elaborati da SOSE (cfr. www.opencivitas.it) confermano che la spesa effettiva dei Comuni piemontesi è inferiore del 7.48% rispetto ai fabbisogni standard, e quindi dovrebbero costituire un potenziale vantaggio di questa regione in caso di redistribuzione o perequazione di risorse. Contrario il caso delle Province piemontesi, che rivelano una spesa superiore del 12,24% rispetto agli standard elaborati.

     

    Manovre recenti e risposte degli enti

    L'emanazione di misure restrittive per la finanza locale data ormai da tempo. Ma negli ultimi due anni la persistenza della crisi economica ha portato un susseguirsi di manovre: per ridurre l'indebitamento, per ridurre e razionalizzare la spesa, per stimolare la crescita. Non mancano le incongruenze tra le manovre, con ripensamenti nelle scelte normative. Il 2013 ha visto un dibattito confuso sulla sospensione dell'IMU sulle prima casa, che ha impedito fino a dicembre la chiusura dei bilanci, ed è risultato poco chiaro ai contribuenti negli esiti finali: nel rapporto si verifica l'impatto della TASI e la pressione fiscale potenziale non si discosta molto da quella dell'IMU. E a fronte dell'incertezza sulle risorse, molte amministrazioni hanno deciso l'aumento dell'addizionale sull'Irpef.

    La spending review avviata nel 2011 ha prodotto più una riduzione che una razionalizzazione della spesa. Le misure per sboccare i crediti delle imprese verso le PPAA hanno inciso solo sulle spese correnti, mentre gli investimenti non hanno registrato alcune inversione di tendenza. Il Rapporto analizza l'esito in termini di comportamenti fiscali degli enti, misurando le modifiche intervenute nelle entrate riscosse e/o nelle spese pagate. Emerge una differenza tra aree territoriali, così sintetizzabile: al nord aumento dell'addizionale all'Irpef e lieve crescita delle spese correnti, riduzione degli investimenti; al centro comportamento simile, ma una maggior crescita delle spese correnti; al sud variazioni positive per le tre categorie.

     

    Riforme in corso

    Il volume sviluppa poi una rassegna sulle misure di controllo dell'indebitamento in alcuni Paesi europei. La disciplina fiscale europea è ormai diventata legge costituzionale con differenti modalità tecniche nei vari Paesi. Se sta producendo conseguenze positive dal lato degli equilibri di bilancio, ha avuto finora un impatto negativo sugli investimenti (v. sopra); l'altra conseguenza non positiva consiste in quella ri-centralizzazione dei poteri e delle competenze di spesa lamentata da esperti e politici di molti dei Paesi coinvolti, incluse le "federali" Germania e Austria.

    A fronte della diffusione del fenomeno del dissesto finanziario, il rapporto contiene una rassegna sulle misure adottate dal governo per facilitare il riequilibrio delle singole situazioni. I debiti fuori bilancio sono una pratica diffusa, più frequente tra gli Enti locali del Mezzogiorno. Sono debiti di difficile quantificazione nel loro ammontare aggregato e quindi possono rappresentare una vera e propria incognita finanziaria. Il rapporto mostra come i piani di riequilibrio possono rappresentare un percorso virtuoso da parte degli Enti Locali, ma occorre predisporre alcuni correttivi procedurali e normativi e razionalizzare il Testo Unico Enti Locali nei relativi riferimenti.

    Il Rapporto si chiude richiamando un'altra riforma avviata nel gennaio di quest'anno, dopo un triennio di sperimentazione: l'armonizzazione dei sistemi contabili per tutti gli enti territoriali. Molte le novità previste: regole contabili uniformi per i diversi enti di governo, compresi gli enti sanitari, enti strumentali ed aziende; una contabilità finanziaria rinnovata a cui andrà affiancato – dal 2016 - un sistema di contabilità economico-patrimoniale finora assente per gli enti; la redazione del bilancio consolidato, comprensivo dei risultati degli enti partecipati; la programmazione finanziaria regionale dovrà essere coerente con quella dei fondi europei e statali. Se la tabella di marcia sarà confermata, infatti, per il primo anno la funzione autorizzatoria sarà svolta ancora dal vecchio bilancio (dpr 194/1996), a cui sarà affiancato quello nuovo con funzione conoscitiva. Ci sarà l'obbligo di costituire il fondo pluriennale vincolato e il fondo crediti di dubbia esigibilità; faranno eccezione i soli enti che hanno svolto la sperimentazione e che applicheranno fin da subito il bilancio armonizzato. Dal 2016, invece, la riforma andrà a regime e si passerà a un bilancio e a un Pino Esecutivo di Gestione unico triennale. Nelle Regioni il Documento unico di programmazione (Dup) sostituirà la Relazione previsionale e programmatica; nel Rapporto viene esposta l'attuazione data da due Regioni (Liguria e Lombardia) : dall'adozione del Piano regionale di sviluppo articolato per missioni e programmi all'impiego del Piano finanziario, con valenza autorizzatoria per i responsabili di spesa.

     

     

     

     

     

     

     

     

    Nota(1) All'anno 2014, il concorso stimato degli Enti locali alle manovre di finanza pubblica per soddisfare gli equilibri finanziari del Patto di stabilità interno ammonta per i Comuni a 11.760 milioni di euro (che diverranno 12.710 nel 2015 e 12.985 per gli anni 2016 e 2017), mentre per le Province a 3.745 milioni (che dovrebbero diventare 3.945 nel 2015, per poi aumentare ulteriormente a 4.014 milioni per il biennio 2016 e 2017). Per quanto riguarda le Regioni a Statuto ordinario, il totale delle manovre ammonta nel 2014 a 10.240 milioni (11.531 per i tre anni successivi)

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