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Da almeno quattro anni la “Quarta rivoluzione industriale” è la questione economica (e di politica economica) più mediatizzata. La locuzione trae origine da un documento pubblicato in Germania nel 2011 intitolato “Industria 4.0: l‘Internet delle cose sulla strada della Quarta rivoluzione industriale”. In questa pubblicazione si rendeva nota la costituzione di un gruppo di lavoro partecipato dalle principali imprese manifatturiere tedesche, con l’obiettivo di redigere un piano per favorire la transizione dell’industria nazionale ad un nuovo stadio evolutivo caratterizzato dall’utilizzo delle tecnologie digitali: principalmente la connettività e i big data, le nuove forme di automazione e il machine learning.
Nella sua accezione originaria, dunque, l’intuizione di “Industria 4.0” si configura come un piano di sviluppo economico fortemente orientato al principale settore dell’economia tedesca. Questa visione è stata poi recepita e sviluppata, per gemmazione, dalla gran parte dei paesi europei attraverso la pubblicazione di programmi analoghi. In Italia il piano “Industria 4.0” è stato approvato nel 2015.
A questa interpretazione europea in chiave di politica economica e, almeno all’inizio, principalmente manifatturiera, se ne affianca una seconda statunitense, dove per Quarta rivoluzione industriale si intende il più ampio fenomeno della digital transformation, ossia l’applicazione delle già citate tecnologie non soltanto nella produzione di beni fisici, ma anche nella realizzazione di servizi di ogni genere, sovente servizi del tutto nuovi, oppure realizzati in modalità radicalmente diverse da quelle passate. Negli Stati Uniti, dunque, l’enfasi è stata posta non tanto sulla dimensione economica e di politica industriale, quanto sulla rappresentazione di un fenomeno anche sociale e culturale, indotto dal potenziale di innovazione delle nuove tecnologie.
Questa interpretazione più esaustiva è diventata dominante, costringendo i principali concorrenti dell’economia statunitense, Cina ed Europa, a un affannoso inseguimento, e spingendo i paesi europei ad aggiornare i programmi originariamente impostati secondo una prospettiva più ampia, comprensiva di tutti i settori dell’economia (in Italia il piano nazionale “Industria 4.0” è stato ribattezzato “Impresa 4.0”). Tra i vantaggi di questo approccio vi è certamente una migliore comprensione della portata della digital transformation e del perché stia ricevendo così tanta attenzione.
Da una parte, l’attenzione è suscitata dalla profondità, dalle proporzioni e dalla velocità del cambiamento: a partire dagli anni ‘90 interi modelli di business sono stati prima travolti e poi stravolti e, sovente, nuovi attori hanno spiazzato quelli tradizionali. D’altra parte, si è colpiti dalle profonde implicazioni sociali e culturali che derivano dal fenomeno, a partire da quelle che riguardano il lavoro. Infatti, a questi processi di trasformazione corrispondono nuovi bisogni in termini sia qualitativi (nuove professioni e nuove competenze) sia quantitativi, con la diffusa preoccupazione che potrebbero manifestarsi degli squilibri tra domanda e offerta, in termini di sostituzione o di mismatch, difficili da gestire.
Questo numero di Politiche Piemonte intende fare un primo punto della situazione sullo stato della “rivoluzione” in Piemonte, incrociando tre categorie analitiche.
- La prima è quella della distinzione manifattura/servizi, tentando di rappresentare non soltanto quanto stia accadendo nell’industria in senso stretto (in genere molto documentato, in quanto settore principale dell’economia piemontese), ma anche quanto stia accadendo nei servizi (molto meno documentati e da tempo considerati un fattore di debolezza dell’economia regionale e, in particolare, di quella del suo capoluogo).
- La seconda è quella del lavoro, per comprendere se e in che termini le trasformazioni annunciate stiano prendendo corpo sia a livello macroeconomico, ossia nel mercato del lavoro, sia a livello microeconomico, ossia nelle pratiche lavorative.
- La terza categoria è quella delle politiche, con l’obiettivo di fare una ricognizione degli interventi sino ad ora promossi per sostenere la trasformazione digitale.
Gli articoli di questo numero di Politiche Piemonte
Entrando nel merito degli argomenti trattati, il numero si apre con due articoli sullo stato della transizione nella manifattura e nei servizi piemontesi. Oltre ad alcune informazioni di contesto e di carattere generale, i contributi offrono, dove possibile, contenuti quantitativi e recensiscono alcune esperienze di riferimento.
Il primo articolo, redatto da Franco Deregibus e Vittorio Illengo (Digital Innovation Hub Piemonte), traccia un primo bilancio degli effetti del Piano Nazionale “Industria 4.0” da una prospettiva industriale, delineando alcune linee guida per il futuro orientate all’aggiornamento dei processi e delle componenti intangibili della produzione.
Il secondo articolo (a cura dell’Ires Piemonte: Giorgio Vernoni e Francesca S. Rota) investiga la situazione delle imprese che offrono servizi di mercato, in un quadro di informazioni scarse e frammentate. L’articolo si sofferma anche sulle condizioni che favoriscono la nascita (startup) e l’affermazione sul mercato (scaleup) delle imprese innovative, menzionando alcuni esempi di nuove imprese piemontesi attive in diversi ambiti dell’economia regionale.
Il terzo articolo di Giorgio Vernoni (Ires Piemonte) analizza gli effetti della digital transformation sul mercato del lavoro regionale. Se ne evince un’accelerazione della transizione occupazionale, che però appare concentrata soprattutto nei settori tradizionali, principalmente sotto forma di innovazione di processo, alimentando alcuni dubbi sulla possibilità di una crescita dell’occupazione indotta dalla transizione.
Il quarto articolo di Salvatore Cominu (Ires Piemonte), si concentra sugli effetti sulle pratiche lavorative derivanti dall’affermazione dei nuovi modelli di produzione e delle nuove tecnologie. In particolare, ad essere posta sotto esame è la narrazione che la trasformazione digitale favorisca il knowledge working: le statistiche sugli occupati e l’osservazione sul campo non sembrano infatti confermare in modo lineare questa visione.
Il quinto articolo, di Vincenzo Zezza (Regione Piemonte), è dedicato alla disamina delle principali politiche messe in atto dall’Amministrazione regionale a sostegno della transizione digitale dell’apparato produttivo piemontese e traccia alcune prospettive di sviluppo per il prossimo futuro.
Il sesto e ultimo articolo, di Giampaolo Vitali (IRCRES-CNR), analizza le principali caratteristiche del paradigma tecnologico “4.0”, soffermandosi in particolare sui legami tra queste ultime e le tecnologie per la mobilità elettrica e sulle competenze che verranno richieste con la piena diffusione del paradigma di “Industria 4.0” nell’economia e nella società piemontesi.
Note
[1] La natura (e la rilevanza) della dimensione sociale dell’innovazione digitale può essere facilmente intuita in termini di proporzioni e di rapidità di diffusione ricordando, senza fare nomi, i social network e i nuovi media, l’e-commerce, i nuovi servizi nella mobilità e nella logistica, la sanità digitale, una trasfigurata industria dell’intrattenimento che, in meno di vent’anni, sono entrati a far parte della nostra vita quotidiana.
Parole chiave: industria 4.0, trasformazione digitale, lavoro
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