Intervista a Varinia Michalun e Sandra Hannig, esperte OCSE a cura di D. Nepote, F. Berardi
Nel 2018 il Piemonte insieme ad altre 9 regioni europee e 2 Stati[1] hanno partecipato ad un progetto di studio promosso dalla Commissione Europea in collaborazione con Ocse, denominato “Pilot Action in Industrial Transition Regions”. Il progetto focalizza l’attenzione sull’importanza dell’innovazione e della sua diffusione a livello regionale. Questo studio è particolarmente rilevante per regioni che, come il Piemonte, necessitano di modernizzare la loro base industriale e aumentare la produttività anche in un’ottica inclusiva.
L’approccio usato ha interessato la promozione dell’innovazione tecnologica e non tecnologica, facilitando l’acquisizione di competenze qualificate da parte delle PMI, agevolando la cooperazione tra PMI e start up con grandi aziende e dando impulso alla cosiddetta innovazione sociale. Vuol anche dire dare sostegno all’imprenditorialità innovativa per generare e promuovere la diversificazione industriale e attraverso queste azioni dare impulso al potenziale innovativo del territorio.
Le Organizzazioni presenti sul territorio come i poli di innovazione, i parchi tecnologici e gli incubatori possono giocare un ruolo fondamentale nella incentivazione del processo innovativo perché solo attraverso un sistema innovativo efficace e la creazione di un ecosistema resiliente si riesce a far crescere la competitività del territorio regionale.
La regione Piemonte sta al momento sviluppando la sua strategia orientata alla prossima generazione di politiche per l’innovazione. Parte di questo processo include la cooperazione del governo regionale con l’Ocse per identificare le sfide e le future opportunità in modo da promuovere la diffusione dell’innovazione nella regione.
L’intervista che proponiamo parte da questa strategia e ruota intorno alle riflessioni effettuate dal gruppo di esperti Ocse durante lo studio del sistema di innovazione della regione Piemonte.
Con riferimento a quanto spesso viene affermato sia nell’ambito di conferenze specialistiche, che nella letteratura economica di riferimento, ovvero che i Cluster rappresentano la forza trainante dietro l'ecosistema dell'innovazione regionale... Siete d'accordo con questa idea? In caso contrario, potreste argomentarne la ragione?
Sappiamo bene che in molte Regioni in transizione industriale, e non solamente Piemonte, è stata riposta grande enfasi sul ruolo dei Cluster. I Cluster sono senz’altro importanti per l’economia regionale e per il sistema dell’innovazione. Possono avere un impatto sulla competitività in modi differenti: orientano le direttrici e il ritmo dei processi di innovazione, supportando le aziende del territorio. Il supporto fornito può avere un impatto sulla crescita della produttività; possono inoltre stimolare la formazione di nuove imprese che unendosi al Cluster, ne espandono la base associativa.
I Cluster sono senz’altro una componente molto importante per i Paesi OCSE, ma lo sviluppo di un ambiente adatto all’innovazione non può fare affidamento unicamente sul ruolo dei Cluster, quindi la risposta non è si o no. Lo sviluppo di un ambiente idoneo all’innovazione necessita di un approccio che rimandi a una strategia complessiva sulle politiche di innovazione rivolte ai settori prioritari su cui la Regione vuole puntare per competere globalmente. Tale ecosistema ha connessioni con le Università e la società civile, tramite meccanismi e dispositivi utili al supporto della strategia. I Cluster rappresentano uno di questi meccanismi, ma non l’unico. Gli altri strumenti a disposizione sono disparati: parchi scientifici, incubatori per start-up, acceleratori, associazioni e piattaforme, etc.
Abbiamo inoltre potuto ben vedere che i 7 Poli di Innovazione Piemontesi sono importanti per l’innovazione e per la sua diffusione e che contribuiscono chiaramente al rafforzamento dell’ambiente innovativo regionale; svolgono un funzione di “knowledge broker”, supportando le aziende nell’accesso ai fondi per la ricerca e lo sviluppo ma, come abbiamo detto, non sono gli unici attori, ci sono le Fondazioni Bancarie e le Università, gli Istituti Tecnici Superiori, gli incubatori, dunque la capacità dei Clusters dipende anche da come essi si coordinano con questi attori, e come questi si integrino all’interno dell’ambiente dell’innovazione che esiste in Piemonte. Il limite dei Cluster sta nella stagnazione della base associativa e nella mancanza di coinvolgimento di piccole e microimprese che potrebbero espandere ulteriormente la platea degli associati. Un altro limite risiede nella limitata collaborazione cross-regionale tra i Cluster e nell’internazionalizzazione che potrebbe essere rafforzata anche attraverso una maggiore partecipazione ai programmi europei.
Sempre cruciale rimane la strategia che la Regione intende perseguire e quali azioni andrebbero implementate per realizzarla. È anche una questione di scelte: si preferisce che i Cluster lavorino con un gruppo ristretto di imprese altamente innovative oppure l’ambizione è quella di estendere la base includendo sempre più le PMI e micro imprese senza R&D strutturata, offrendo loro i servizi e le risorse necessarie per rafforzarsi? Qual è la strategia?
Gli stessi manager dei Cluster hanno ripetutamente espresso la volontà di cooperare in maniera coordinata: in parte dipende da loro farlo, ma non del tutto. Questa integrazione tra i Cluster va supportata dalla Regione. Il ruolo della Regione e di Istituzioni come Ires Piemonte, e altri stakeholders dovrebbe essere di costruire una visione che consenta poi ai Cluster di iniziare un dialogo per articolarla e declinarla, guardando ad obiettivi sia propri che sovraordinati, essendo i Cluster parte di un sistema.
È possibile che le dinamiche interne ai Cluster possano mobilitare anche attori come le imprese sociali ed enti del terzo settore (social actors) ed è possibile che tale mobilitazione possa contribuire ad accrescere le connessioni tra le politiche per l’innovazione e le altre politiche? Vi sono esempi in Europa di convergenze di questo tipo?
C’è grande ambizione nell’ambito dei Paesi OCSE a favore della social economy e delle iniziative sostenibili e i Cluster sono nuovamente uno degli strumenti più “gettonati” soprattutto nelle conferenze e nella letteratura di settore. Dando uno sguardo alle evidenze, si può dire però che esse siano scarse.
Dalla teoria dei Cluster si può evincere che i Cluster possono giocare un ruolo importante in questo senso se al loro interno figurano organizzazioni con le competenze necessarie. Se le presenti organizzazioni sono in grado di accedere a nuovi mercati e impiegare una forza lavoro di diverso tipo, è possibile ri-orientare il lavoro del Cluster verso il perseguimento di attività a maggior impatto sociale. Un secondo caso potrebbe essere invece quello di un Cluster tematico dedicato alla Social Economy, nell’ambito del quale le imprese sociali si prestano a collaborare e interagire come in un Cluster qualsiasi. In entrambi i casi, non possono essere i Cluster gli unici strumenti dispiegati per il rilancio dell’economia sociale, è il governo regionale che dovrebbe disporre di una visione olistica e capire come sviluppare la social innovation nell’ambito delle politiche per l’innovazione più in generale.
Vi sono esempi di Regioni che nell’ambito della propria Strategia di Specializzazione Intelligente hanno incluso l’economia sociale come pilastro dello sviluppo economico come ad esempio la regione di Grand Est in Francia. Questa Regione si è focalizzata molto sull’integrazione tra mercati e presupposti sociali. Grazie all’innovazione sociale sono stati creati diverse progettualità ma non per effetto del traino dei Cluster; ma grazie alla forza di visione del piano d’azione della politica per l’innovazione complessiva.
Sembra che l’innovazione sociale sia a lungo stata lasciata ai margini, è giunto il momento di divulgarla, non si tratta di un’entità marginale. Sarà importante per le politiche per l’innovazione includerla nella sua architettura, ricomprenderla negli obiettivi e supportarla.
Guardando alle Regioni in transizione industriale europee, in quali dimensioni la Regione Piemonte mostra una buona performance e su cosa invece altre Regioni si stanno distinguendo?
Non sarebbe corretto parlarne senza il supporto dei dati, e tra l’altro la transizione industriale è un fenomeno molto complesso.
Si può però dire come i Paesi Baschi in Spagna stiano gestendo con successo la transizione avendone incorporato il concetto non soltanto ai settori industriali ma a una visione di sviluppo regionale complessivo. Ovvero, non hanno pensato all’innovazione in sé ma a come l’innovazione si possa innestare nello specifico tessuto industriale. Queste sfumature sono determinanti per una vera politica d’innovazione place-based, dato che al di là delle strategie nazionali la politica industriale locale deve riferirsi ai bisogni del proprio tessuto industriale.
Rispetto al Piemonte, sappiamo che è una Regione piuttosto benestante rispetto ad altre Regioni Italiane, con una base industriale ancora forte, seppur in calo. C’è un problema di produttività che necessita una accelerazione per arginare il declino nel futuro. Una buona iniziativa della Regione è l’Apprendistato di alta formazione e ricerca che va nella direzione giusta, incoraggia una collaborazione tra Università e imprese che spesso non viene da sé.
Ci sono altri esempi di buone iniziative da altre Regioni, in Vallonia, in Belgio, vi è per esempio un esercizio di foresight (studio previsionale) a supporto del lavoro del futuro, replicato regolarmente per identificare il fabbisogno locale delle competenze in settori specifici, tra cui quelli dei Cluster, che cooperano nell’esercizio, al fine di costruire un’offerta formativa a livello universitario. Ciò va a supporto delle imprese della Regione che possono assumere personale dotato delle skills richieste.
Un'altra iniziativa interessante, ma che mostra anche la diversità delle azioni intraprese in merito alla transizione industriale, è l’uso degli Appalti Pubblici Innovativi in Svezia per fornire alla popolazione anziana una soluzione per un servizio di ristorazione di qualità a partire dal cibo biologico approvvigionato dai Comuni. È un esempio di innovazione non tecnologica che incontra i bisogni della popolazione con l’offerta innovativa del settore.
L’incidenza di spesa privata sul Pil in Piemonte è la più alta tra le Regioni Italiane. Tuttavia il ritorno sulla performance innovativa è scarso su altri aspetti. Possiamo quindi ancora considerare la spesa privata di R&D un indicatore al quale guardare per rappresentare l’innovatività del Piemonte?
È un indicatore importante ma non è l’unico che conta. Ad esempio, i Paesi OCSE con un alto tasso di spesa pubblica riscontrano un aumento del livello di produttività più alto rispetto a Paesi con bassi livelli di spesa pubblica sulla Ricerca e questo vale ancor più per le Regioni in transizione industriale, che hanno bisogno di sviluppare attività industriali ad alta intensità di conoscenza dalla ricerca di base e dalla ricerca applicata.
Un’importante questione è quella appunto della collaborazione tra Università e settore privato. È facile auspicare un aumento della spesa R&D, meno facile attuarlo, vi sono ancora forti disparità regionali. Guardando a qualche dato, l’attività di ricerca e sviluppo si concentra in alcune regioni anche all’interno dello stesso paese. In Germania per esempio il 5% del Pil è speso in Baden-Wurttemberg che è la regione a sud più ricca, si tratta di un valore 3 volte e mezzo più alto che in Sassonia.
Quello che importa sono le differenti tipologie di innovazione, non soltanto R&D ma anche non R&D, così come gli investimenti non tecnologici per esempio a opera delle micro-imprese che avrebbero bisogno di rafforzare gli asset aziendali e le capacità manageriali. Soprattutto nelle Regioni con una forte polarizzazione non è indicato focalizzarsi solo sulle innovazioni che deriverebbero da ricerca e sviluppo.
Vorremmo ora focalizzarci sugli aspetti relativi governance. Ci chiedevamo se uno stile di governance “relazionale” rispetto a uno “gerarchico” per certe problematiche delle Regioni in transizione industriale sia preferibile per la complessità delle sfide.
Non è una questione di governance gerarchica o multilivello. Non importa se il governo è centralizzato o decentralizzato, i livelli dei governi sono sempre reciprocamente inter-dipendenti e questo vale per ogni politica si voglia sottoporre.
Per la transizione industriale, per esempio, una governance multilivello efficace sarà davvero fondamentale proprio perché la transizione industriale è così complessa. La regione può agire da sola fino a un certo punto; è pur sempre vincolata dalla regolamentazione nazionale in termini di budget e cornice istituzionale così come anche dal quadro sovranazionale; quindi rilevante è la questione di come vengano piuttosto gestiti i rapporti tra i diversi livelli di governo e quali sono i meccanismi che aiutano a promuovere relazioni efficaci.
Intendiamo con questo un buon coordinamento tra gli attori, contare su risorse a sufficienza, dipende dall'assicurarsi che i ruoli e le responsabilità dei diversi livelli di governance e dei diversi attori siano chiaramente attribuiti, compresi, e soprattutto concordati dagli attori; quest’ultimo punto è molto importante.
Se il sistema multi-livello funziona bene, si possono aprire soluzioni più innovative ai problemi che si pongono e alla progettazione. Non è necessariamente una questione top-down o bottom-up, ma di margine d’azione all’interno di una struttura precisa.
Una delle questioni più pregnanti per le politiche di innovazione, soprattutto se guardiamo al Piemonte, è che le politiche stesse per l’innovazione debbano diventare più innovative. Come innoviamo le politiche per l’innovazione in Piemonte? È questo che dobbiamo chiederci.
Uno dei problemi di una struttura multilivello è che può essere più facile da controllare ma se priva di margine d’azione il rischio è di richiamare soluzioni riduttive, limitando la sua sfera d’ implementazione a un applicazione burocratica delle disposizioni vigenti.
Agendo in questo modo si perdono tutte le potenzialità insite nelle politiche relative all’innovazione. Durante il nostro percorso di studio del Piemonte abbiamo incoraggiato a pensare a come sviluppare una politica dell’innovazione e una strategia per la prossima generazione di Smart Specialization Strategy che si orienti verso l’ integrazione di tutti gli attori al fine di definire una vision per le politiche e le azioni congiunte.
Tutti gli elementi per far funzionare bene l’innovazione sono già presenti sul territorio; il Piemonte si deve sforzare a far funzionare bene ciò che è già presente, ovvero includere gli attori nella definizione e implementazione di un piano d’azione regionale.
Ovviamente vi sono alcuni elementi per cui il Piemonte non ha margine d’azione, se si pensa ai fondi del governo centrale o ai fondi europei, ma per il resto è compito della regione migliorare la capacità di generare un sistema efficace.
E poi non bisogna tralasciare la capacità di tessere relazioni a livello inter-regionale. Agendo in questo modo si può anche, nel tempo, influenzare i cambiamenti a livello nazionale.
Tutto ciò richiede una consapevolezza da parte dei vari policy makers, e il concetto di governo multilivello che si deve chiarire. Questo si può attuare attraverso due canali. La governance multilivello è composta da attori ed istituzioni e pratiche che aiutano il decision maker a implementare una determinata decisione. Questo sistema può focalizzarsi su una policy in particolare come la Smart Specialization e/o l’innovazione o può essere applicato più ampiamente alla struttura di governance a livello nazionale o regionale, e la cornice di tutto è il budget e i vari regolamenti: elementi fissi che è impossibile cambiare; d’altra parte vi sono anche le pratiche ovvero la consultazione con gli stakeholder, la pratica del monitoraggio e della valutazione, gli elementi mobili.
Con multilivello si indica uno strumento, una cornice che policy makers devono prendere in considerazione e usare per tratteggiare e implementare una politica di innovazione. E questo sistema può essere applicato all’ecosistema dell’innovazione piemontese.
C’è consapevolezza di questo nella nostra regione?
Sembra che in Piemonte ci sia questo tipo di consapevolezza. Si è capito che è importante la cooperazione tra i vari attori. Essere consapevoli della mutua dipendenza è già un buon inizio. Tuttavia sembra che l’attribuzione di ruoli e responsabilità non sia sempre sufficientemente chiaro.
Parlando di fondi europei sappiamo quanto siano importanti e quanto la politica per l’innovazione dipenda da essi. Secondo voi ci sarebbero alternative?
Pensiamo sia rischioso e poco saggio usare solo una fonte di risorse per la politica dell’innovazione. Questo è un problema che rileviamo in OCSE anche per altri paesi e lo è anche per il Piemonte. se le politiche d’innovazione funzionano, aumentano le entrate e così si crea un circolo virtuoso. Tuttavia questo vuole spesso dire, soprattutto in un primo momento, aumentare le tasse, una scelta non propriamente amata dai politici.
L’elemento chiave è incapsulato nella ‘governance’ del territorio. Ci sono molte pubblicazioni al riguardo che provano che quando il territorio ha una governance di qualità aumenta la capacità di utilizzare i fondi EU. E questo è molto importante, perché il ritorno sull’investimento deve essere ottimizzato. Assicurarsi di avere condizioni istituzionali ottimali in Piemonte è molto importante. Ovviamente ci sono altri modi per aumentare i redditi ma questa è una scelta politica. Se si investe in innovazione hai come obiettivo rendere il territorio più competitivo e facilitarne la crescita. Detto questo, è vero che dipendere unicamente dai fondi europei è rischioso, ma questa è la realtà. Ciò su cui ci si deve concentrare è l’attento ed efficace uso dei fondi, la loro gestione e il coordinamento dei programmi.
Non bisogna altresì dimenticare che ci sono altri fondi e che la criticità è anche di utilizzarli strategicamente. Il venture capital può essere un’opzione anche se ancora poco praticata a livello europeo, particolare attenzione bisognerebbe porre al ruolo delle fondazioni bancarie, che sappiamo, hanno, al momento, regolamenti e restrizioni nella loro capacità di agire.
Che cosa avete rilevato circa attitudini, competenze, motivazioni relative all’imprenditoria del territorio?
Il Piemonte presenta come le altre regioni dell’Azione Pilota un livello di imprenditorialità modesto. Questo è da attribuire alla sua eredità industriale; l’impressione che abbiamo avuto durante le nostre visite di studio è che il tessuto imprenditoriale più giovane è dinamico, innovativo, pronto a rischiare. E questo è molto positivo.
Conclusioni
Ci si chiede spesso, in merito alle politiche di innovazione, se si sia fatto abbastanza o se si dovrebbe fare di più. Il punto che ribadiamo è che non bisogna sempre fare di più, ma ottimizzare al meglio le risorse a disposizione; non è necessario introdurre nuove policies o nuovi strumenti. E’ tuttavia necessario coordinare meglio gli attori, comunicare efficacemente e promuovere le iniziative esistenti.
Uno dei punti sovente sollevati durante le nostre visite studio in Piemonte è la questione relativa all’ecosistema piemontese e la sua robustezza. Quello che abbiamo osservato è che in Piemonte esiste un ambiente innovativo che non si traduce ancora in un ecosistema innovativo. Le relazioni tra i vari attori sono forti, ci sono potenzialità, ma mancano ancora degli elementi per qualificarlo come ecosistema innovativo che deve migliorarsi per diventare resiliente. Quindi l’attenzione deve essere posta sulla diversificazione e il rafforzamento delle azioni esistenti.
E’ anche necessaria una riflessione su ciò che viene fatto e analizzare criticamente ciò che viene finanziato e smettere di finanziare le misure che non portano agli obiettivi sperati.
Le politiche relative ai clusters giocano una parte preminente della politica relativa all’innovazione. I Clusters sono importanti per la diffusione dell’innovazione e per la transizione industriale ma, non dimentichiamocelo, non sono l’unico strumento. Ci sono altri strumenti da poter utilizzare, soprattutto è importante diversificare: “non mettete tutte le uova in un solo paniere!”
[1] Cantabria (SP), Centre-Val de Loire (FR), East and North Finland (FI), Grand Est (FR), Greater Manchester (UK), Hauts-de-France (FR), North Middle Sweden (SE), Piemonte (IT), Saxony (DE), Wallonia (BE), e due stati, Lithuania and Slovenia