Promuovere la transizione energetica attraverso l’azione collettiva: le Comunità Energetiche Rinnovabili

    di Alessandro Sciullo (IRES Piemonte)

    Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER nel seguito) sono considerate portatrici di importanti innovazioni a supporto della transizione del sistema energetico verso un modello più sostenibile. Un supporto quanto mai necessario e urgente considerando l’ulteriore innalzamento dei target UE di riduzione delle emissioni di CO2 al 55%[1], di cui il comparto energetico è responsabile per oltre il 75%.

    Convinti di questo potenziale ruolo delle CER, il contributo tenta di fornire alcuni elementi di merito per chiarire perché e come le CER possono essere un acceleratore della transizione energetica. Iniziando dal chiarire il significato dei termini in gioco.

    Le Comunità Energetiche, di cui le CER propriamente dette sono una realizzazione recente, rappresentano “un progetto energetico gestito da e a beneficio di una popolazione locale”[1], con attenzione posta tanto al processo quanto al suo risultato. Prima infatti delle direttive europee (RED II e IEM, di cui si dirà nel seguito) che ne hanno dato formale riconoscimento e descrizione, nel dibattito scientifico, politico e pubblico con il termine di Comunità Energetica si faceva vagamente riferimento a “qualsiasi iniziativa orientata alla produzione di energia da fonti rinnovabili o di servizi energetici ad essa connessi di proprietà dei cittadini o sulla quale i cittadini esercitano controllo significativo[2], ovvero a qualsiasi combinazione di almeno due dei seguenti elementi: [3]

    • la maggioranza della proprietà del progetto è in mano ad attori locali.
    • I meccanismi decisionali sono basati su una logica di comunità
    • la maggior parte dei benefici economici e sociali sono distribuiti localmente.

    Riguardo la transizione, il termine rimanda alla complessità e radicalità del processo di riconfigurazione delle modalità di produzione, distribuzione e consumo di energia cui si fa riferimento. Diversamente dai processi di cambiamento o di trasformazione che richiamano evoluzioni incrementali, per quanto profonde, le transizioni (concetto preso a prestito dalle scienze fisiche) sono passaggi di stato di un sistema che, in risposta a stimoli esterni, si riconfigura in termini di componenti e processi al punto da arrivare a trovare un nuovo punto di equilibrio diventando qualcosa di radicalmente nuovo. La transizione energetica si deve quindi intendere come un passaggio ad un nuovo sistema di attori, regole, processi in cui l’innovazione delle tecnologie e dei dispositivi si deve accompagnare alle innovazioni sociali che ne consentono l’adeguata diffusione[4]. Più concretamente la letteratura e la discussione politica e pubblica sulla transizione energetica individua, semplificando molto, due profili principali di transizione che devono essere congiuntamente promossi:

    • un profilo tecnico-economico, che si riferisce alla trasformazione del mix energetico (e ai necessari adattamenti tecnici, regolativi e di mercato) attraverso la sostituzione parziale della “produzione basata su fonti fossili e concentrata in pochi grandi (o mega) impianti…a quella che deve estrarre il combustibile dalle risorse (naturali o di matrice antropica) disponibili sul territorio”
    • un profilo sociale, che da un lato si riferisce alla cosiddetta just transition, ovvero alla necessità che il processo di transizione sia un “fair and equitable process” informato ad un concetto di giustizia declinato in tre modalità: distributiva, procedurale e di recognition[5]; dall’altro alla necessità di incrementare l’accettabilità sociale delle tecnologie e infrastrutture per la produzione da FER, intesa come risultato di un processo di coinvolgimento che eviti il riprodursi di atteggiamenti estrattivi e favorisca l’utilizzo consapevole delle risorse locali e la permanenza dei benefici sui territori.

    Queste due dimensioni della transizione possono essere utilmente tenute in conto per comprendere come le comunità energetiche, per come si sono andate consolidando negli anni come configurazioni organizzative ‘dal basso’ per la produzione e il consumo di energia, si candidano ad essere nella nuova veste di CER potenti leve di transizione del sistema energetico contemporaneo.

    Il riconoscimento formale delle CER: la direttiva EU/2018/2001 (RED II) e il percorso di recepimento in Italia

    Negli ultimi 20 anni in tutta Europa sono nate e si sono consolidate molte iniziative di azione collettiva (cooperative, gruppi di acquisto, eco-villaggi, ecc.) che possono considerarsi comunità energetiche secondo la definizione ampia qui adottata. Ovvero iniziative che prevedono un coinvolgimento diretto della cittadinanza, aggregata per luogo o per interesse, in progetti basati sull’utilizzo delle fonti rinnovabili per l’approvvigionamento energetico.

    Consapevole del potenziale di queste esperienze, la UE tra il 2018 e 2019, è intervenuta per fare in modo che (prendendo a prestito il gergo socio-tecnico) queste “nicchie di innovazione” possano trovare le condizioni per innescare dei cambiamenti del regime energetico e produrre quindi quella transizione che il cambiamento climatico ha reso quanto mai urgente.

    Pertanto, nel quadro del Clean Energy Package[6], sono state rilasciate la Direttiva (UE) 2001/2018 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (RED II) e la Direttiva (UE) 944/2019 relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica (IEM). Con queste due direttive, e nello spirito del CEP che pone particolare attenzione al ruolo dei consumatori, la UE ha inteso creare i presupposti giuridici per il riconoscimento formale delle comunità energetiche, ovvero per garantire ai cittadini la possibilità di associarsi per soddisfare i propri bisogni energetici e agli stati membri la possibilità di individuare dei sistemi di incentivazione (oltre all’obbligo del recepimento).

    La REDII riconosce possibili modelli di partecipazione dei cittadini alla filiera energetica definendo, in ordine di complessità crescente

    • Autoconsumatore di energia rinnovabile (prosumer) come il “cliente finale che, operando in propri siti … produce energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e può immagazzinare o vendere energia elettrica”
    • Autoconsumo collettivo (AC), come “gruppo di almeno due autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e si trovano nello stesso edificio o condominio”.
    • la Comunità Energetica Rinnovabile (CER), come “soggetto giuridico che […] si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono
    • situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione;
    • i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali;
    • il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari”

    Per tutte queste configurazioni, l’attività di produzione energetica non deve costituire l’attività commerciale o professionale principale.

    In Italia si è provveduto ad un recepimento in due fasi attraverso l’art. 42-bis del D.L. n. 162/2019 (“Milleproroghe”) convertito con modificazioni dalla L. 8/2020 e successivamente sostituito dal recepimento finale col D.lgs. 199/202. Questo percorso ha consentito la sperimentazione delle prime CER in Italia attraverso l’introduzione, in via cautelativa, di due vincoli tecnici che, per quanto tecnici, sono rilevanti in termini di ricadute ambientali e sociali delle iniziative stesse: il primo riguardo la potenza degli impianti incentivabili che non devono essere superiori a 200 Kw; il secondo riguarda l’ambito territoriale della comunità, definito dalla cabina di trasformazione MT/BT[7] cui devono sottostare i membri della CER e dall’appartenenza al medesimo edificio nel caso dell’autoconsumo collettivo. Questi vincoli rendono nella pratica le CER limitate al coinvolgimento di poche decine di famiglie in un territorio molto circoscritto.

     

    A questi limiti si è ovviato con il già citato recepimento finale attraverso i decreti legislativi 199 (RED II) e 210 (IEM) del 8 novembre 2021. Il 199/2021 non introduce grandi novità per gli schemi di AC ma prevede importanti aggiornamenti riguardo le CER e in particolare l’innalzamento a 1 MW per la potenza degli impianti incentivabili e il perimetro della cabina primaria per il requisito di prossimità da rispettare per le utenze potenziali membri della CER. Modifiche che consentono alle CER di soddisfare le esigenze energetiche di una comunità di medie dimensioni.

     

    Merita infine richiamare l’integrazione tra strumenti normativi e di programmazione (PNRR e FESR 21-27, per il Piemonte) a supporto della promozione di CER.

    Il PNRR, prevede (M2C2) 2,2 miliardi di finanziamenti specifici per la promozione delle energie rinnovabili attraverso le comunità energetiche e l’autoconsumo con il preciso obiettivo di rafforzare il recepimento della Direttiva RED II individuando “PA, famiglie e microimprese in Comuni con meno di 5mila abitanti che ne possano beneficiare in termini di sostegno all’economia, alla coesione sociale, nonché di contrasto allo spopolamento”. A sua volta, il 199/2021 (art.14) individua specifica che “in attuazione delle misure M”C”, Investimento 1.2 “Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l'auto-consumo” sono definiti criteri e modalità per la concessione di finanziamento a tasso zero fino al 100% dei costi ammissibili, per lo sviluppo della comunità energetiche, […] e le condizioni di cumulabilità con gli incentivi tariffari di cui all’articolo 8 del presente decreto legislativo”.

    Il POR-FESR Piemonte mette invece a disposizione di imprese ed enti pubblici membri delle CER le risorse destinate all’Obiettivo di policy 2  “ Europa resiliente, più verde e a basse emissioni di carbonio ” previste per la Priorità II ––“Transizione ecologica e resilienza” saranno disponibili e assegnate a Efficienza energetica (190 M€), Energie rinnovabili (58M€) e Trasformazione intelligente delle reti (15 M€).

     

    Il 15 dicembre 2021 il Dlgs 199 è entrato in vigore ma al momento in cui si scrive si è ancora in attesa dell’aggiornamento della regolazione (da parte di ARERA) e deii meccanismi incentivanti (da parte del MITE) in assenza dei quali rimane in vigore la disciplina ex art42bis.

     

     

    Le CER in Italia: diffusione e benefici attesi

    Basandosi sull’ultimo rapporto di Legambiente[8] che permette di ricostruire il fenomeno delle CER e dei gruppi di AC in Italia, le azioni collettive a norma di direttiva (e recepimento provvisorio) sono 100 seppure a diverso stadio di sviluppo: 35 sono realtà effettivamente operative (ovvero CER costituite e funzionanti), 41 sono in progetto e 24 in procinto di avviare la fase di costruzione. Nel 2020 si registravano 11 CER operative e 9 esperienze di AC; nel 2021 si registravano 20 nuove CER operative (e 9 in movimento) e 4 esperienze di AC; nel 2022 si registrano 26 nuove CER operative ( e 14 in movimento) e 3 esperienze di AC, di cui una però è Energheia, un progetto diffuso sul territorio che coinvolge 10 condomini, 4 comuni e circa 700 famiglie su cui si tornerà nel paragrafo successivo.

    Le CER sono esperienze estremamente eterogenee per i contesti sociali, ambientali e geografici in cui si sviluppano (dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia, dalle aree metropolitane alla montagna, dal piccolo paese all’area vasta), gli attori coinvolti (comuni, imprese, enti del terzo settore, cittadini) e le loro motivazioni.

    Riguardo gli impatti, si possono identificare quattro macro categorie di benefici

    • tecnico-energetic Essendo aggregati di produttori e consumatori che agiscono collettivamente in progetti energetici locali (con minor transito sull’infrastruttura e una certa flessibilità) possono avere numerosi effetti positivi per il sistema elettrico quali la riduzione delle perdite di rete, il miglioramento dei profili di tensione, il minore stress della rete di distribuzione, aumento degli indicatori di autoconsumo e autosufficienza
    • ambientali che sono un portato diretto della diffusione del modello CER legati proporzionalmente all’aumento della produzione e della quota di consumo di energia rinnovabile a livello locale. Uno studio di Legambiente quantifica in 17,2 GW la nuova capacita rinnovabile attesa al 2030 attraverso l’istituzione di CER e AC (pari a ca. il 30 per cento dei target PNIEC) che permetterebbero una riduzione delle emissioni di CO2eq al 2030 stimata in 47,1 milioni di tonnellate (considerando il consumo medio di 2700KwH delle famiglie italiane). A questi benefici diretti si può poi aggiungere l’effetto indiretto dell’aumento di consapevolezza nell’uso delle risorse energetiche da parte dei membri che possono veicolare le competenze acquisite anche in altri ambiti, come per esempio i trasporti o gli acquisti.
    • sociali che, come quelli ambientali, sono un obbligo delle CER a norma della direttiva. I meccanismi di produzione degli impatti sociali possono ravvisarsi tanto nel processo stesso di costruzione e funzionamento della CER (incremento di partecipazione al processo decisionale) quanto nell’allocazione del valore generato che può essere in parte utilizzato per remunerare i soci, ma anche per fornire servizi ai membri, per incidere sul costo delle bollette o per finanziare iniziative identificate dalla comunità come prioritarie (contrasto alla povertà energetica, progetti di istruzione, erogazione di servizi di welfare, supporto allo sviluppo locale). Più in dettaglio. Il contrasto alla povertà energetica può essere affrontato in modo diretto, riducendo per esempio la spesa energetica delle famiglie in difficolta, o in modo indiretto, fornendo strumenti e informazioni per una corretta gestione degli apparati in ambito domestico.
    • economici diretti e indiretti e impatto sulle traiettorie di sviluppo locale. I benefici diretti derivano dagli effetti di reddito sui bilanci delle famiglie dovuti ai risparmi in bolletta e dalla creazione di valore aggiunto (su scala nazionale) per la filiera dell’installazione e manutenzione impianti FER derivante dalla diffusione del modello CER. I benefici indiretti sono associati da una parte alla possibilità che il coordinamento tra i soggetti del territorio sperimentato all’interno dalle CER e la collaborazione con altri attori locali rilevanti (PA, imprese, ecc.) inneschino dei processi virtuosi di costruzione condivisa di strategie e azioni per lo sviluppo locale (il caso di Magliano Alpi, in cui si sono coinvolti attori economici del territorio, è esemplare in questo senso)

    Oltre a fornire ai cittadini servizi energetici a prezzi equi e con attenzione ai soggetti vulnerabili, la generazione di valore anche economico che rimane all’interno della comunità può rispondere a bisogni socio-economici individuati dagli stessi membri della comunità.

    Le CER in Piemonte; una regione frontrunner tra innovazione normativa ed esperienze sul territorio

    Se l’Italia si è dimostrata virtuosa nel contesto europeo (se non altro sul piano dell’iniziativa legislativa), il Piemonte si distingue tra le regioni italiane per aver anticipato la normativa europea in tema di sostegno alle Comunità Energetiche,  per la promozione di contesti territoriali abilitanti (meno per l’incentivo alla costruzione di comunità).

    Con la legge regionale 3 agosto 2018 n.12 “Promozione dell’istituzione delle Comunità Energetiche”[9], che aveva i comuni come primi destinatari, la Regione ha infatti promosso “l'istituzione di comunità energetiche, quali enti senza finalità di lucro, costituiti al fine di superare l'utilizzo del petrolio e dei suoi derivati, e di agevolare la produzione e lo scambio di energie generate principalmente da fonti rinnovabili, nonché forme di efficientamento e di riduzione dei consumi energetici”.

    Di natura ibrida tra le CER e le CEC (avendo attenzione sia alla promozione delle rinnovabili sia all’efficientamento) a queste Comunità Energetiche, cui potevano partecipare soggetti pubblici e privati, era richiesto di redigere un bilancio energetico (entro sei mesi) e un documento strategico (entro 12 mesi), inteso come atto di pianificazione energetica locale da sottoporre alla verifica regionale di coerenza con il PEAR e ad una valutazione periodica del conseguimento dei risultati[10].

    Al di là alcuni limiti, l’esperienza piemontese della L.R. 12/2018 ha giocato un ruolo rilevante nella costruzione di un contesto favorevole alla diffusione del modello CER. Ha infatti evidenziato l’importanza del ruolo dei comuni e delle PA nella promozione delle iniziative, ha ribadito la centralità di una visione territoriale e di coordinamento con i soggetti gestori e regolatori della rete elettrica (GSE e ARERA), ha consentito il monitoraggio delle iniziative sul territorio e ha finanziato analisi e studi di fattibilità su quattro progetti pilota per la creazione di Comunità Energetiche sul territorio (Valle Maira, Pinerolese, Monviso, Valle Susa).

    Pioniere nell’innovazione normativa, il Piemonte lo è stato anche nell’attuazione della disciplina comunitaria e nazionale con l’istituzione della prima CER in Italia a norma del 42 bis, la CER di Magliano Alpi[11] (City Energy Hall), frutto del rapporto tra un attore pubblico come promotore e un gruppo di lavoro di supporto proveniente dal mondo della ricerca scientifica (Energy Center del Politecnico). La CER di Magliano Alpi è nata con sette POD: tre POD comunali di cui uno dell’impianto fotovoltaico di produzione (dove il comune figura come prosumer), due POD di aziende artigiane e due POD di privati cittadini), un aggregato proporzionato alla potenza installata di 20 Kwp. Per far fronte alle richieste crescenti dei cittadini incuriositi e interessati dall’iniziativa, sono state progettate altre due CER, una a guida pubblica, con installazioni sugli impianti sportivi, ed una CER a guida privata.

    La City Energy Hall si è costituita come Associazione non riconosciuta. Figura quindi come soggetto giuridico di diritto privato e si è finanziata grazie alla partecipazione del Comune che ha convogliato i fondi della Legge Fraccaro[12] e al contributo aggiuntivo della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo (€ 30.000) per la seconda CER a guida pubblica.

    Per la generazione elettrica si è affidata a pannelli fotovoltaici ed è stato installato un impianto da 20 kWp sul tetto del Municipio cui si aggiungono 3 kWp da parte di un altro membro e ulteriori 20 Kwp erano previsti per il 2021 per la seconda CER

    Il coinvolgimento dei cittadini è stato facilitato dalle dimensioni ridotte della comunità di riferimento che ha consentito il ricorso a relazioni dirette dei promotori con i potenziali candidati. Si pone l’obiettivo di far partecipare alla CER nuovi utenti e ha fissato una quota di adesione per i cittadini a € 25 annui.

     

    La CER Nuove Energie Alpine, “spin off” della comunità Valle Maira già identificata a norma della L.R. 12/2018, è una seconda esperienza piemontese che merita attenzione per il suo carattere di frontiera. Nel 2021 viene creata l’associazione a gestione interamente pubblica “Comunità Energetica Valli Maira e Grana - CEVMG” che si occupa del settore energia per ciascuno dei 22 Comuni aderenti delle Valli. In considerazione del proprio ruolo e dell’entrata in vigore della normative sulle CER, la CEVMG ha deciso di attivarsi per dare vita, insieme ad altri quattro co-fondatori (i Comuni di Busca, Villar San Costanzo, Macra e Pradleves), all’associazione “CER Nuove Energie Alpine”. La novità risiede nel fatto che la “CER Nuove Energie Alpine” è il modello federale proposto che aggrega configurazioni di energia condivisa distribuite in Comuni serviti da cabine primarie differenti e che quindi sarebbero comunità energetiche separate. Le due configurazioni di energia condivisa coinvolta sono quella di Busca (con tre soggetti partecipanti palazzetto sportivo, Bocciofila, e Teatro civico le cui utenze sono servite da un impianto fotovoltaico da 20 kWp installato sulla bocciofila accoppiato ad un accumulo da 15 kWh per la fornitura serale della struttura e di una colonnina di ricarica per veicoli elettrici) e Villar San Costanzo che è servita da un altro impianto analogo installato presso il Comune e che alimenta la linea di illuminazione pubblica, una piccola attività commerciale (fabbro) e il magazzino comunale.  Una CER di CER ad alto impatto locale in termini di servizi erogati e abbattimento del consumo di fossili.

    In ultimo, merita raccontare l’esperienza del già menzionato Progetto Energheia, un progetto di ‘AC diffuso’ che ha raggiunto ragguardevoli dimensioni con 20 condomini coinvolti per un totale di oltre 700 famiglie in 4 comuni: Cavour, Racconigi, Pinerolo e Torino. Il progetto, promosso e realizzato dalla ESCo ACEA Pinerolese Energia in joint venture con Technozenit ha con l’obiettivo di favorire l’autoproduzione e lo scambio di energia rinnovabile fra i membri per ridurre i consumi e i costi in bolletta. Le opere sono state finanziate da agevolazioni fiscali in materia di efficientamento energetico ed energie rinnovabili e, dove è stato possibile, con il Superbonus 110%. Nel loro insieme, i 10 condomini analizzati nel rapporto di Legambiente sono alimentati da 10 impianti fotovoltaici (per totali 380 kW) accoppiati con altrettanti impianti di accumulo per 218 kWh di capacità. L’energia prodotta viene utilizzata per alimentare le pompe di calore aria-acqua e i servizi comuni nei condomini e grazie a questo intervento si è stimato una riduzione del fabbisogno energetico da fonte fossile variabile da un minimo di 57% ad un massimo di 81% per i consumi elettrici e da un minimo di 17% ad un massimo di 56% per quelli termici.

    In Piemonte ci sono altre interessanti esperienze, già in esercizio o in costruzione[13]. Quelle qui presentate spiccano per l’innovazione che hanno rappresentato e per  i diversi benefici che stanno producendo (dal risparmio energetico e la riduzione del fossile alla fornitura di servizi, alla costruzione di reti di cooperazione sul territorio come a Magliano). Ma sono anche esperienze diverse per il contesto in cui si sviluppano: due (le CER) in area montana o rurale, una (l’AC) in area urbana e metropolitana. Una delle sfide delle comunità energetiche, nella loro versione classica (se non storica) e nella versione CER, è proprio la penetrazione in ambito urbano. Un ambito in cui l’assenza di meccanismi identitari forti, la frammentazione tra corpi sociali e la distanza tra amministratori e amministrati, l’oggettiva disponibilità di servizi e la frequente assenza di spazi nella piena disponibilità dei cittadini (ovvero di risorse p minano i presupposti per la costruzione di comunità locali robuste e motivate. Ma le città sono proprio l’ambito in cui è quanto mai necessario intervenire per promuovere la produzione da FER perché i sistemi urbani si caricano di oltre il 70% del consumo di energia e delle conseguenti emissioni di CO2 e forse le configurazioni di AC possono essere la soluzione se non per rivoluzionare il sistema, se non altro per renderlo più sostenibile.

     

    Conclusione

    Le CER in quanto consolidamento di un processo spontaneo di coinvolgimento degli attori sociali e dei cittadini lungo l’intera catena di produzione e consumo di energia possono essere degli importanti acceleratori della transizione sostenibile del sistema energetico contemporaneo. Il loro impatto in termini di autoconsumo locale e di stravolgimento degli equilibri di potere e delle regole di funzionamento del mercato energetico è infatti allineato con le due dimensioni tecnico-economica e sociale individuate come le componenti della moderna transizione (sociotecnica) energetica. Tuttavia per raggiungere una scala sufficiente a produrre i cambiamenti promessi, devono confrontarsi con molte sfide che pertengono al mercato e agli assetti istituzionali e regolamentari, così come alle competenze, risorse, regole di funzionamento delle CER e al processo del loro sviluppo (dal ruolo degli iniziatori alle strategie di scaling-up)

    Le direttive (e il recepimento in via di perfezionamento) hanno creato un contesto abilitante e il presupposto per fare delle CER degli attori non subordinati e attrattori di investimenti pubblici e privati. Ma le resistenze culturali, le inerzie del sistema (pubblico e di mercato) non possono essere rimosse per legge e perché le CER possano evolvere da nicchia di innovazione radicale a nuovo regime energetico dell’Europa contemporanea bisognerà attendere che il modello (teorico) si adatti alla pratica della sua implementazione, a partire dalla capacità di penetrazione nei sistemi urbani, che sembra facilitata dagli schemi di AC ma che rimane la grande sfida per ogni politica di transizione ecologica.

     

    Bibliografia

    Caramizaru, A. and Uihlein, A., 2020, Energy communities: an overview of energy and social innovation, Publications Office of the European Union, Luxembourg

    De Vidovich L., Tricarico L, Zulianello M., 2021, Community Energy Map. Una ricognizione delle prime esperienze di Comunità Energetiche Rinnovabili, Franco Angeli, Milano

    Sala F., Coletta G., Armanasco F., 2021, Le Comunità Energetiche in Italia. Note peri l coinvolgimento dei cittadini nella transizione energetica, RSE, Milano

     

    Parole chiave: transizione energetica, azione collettiva, territorio, FER

     

     

    [1] Walker, G., Devine-Wright, P., 2008. Community renewable energy: what should it mean? Energy Policy 36 (2), 497–500.

    [2] REScoop (European federation of citizen energy cooperatives) www.rescoop.eu

    [3]https://coalition.irena.org/-/media/Files/IRENA/Coalition-for-Action/Publication/Coalition-for-Action_Community-Energy_2018.pdf

    [4] La transizione energetica intesa come transizione socio-tecnica, si veda tra i molti contributi l’applicazione alla realtà olandese Verbong G, Geels, F (2007) The ongoing energy transition: Lessons from a socio-technical, multi-level analysis of the Dutch electricity system (1960-2004), Energy Policy, 2007, vol. 35, issue 2, 1025-1037

    [5] Giustizia distributiva è riferita all’equità nelal distribuzione dei beni in una società ed è legata alla eguaglianza sostanziale; la giustizia procedurale riguarda il diritto di tutti i cittadini di prendere parte a processi decisionali aperti e partecipativi ed è legata all’eguaglianza formale; la dimensione di recognition è riferita al riconoscimento dei gruppi vulnerabili e a come possono essere negativamente dall’ingiustizia distributiva e procedurale (Jenkins et al., 2016).

    [6] Il CEP (https://energy.ec.europa.eu/topics/energy-strategy/clean-energy-all-europeans-package_en) è costituito da quattro regolamenti e quattro direttive e pone particolare attenzione sulla centralità dei consumatori nelle politiche energetiche dell’Unione.

    [7] Cabina di trasformazione Media Tensione/Bassa Tensione, ovvero l’attacco tradizionale di un condominio o di un impresa

    [8] Eroe K., Tolci P.. 2022, Comunità Rinnovabili, Legambiente

     

    [9]http://arianna.cr.piemonte.it/iterlegcoordweb/dettaglioLegge.do?urnLegge=urn:nir:regione.piemonte:legge:2018;12@2019-01-15

    [10] Con DGR n. 18-8520 dell’8 marzo 2019 si individuano i criteri e requisiti di attuazione della 12/2018: contenuti del protocollo di intesa, bilancio energetico e documento strategico,le modalità di effettuazione della verifica di coerenza e valutazione dei risutlati

    [11] https://cermaglianoalpi.it/

    [12] che prevede per le annualità 2021, 2022, 2023 e 2024 un contributo di € 50.000 per i comuni sotto i 5000 abitanti come Magliano Alpi (portato a 100.000 nel 2021)

    [13] Prima tra tutte la Comunità Energetica del Pinerolese. Già individuata nel quadro della L.R.12/2018 come destinatari dei fondi per gli studi di fattibilità ha consentito il rafforzarsi di un’aggregazione che è confluita nell’ATS per la promozione delle CER a firma dei comuni del territorio, con capofila il Comune di Scalenghe

    [1] https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/chapeau_communication.pdf

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