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Introduzione
L'apprendistato in Piemonte ha radici profonde, basti ricordare la grande tradizione salesiana di formazione e accompagnamento tutelato dei giovani al lavoro che qui ha avuto origine dai primi del 900 e da qui ha avuto così ampio sviluppo. L'evoluzione della normativa nazionale ha contribuito al posizionamento, sempre più in chiave europea, di questo rapporto di lavoro connotandolo, per alcune specifiche tipologie, quale canale parallelo agli ordinari percorsi di istruzione e formazione professionale (di seguito IeFP), di istruzione secondaria superiore e universitaria.
Occorre tuttavia precisare sotto l'aspetto lavoristico, il significato, del "contratto di apprendistato". Esso si colloca come uno speciale rapporto di lavoro che si caratterizza, rispetto all'ordinario rapporto di lavoro subordinato, per il contenuto formativo dell'obbligazione negoziale, nel senso che tra datore di lavoro e il lavoratore lo scambio si realizza tra addestramento, formazione professionale e retribuzione da una parte e prestazione lavorativa dall'altra.
Il contratto di apprendistato è stato oggetto di numerose e spesso radicali riforme volte a ridefinirne le finalità e gli obiettivi. Sono state individuate più tipologie contrattuali delineate in una ampia articolazione di contenuti formativi che definiscono le caratteristiche dell'obbligazione negoziale tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Le prime regolazioni dell'apprendistato prevedevano che gli insegnamenti, cui era tenuto il datore di lavoro, erano finalizzati a far conseguire all'apprendista la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato. L'evoluzione della disciplina, dalla riforma Treu anno 1997 – Biagi anno 2003 fino al Testo Unico dell'Apprendistato del 2011, vede il datore di lavoro tenuto a corrispondere all'apprendista non solo una controprestazione retributiva, ma anche gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale, di una qualificazione tecnico-professionale o di titoli di studio di livello secondario, universitari, o specializzazioni dell'alta formazione attraverso percorsi di formazione interna o esterna all'azienda avvalendosi dell'offerta formativa resa disponibile dalla programmazione regionale.
Ne deriva che il rapporto di apprendistato, in alcuni casi, vede il datore di lavoro responsabile ad attivarsi affinché gli obiettivi formativi siano garantiti mediante forme di raccordo con soggetti in possesso delle idonee conoscenze e competenze istituzionali (sistema della IeFP, sistema dell'istruzione tecnica e dell'università). Tale rapporto non è sempre fine a se stesso, e può coniugare le funzioni necessarie all'attività produttiva dell'azienda con risultati legati al conseguimento di titoli di studio, previsti dagli ordinamenti di riferimento, consentendo all'imprenditore di trarre dalle prestazioni dell'apprendista un'utilità crescente in relazione alla progressiva formazione professionale di quest'ultimo. Tuttavia è bene precisare che, in Italia, tra i vari apprendistati quello professionalizzante, è ancora e di gran lunga quello scelto dalla maggioranza delle imprese.
La sperimentazione in Piemonte
Il dibattito in corso tra le istituzioni nazionali, regionali e le parti sociali sul tema del riordino dei contratti nell'ambito degli indirizzi previsti dal cosiddetto Jobs Act ha, tra l'altro, introdotto il concetto di sistema duale precisando, nelle bozze dello schema di decreto, che "l'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale e quello di alta formazione integrano organicamente, in un sistema duale, formazione e lavoro per l'occupazione dei giovani con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, nell'ambito del Quadro europeo delle qualificazioni".
Da ciò si può dedurre che l'apprendistato in Italia si divide in due grandi classificazioni :
a) gli apprendistati finalizzati al conseguimento di un titolo di studio (della IeFP, dell'Istruzione o dell'Università) che integrano organicamente in un sistema duale formazione e lavoro (livello 1 e 3 dei tipi di apprendistato previsti dal Testo Unico Decreto legislativo 167/2011);
b) l'apprendistato professionalizzante finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale attraverso una formazione sul lavoro e l'acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali (livello 2 nel Testo Unico citato)..
L'articolazione sopra indicata è stata oggetto di sperimentazione in Piemonte a partire dal 2005. Le attività svolte hanno consentito di diversificare e potenziare questo peculiare canale di ingresso sul mercato del lavoro di giovani.
Tabella 1. Contratti di apprendistato avviati negli anni 2012-15, per tipo.
Tipo contratti | Contratti avviati | % |
Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (IeFP)
Rivolto ad adolescenti e giovani dai 15 ai 25 anni per il conseguimento di una qualifica o diploma professionale (Apprendistato I Livello - Art. 3. T.U.) |
887 | 1,6 |
Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
Rivolto a giovani tra i 18 e i 29 anni per il conseguimento di una qualifica ai fini contrattuali (Apprendistato II Livello - Art. 4 T.U.) |
55.182 | 97,6 |
Apprendistato di alta formazione e di ricerca
Rivolto ai giovani tra i 18 e i 29 anni per il conseguimento di una laurea (triennale o magistrale), di un master (di 1° o 2° livello) o di un dottorato di ricerca (Apprendistato III Livello - Art.5 T.U.) |
453 | 0,8 |
Fonte: Regione Piemonte
Nel corso degli ultimi tre anni sono stati avviati oltre 56mila contratti la maggior parte dei quali in apprendistato professionalizzante (vedi tabella 1), mentre l'apprendistato per i percorsi IeFP e per l'alta formazione rappresentano una quota residuale, ancorché innovativa e interessante.
Si tenga conto che le assunzioni in apprendistato rappresentano "solo" il 9% di tutti i contratti stipulati per i giovani sotto i 30 anni, tuttavia, se si rapporta tale dato alla durata contrattuale prevista si può constatare che l'apprendistato costituisce circa un terzo (34%) dei contratti di lavoro con durata di almeno un anno.
I soggetti coinvolti, imprese, sistema della formazione professionale, università e apprendisti – hanno espresso una valutazione complessivamente positiva sullo strumento e sul modello organizzativo e gestionale testato, attribuendo un valore primario al processo di interazione sviluppato tra essi, che si è rilevato funzionale alla crescita del sapere di ognuno. Si è infatti determinata una modalità di trasferimento delle conoscenze che non è riducibile alla mera riproduzione dei distinti "saperi" ma alla crescita degli stessi attraverso un processo di reciproca trasformazione.
Alla luce delle esperienze, si può affermare, in via generale, che proprio in questo processo di "peer education" si possa collocare ed abbia possibilità di successo l'azione pubblica a sostegno dell'inserimento di apprendisti, quali elementi di concreto sviluppo dell'interazione tra imprese e istituzioni formative.
In assenza di una preesistente disponibilità ed interesse a cooperare per lo sviluppo comune, altri ordini di motivazioni non sarebbero sufficienti a determinare la diffusione di tale istituto contrattuale presso le imprese, anche se economicamente vantaggioso (per gli sgravi contributivi, etc) e a spingere istituzioni formative e giovani ad "alto potenziale" a "sottomettere" i propri studi e progetti di ricerca alle esigenze produttive, se non per mera e contingente speculazione.
Al fine di impostare un modello compatibile con le esigenze e i vincoli dei soggetti coinvolti, si è proceduto ad analizzare i modelli di formazione adottati dalle istituzione formative ed è stato attuato un approfondito confronto con le associazioni dei datori di lavoro e dei rappresentanti dei lavoratori per definire i fabbisogni e le aspettative delle imprese nonché gli aspetti di regolazione degli ambiti formativi del contratto di apprendistato .
Focus sull'apprendistato professionalizzante
L'apprendistato professionalizzante è finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale attraverso una formazione sul lavoro e l'acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali.
La finalità di questo apprendistato, pertanto, non consiste nel raggiungimento di un titolo di studio o di una qualifica professionale del sistema di istruzione e formazione quanto, piuttosto, nell'accrescimento delle capacità tecniche del lavoratore al fine di farlo diventare un lavoratore qualificato.
Nel nuovo sistema formativo, per qualificazione professionale, infatti, si intende l'acquisizione di un bagaglio formativo di nozioni di carattere teorico - pratico quanto più completo possibile, legato non solamente allo svolgimento della mansione assegnata, individuata nella qualifica contrattuale, ma ad una più completa ed articolata conoscenza sia del contesto lavorativo che delle attività che in esso sono svolte.
Il contratto di apprendistato professionalizzante è riservato ai giovani da 18 a 29 anni. Il Ministero del lavoro, sulla scorta di quanto statuito dalla Corte di Cassazione ha precisato che l'assunzione dell'apprendista può essere effettuata fino al giorno antecedente al compimento del trentesimo anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni).
Per gli apprendisti portatori di handicap – intendendosi per tali coloro che sono in possesso del requisito dell'invalidità richiesto per aver diritto al collocamento obbligatorio – i limiti di età su indicati sono elevati di due anni. Il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato da datori di lavoro appartenenti a tutti i settori produttivi, comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali.
Il modello piemontese dell'apprendistato professionalizzante (di cui alla figura 1 di forniscono alcune caratteristiche dell'utenza) ha consentito di rinforzare e definire il ruolo della formazione nell'ottica di effettivo valore aggiunto per l'apprendista e per l'impresa, operando affinché sia prevista:
1. una sostanziale rivisitazione dei modelli classici di formazione, esterna all'impresa, spesso decontestualizzata dalla realtà aziendale e con caratteristiche di forte autoreferenzialità;
2. l'individuazione, nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale, dei riferimenti ai profili professionali e alle relative competenze descritte nei rispettivi contratti di lavoro nazionali (CCNL);
3. una qualificazione dell'offerta formativa e dei modelli di erogazione della formazione, caratterizzati da una forte destrutturazione della formazione in aula verso una formazione sul luogo di lavoro;
4. una significativa valorizzazione dell'impresa formativa(nel senso dell'impresa come luogo di formazione?), quale luogo di apprendimento;
5. la correlazione dei profili formativi individuati dai CCNL con i profili degli standard regionali.
Questa impostazione ha consentito di generare un'offerta formativa, gestita attraverso Cataloghi provinciali, fortemente personalizzata che fonda la qualità del servizio erogato sull'interazione tra impresa e soggetto formativo. La componente professionalizzante del percorso formativo, si realizza all'interno dell'impresa sia mediante un rafforzamento del ruolo del tutore aziendale sia con il supporto del tutore dell'agenzia formativa laddove richiesto.
Il ruolo attivo dell'impresa nella formazione avviene all'interno di un quadro di riferimento e di un dispositivo operativo in grado di garantire, sia all'apprendista che alla stessa impresa, la qualità dei processi di apprendimento e il raggiungimento dei risultati attesi. L'istituzione formativa, in quanto detentrice della necessaria expertise, rappresenta un attore in grado di orientare e supportare sia l'impresa che l'apprendista nella definizione e gestione del percorso formativo funzionale al conseguimento delle competenze attese in relazione alle esigenze dei ruoli di lavoro.
Le indicazioni metodologiche ed i dispositivi operativi che sono stati messi a punto all'interno di questi percorsi, le criticità emerse, le strategie attivate per superarle, costituiscono un importante know how di partenza che può essere opportunamente messo in valore (anche sotto forma di consulenza formativa e di servizi alle imprese) all'interno del nuovo quadro di regolazione dei percorsi formativi in apprendistato anche alla luce delle prossime modificazioni che saranno introdotte nell'ambito della decretazione prevista dal Jobs Act.
Figura 1. Apprendistato professionalizzante in Piemonte: caratteristiche degli allievi (2012-15)
Fonte: Regione Piemonte
Conclusioni
Gli elementi caratterizzanti la sperimentazione dell'apprendistato in Piemonte, in parte già richiamati, hanno consentito di testare con successo nuovi modelli organizzativi e formativi volti a:
- evitare la rigida antitesi tra percorsi formali di studio e lavoro e nello stesso tempo, favorire il superamento della visione sequenziale: "prima studi e poi lavori" ;
- promuovere la sinergia di diversi contesti di apprendimento secondo una logica "circolare" di reale formazione continua;
- sostenere l'innovazione delle imprese e uno sbocco di lavoro qualificato per gli apprendisti.
Si ritiene infine che, così come rilevato da altre esperienze europee, l'istituto dell'apprendistato possa rappresentare un canale formativo che corre in parallelo ai percorsi dell'istruzione e della formazione professionale, tale da consentire la progettazione di percorsi definiti per filiera professionale, finalizzati al conseguimento, in condizione lavorativa, di titoli a partire dalla qualifica professionale e diploma professionale, al diploma di tecnico superiore, oppure il diploma d'istruzione e dei titoli universitari.
E' opportuno infine sottolineare la funzione regolatrice e sussidiaria svolta in questi anni dalla regione insieme alle Parti Sociali a sostegno di processi che vedono sempre più come protagoniste le imprese e le istituzioni formative e che devono diventare occasione, sempre più diffusa, di reale formazione e occupazione qualificata per i giovani.