A cura di Sarah Bovini, Responsabile Ufficio Studi e Statistica, Unioncamere Piemonte
Nel 2019 l’Italia si trovava già in piena stagnazione. Il nostro Paese risultava indebolito dalla prolungata debolezza del ciclo economico. Dopo la breve accelerazione vissuta del triennio 2015-2017, già nel 2018 il prodotto interno lordo italiano aveva, infatti, registrato una battuta d’arresto, incrementando solo dello 0,8%. Il risultato del 2019 è apparso ancora più deludente: la crescita si è fermata al +0,3%, il peggior dato dal 2014. Il rallentamento e le criticità vissute a livello nazionale non hanno risparmiato la nostra regione. In base a dati di Prometeia, nel 2019 il Prodotto interno lordo piemontese è stato di poco superiore ai 139 miliardi di euro, manifestando una dinamica sostanzialmente nulla sull’anno precedente (+0,2%)
risultato peggiore rispetto a quello evidenziato nel 2018 (+0,6%) e nettamente meno positivo rispetto a quanto registrato nel 2017 (+2,0%) e nel 2016 (+1,7%).
Fonte: Unioncamere Piemonte su dati Prometeia
L’andamento dei settori economici
A livello settoriale anche nel 2019 si registra una maggior incidenza nella produzione di ricchezza da parte del settore dei servizi, che genera da solo il 69,3% del valore aggiunto complessivo regionale. Il peso esercitato dal terziario piemontese, sebbene prevalente, risulta tuttavia ancora inferiore al dato nazionale (74,0%). Parallelamente, l’industria in senso stretto mantiene in Piemonte un ruolo di primo piano, generando circa un quarto del valore aggiunto complessivo, a livello nazionale l’industria si ferma invece al 19,6%. Le costruzioni incidono per il 4,6%, mentre l’agricoltura supera di poco i due punti percentuali.
Il risultato del 2019 è stato il frutto, a livello settoriale, delle fragilità mostrate dal comparto industriale e da quello agricolo. Anche nei servizi l’attività ha decelerato, specialmente nei comparti del commercio e del turismo, che hanno risentito della debolezza del potere d’acquisto delle famiglie. Nelle costruzioni la produzione è aumentata, pur non recuperando quanto perso con la forte contrazione registrata negli anni precedenti.
Il tessuto imprenditoriale
Analizzando il tessuto imprenditoriale regionale, si rileva come, anche nel 2019, sia proseguita la lenta erosione della base produttiva della nostra regione. Al 31 dicembre 2019 le imprese con sede sul territorio ammontavano a 428.457, una numerosità decisamente inferiore rispetto a quella di dieci anni prima (oltre 468 mila sedi) e più bassa anche rispetto al 1999 (oltre 438 mila imprese).
Fonte: Unioncamere Piemonte su dati InfoCamere
In base ai dati del Registro imprese delle Camere di commercio, si rileva come nel 2019 siano nate 25.972 aziende in Piemonte, a fronte delle 24.156 nuove iscrizioni registrate nel corso del 2018. Al netto delle 27.489 cessazioni, il saldo appare negativo per 1.517 unità. Nonostante il trend negativo, il Piemonte si conferma in 7ª posizione tra le regioni italiane, con il 7,0% delle imprese nazionali.
Il bilancio tra nuove iscrizioni e cessazioni si è tradotto in un tasso di crescita del -0,35%, lievemente migliore rispetto al dato registrato nel 2018 (-0,45%), e ancora in controtendenza rispetto alla media italiana (+0,44%) del 2019.
Non emergono novità di rilievo analizzando la natimortalità delle imprese per classe di natura giuridica. A conferma di un trend ormai consolidato, infatti, il bilancio del tessuto imprenditoriale resta positivo quasi esclusivamente per merito delle imprese costituite in forma di società di capitale, che hanno registrato nel 2019 un tasso di crescita del +2,6%. Continuano a ridursi, invece, le società di persone (-2,2%) e le ditte individuali (-0,6%), stabile invece l’aggregato delle altre forme (-0,04%).
Valutando i tassi annuali di variazione percentuale dello stock delle imprese registrate per settori di attività economica, si osserva come, anche nel 2019, gli altri servizi abbiano sperimentato la performance migliore (+1,4%), seguiti dal comparto del turismo (+0,5%). Negativo l’andamento segnato da tutti gli altri comparti. In particolare l’agricoltura (-1,8%) e il commercio (-1,6%) registrano le contrazioni più elevate. L’industria in senso stretto evidenzia un tasso di variazione del -1,2%; meno intenso il calo delle costruzioni (-0,4%)
Se è vero che nel 2019 il tessuto imprenditoriale stentava ancora a intraprendere la via della crescita, è altrettanto vero che forti segnali di indebolimento iniziavano a caratterizzare uno dei comparti di punta: il manifatturiero.
Le imprese manifatturiere, che già nel 2018 avevano visto nella seconda parte dell’anno un rallentamento dei ritmi produttivi, hanno confermato, nel 2019, la tendenza al ribasso. Il calo produttivo medio per l’intero 2019 è stato pari a mezzo punto percentuale. Si tratta di una flessione non pesante, ma particolarmente significativa se si considera che si tratta del primo dato annuo negativo dal 2013.
Fonte: Unioncamere Piemonte, Indagine congiunturale sull'industria manifatturiera piemontese, trimestri vari
La produzione e l’export
La produzione industriale è diminuita in tutti i principali comparti di specializzazione della regione, ad eccezione della meccanica (+1,0%) e dell’alimentare (+2,9%). Al calo complessivo ha contribuito il rallentamento della domanda proveniente sia dal mercato interno (+0,5%), sia da quello estero (-0,1%).
Un’analisi per classe dimensionale mette in luce come nel 2019 solo le medie imprese abbiano tenuto, manifestando una sostanziale stabilità (+0,1%), mentre a livello territoriale i risultati sono stati per lo più negativi, hanno fatto eccezione le province con una specializzazione nell’industria alimentare (Alessandria +1,4% e Cuneo 1,1%).
Alle difficoltà dell’industria manifatturiera si è accompagnato un calo delle vendite oltre confine. Nel 2019 Piemonte è risultato, infatti, l’unica, tra le principali regioni esportatrici italiane, a registrare una flessione delle proprie esportazioni. Una situazione già complessa a cui andranno ad aggiungersi nella prima metà del 2020 le conseguenze provocate dalla diffusione del Covid-19.
Complessivamente nel 2019 il valore delle esportazioni piemontesi si è attestato a 46,6 miliardi di euro, registrando una contrazione del 3,5% rispetto al 2018. Sul fronte delle importazioni il 2019 ha registrato una flessione del 4,0% rispetto all’anno precedente; il valore dell’import piemontese di merci è sceso a 32,5 miliardi di euro. Il saldo della bilancia commerciale, pari a 14,1 miliardi di euro, è rimasto, dunque, di segno positivo, in diminuzione però rispetto all’anno precedente, quando si attestava a 14,3 miliardi.
Il risultato evidenziato dal Piemonte nel corso del 2019 è stato nettamente peggiore rispetto a quello medio nazionale. Le esportazioni italiane hanno registrato, infatti, una crescita del 2,3% rispetto all’anno precedente.
Nonostante la performance negativa il Piemonte si è confermato anche nel 2019 la quarta regione esportatrice, con una quota del 9,8% delle esportazioni complessive nazionali, dato più basso rispetto al 2018 (10,4%) e al 2017 (10,7%).
Fonte: Unioncamere Piemonte su dati Istat
Il dato negativo registrato dal commercio estero piemontese ha risentito soprattutto del calo delle vendite evidenziato dal comparto dei mezzi di trasporto, che con una quota del 17,8% sul totale dell’export regionale e una variazione negativa a doppia cifra (-16,1%), ha impattato pesantemente sul risultato complessivo. All’interno dei mezzi di trasporto il dato più preoccupante è stato registrato dagli autoveicoli (-35,6%), seguiti aeromobili (-8,0%), negative, anche se in misura minore, le variazioni dell’export di Locomotive e di materiale rotabile ferro-tranviario (-3,6%) e della componentistica autoveicolare (-3,0%). In controtendenza la nautica, che registra un incremento delle vendite oltre confine del 10,7%.
Decisamente negativa è risultata la dinamica esibita dal comparto dei metalli, che ha segnato una flessione del 6,2%. In calo anche le esportazioni di prodotti della gomma plastica (-1,6%).
La meccanica, diventato a causa del calo dei mezzi di trasporto il primo comparto dell’export piemontese, ha evidenziato una sostanziale stabilità delle vendite all’estero (-0,5%). I prodotti del tessile-abbigliamento, che si collocano in quarta posizione con una quota del 7,7% dell’export regionale, hanno segnato una variazione nulla rispetto al 2018 (+0,0%), frutto di un calo dell’export prodotti tessili e di una crescita delle esportazioni di abbigliamento.
L’unico risultato positivo è stato quello che ha caratterizzato il comparto alimentare che ha visto un incremento delle vendite di prodotti oltre confine del 9,3%.
L’Ue 28, verso cui è diretto il 60,0% dell’export regionale, contro il 40,0% destinato ai mercati extra-Ue 28, si è confermato anche nel 2019 il mercato di riferimento delle esportazioni piemontesi. La performance dell’export piemontese verso i mercati comunitari è risultata complessivamente negativa, calando del 1,6% rispetto all’anno precedente.
Il risultato è dovuto principalmente al trend registrato dalle esportazioni piemontesi verso la Germania (-4,9%%), secondo mercato per le vendite all’estero della regione. Una sostanziale stabilità è stata registrata dall’export verso la Francia (-0,1%), primo mercato di riferimento. Le vendite verso il Regno Unito sono diminuite del 3,3% e quelle dirette in Spagna hanno segnato una flessione del 4,3%.
Le vendite piemontesi dirette ai Paesi extra-Ue 28 hanno mostrato, nel corso del 2019, un trend maggiormente preoccupante, registrando un calo del 6,2% rispetto all’anno precedente. Su questo risultato hanno influito positivamente le dinamiche evidenziate verso il mercato svizzero (-8,9%), quello cinese (-15,7%), il pesante calo verso la Turchia (-27,3%) e la flessione verso il Brasile (-3,2%). Restano positive le vendite di prodotti piemontesi diretti negli Stati uniti (+2,5%), accompagnate in questo trend dall’export verso Giappone (+2,5%) e Hong Kong (+3,8%).
Il 2020
Allargando lo sguardo al 2020 va sottolineato come la frattura prodotta dall’emergenza Covid-19 sia stata repentina e profonda e abbia toccato tutti i tasselli dell’equilibrio socio economico precedente. Dalla fine di febbraio l’emergenza si è progressivamente manifestata su tutto il territorio italiano. Provocando ricadute su gran parte delle attività produttive e sui consumatori.
I primi dati a consuntivo relativi al territorio piemontese mostrano come, nel periodo gennaio-marzo 2020, la produzione industriale piemontese abbia registrato un crollo del -5,7% sull’analogo periodo dell’anno precedente. L’indicatore aveva già evidenziato un graduale indebolimento, la pandemia di Covid-19, sebbene iniziata solo a metà del trimestre in esame, ha aggravato ulteriormente le criticità presenti, impattando in maniera violenta sul comparto manifatturiero regionale.
Il calo della produzione industriale si è associato all’andamento negativo evidenziato da tutti gli altri principali indicatori. Gli ordinativi hanno frenato del 5,9% sul mercato interno e del 2,6% sul mercato estero. La flessione del fatturato totale si è attestata al 4,8%, la componente estera è scesa del 2,9%. Il grado di utilizzo degli impianti è diminuito di 10 punti rispetto all’analogo periodo del 2019.
A livello settoriale, fatta eccezione per il comparto alimentare, che ha mostrato una sostanziale stabilità (+0,1%), tutti i principali comparti della manifattura regionale hanno evidenziato cali significativi. Il fermo delle attività produttive non ha guardato alla dimensione aziendale, tutte le classi dimensionali hanno, infatti, mostrato un calo della produzione, che è risultato più accentuato per le micro e le grandi imprese.
Anche la dinamica delle esportazioni, nel primo trimestre 2020, è stata pesantemente condizionata dagli effetti indotti dall'emergenza Covid-19. La flessione manifestata dalle esportazioni della nostra regione (-5,8%) è risulta più pesante rispetto a quanto avvenuto a livello complessivo nazionale, realtà per la quale il valore dell’export ha segnato un calo del 1,9% rispetto al periodo gennaio-marzo 2019.
Nel I trimestre del 2020 tutti i comparti di specializzazione delle esportazioni regionali, ad eccezione di quello alimentare, hanno evidenziato performance fortemente negative. La meccanica, primo settore per le esportazioni regionali, ha subito un calo delle vendite oltre confine del 10,6%. L’Automotive ha segnato un battuta d’arresto ancora più evidente: le esportazioni sono diminuite del 12,7%. Un calo a doppia cifra ha riguardato anche il comparto dei metalli (-14,7%). Il tessile ha ridotto le esportazioni del 7,6%; un calo meno intenso ha caratterizzato la gomma-plastica (-4,6%) e la chimica (-0,7%). L’industria alimentare e delle bevande, in netta controtendenza, ha mostrato una crescita delle vendite all’estero del 11,3%.
Complessivamente le esportazioni verso i mercati comunitari sono diminuite del 4,0% rispetto allo stesso trimestre del 2019. I più importanti mercati dell’area per le merci piemontesi si confermano quello francese e quello tedesco, con quote rispettivamente pari a 14,5% e 13,9%. La Francia ha evidenziato una flessione del 4,0%, peggiore è stato l’andamento delle vendite nel mercato tedesco, calate del 8,2%. La diminuzione delle esportazioni verso la Spagna è risultata ancora più intensa, raggiungendo la doppia cifra (-10,2%).
Le esportazioni verso i Paesi extra-Ue 28 hanno registrato una flessione di intensità doppia (-8,0%) rispetto a quella evidenziata per l’area comunitaria. Al calo del 13,7% delle vendite verso gli USA segue la flessione del 11,7% registrata verso la Gran Bretagna. Molto pesante la battuta d’arresto sul mercato svizzero (-26,5%) e su quello cinese (-19,7%). In crescita solo Turchia e Corea del sud.
Dai primi dati del 2020 emerge, quindi, chiaramente come il 2019 verrà ricordato come l’ultimo anno prima del grande cambiamento indotto dalla Pandemia di Covid-19. L’impatto dirompente delle necessarie misure di contenimento della crisi sanitaria imposte dai vari Paesi hanno, infatti, generato una recessione globale senza precedenti, rispetto alla quale gli scenari risultano ancora molto incerti in merito alle tempistiche e all’intensità della di ripresa. L’unica certezza è che gli equilibri socio economici non saranno più gli stessi.