Cosa ci insegna l’esperienza dei Programmi Territoriali Integrati 2007-14

    di Massimiliano Granceri Bradaschia (Collaboratore di IRES Piemonte, Ricercatore IUAV, Co-lecturer Politecnico di Torino)

    I Programmi Territoriali Integrati (PTI), insieme all’iniziativa del programma LEADER dell’UE, costituiscono per alcuni aspetti la versione più matura degli strumenti di programmazione territoriale di area sovracomunale promossi in Regione Piemonte negli ultimi decenni. Costruiti alla fine del periodo della programmazione comunitaria 2000-2006 attraverso due anni di intensa concertazione e diventati operativi grazie ai finanziamenti dei fondi FSC, ex FAS, nel periodo 2007-2013, i PTI hanno affrontato un percorso complesso e travagliato.

    Oltre a fronteggiare un disordine normativo (i.e. la riforma del governo territoriale con la legge Delrio), i PTI hanno subìto un rallentamento critico per via della crisi economica del 2008, che ne ha condizionato il percorso implementativo. Di fatto i tempi di attuazione si sono dilatati, con gli accordi approvati tra il 2013 e dicembre 2015 e con la conclusione dell’esperienza nel 2021.

    Inoltre, in sintonia con il Documento Programmatico Strategico Operativo (DPSO) del 2005, base di partenza per il Piano Territoriale Regionale (PTR) adottato nel 2011, i PTI hanno svolto il ruolo di apripista per un rinnovamento della pianificazione del territorio piemontese, il quale è stato articolato dentro il PTR in 33 Ambiti di Integrazione Territoriale (AIT). Tale approccio, fondato sulla necessità di partire dai sistemi locali territoriali (SLoT) elaborati dal gruppo di ricerca del Prof. Dematteis (che interviene in questo numero), aveva l’ambizione di sfidare le logiche rigide dei confini municipali per favorire il nuovo paradigma delle reti di prossimità dei Comuni entro ambiti geo-economici più aderenti alla realtà ma anche più radicati su territori storicamente riconoscibili.

    Al netto dei vari “terremoti” economici e normativi l’esperienza di programmazione integrata ha comunque apportato benefici e progressi alla governance territoriale in Regione Piemonte con alcuni PTI da considerarsi delle “Buone pratiche” per la qualità e sostenibilità dei progetti implementati e per la costruzione di capacità amministrative e istituzionali nella pianificazione dell’area vasta.

    I PTI. Una sfida ambiziosa pan-regionale durata 4 legislature

    I PTI avevano il compito di stimolare l’integrazione tra vari strumenti, a partire dal PTR, la cui sfida era “mettere a sistema il policentrismo emergente, includendovi i settori, gli attori, i territori, il sistema del credito” (Conti 2009). A fare sia da cappello teorico che da obiettivo generale è stato il concetto di Sviluppo Locale, il quale abbracciava uno spettro vasto di tematiche (es. Ambiente, Energia, Infrastrutture, Turismo, Inclusione sociale) e infatti i PTI erano “destinati a promuovere lo sviluppo del territorio sotto il profilo economico, ambientale, culturale e sociale[1].

    Il percorso che ha condotto all’approvazione dei PTI si è poggiato su un’intensa attività di concertazione tra la sfera politica e tecnica regionale e tra queste e i governi locali, talora accompagnato dalla mediazione delle Province. L’iter procedurale, comprensivo della fase dell‘elaborazione dei 34 dossier di candidatura e, dopo la prima selezione, della fase di redazione dei 30 programmi operativi, è durato due anni ed ha prodotto nel complesso 1.027 progetti specifici che miravano a diverse finalità:

    • la valorizzazione dei circuiti del turismo culturale e naturalistico
    • la riqualificazione urbana e il recupero architettonico
    • il miglioramento delle politiche energetiche (fotovoltaico, filiera bosco-legno e risparmio energetico del patrimonio pubblico)
    • il miglioramento del tessuto produttivo piemontese
    • il miglioramento della viabilità e dei trasporti
    • la promozione di interventi di assistenza e inclusione sociale

     

    I 30 PTI coinvolgevano in origine più di mille Comuni, che si estendevano geograficamente fino a ricoprire il 90% dell’intero territorio regionale (Fig.1) e prevedevano un finanziamento pubblico di 142 milioni di euro.

    Uno degli obiettivi sottesi all’attivazione dei PTI risiedeva anche nello stimolare queste specifiche aggregazioni territoriali nell’ottica che il «Comune forte aiuta i meno forti o meno abbienti» o che i «Comuni dello stesso livello si organizzano e fanno squadra» (IRES, 2021).

    Interessanti i 3 PTI che trascendono i confini provinciali e che racchiudono aggregazioni a cavallo tra più Province:  “AIRPLUS PIANURA” e “La Marca tra TO e CN e “Terra di Mezzo” tra VC, BI e NO.

    Unici, invece, i casi a mono-Comune, ossia i due PTI della Città di Torino, alla quale è stata concessa la possibilità di candidarsi da sola. Probabilmente un’occasione persa per collaborare tra Torino e i Comuni della prima cintura urbana torinese e rafforzare le reti di prossimità del centro della Città metropolitana.

     

    Figura 1. PTI e portata geografica iniziale (2007)

    Fonte: Rapporto IRES 2021

    Le crisi, quella economica globale del 2008 e quella dei debiti sovrani del 2011, assieme al progressivo indebolimento delle Province (elemento di raccordo tra Regione e Comuni), hanno poi stravolto i contenuti e il parco-progetto dei PTI: i Comuni che non hanno ritirato la loro adesione, anche a seguito delle chiusure emerse dai loro potenziali co-finanziatori privati, hanno però ridotto il numero di interventi. A partire dal 2013, quasi cinque anni dopo la loro originaria formulazione, i PTI hanno finalmente ripreso quota e per ognuno è stato sottoscritto un apposito Accordo di Programma; tale operazione si è conclusa nel 2015, per un totale di 29 Accordi di Programma[2] (Facco, in Informa IRES 2016).

    In ragione del calo delle risorse finanziarie, da 140M€ a 54M€ circa, nel corso di questa fase si è giunti ad una riduzione drastica degli interventi, che sono passati da 1027 a 325, e a un significativo ridimensionamento delle coalizioni, che sono passate dal 90% del territorio coinvolto al 50% (vedi Fig. 2) – e da 1.027 a 481 Comuni.

     

    Figura 2. PTI e portata geografica finale (post 2015)

    Fonte: Rapporto IRES 2021

    Per quanto riguarda la tipologia dei progetti inseriti nei programmi approvati, i 325 interventi hanno riguardato per lo più (circa 90% dei casi) opere e realizzazioni di tipo edilizio (135 interventi) e urbanistico (102 interventi), con una sessantina di interventi riguardanti infrastrutture e riqualificazioni ambientali in ambito forestale-rurale. Tra questi è importante sottolineare l’unico intervento del PTI “Porta Sud Metropolitana”[3], riguardante il retrofit dell’infrastruttura internet ed implementazione della banda larga, e gli interventi di riqualificazione dell’ex sedime ferroviario dei territori del PTI “AIRPLUS PIANURA”[4], in favore di nuove piste ciclo-pedonali. Questi progetti sono stati riconosciuti come buone pratiche anche a livello extra-regionale per la qualità e l’efficienza dell’intervento assieme all’agilità della governance. Il caso del PTI di Moncalieri ha fatto scuola grazie a un accorgimento tecnologico che ha ridotto del 90% il potenziale costo; in questo caso il ritardo nella firma degli accordi ha giocato a favore del PTI per via del progresso tecnologico nel settore delle telecomunicazioni occorso dal 2005 al 2015.

    Per ciò che concerne invece le dinamiche e gli aggiustamenti delle aggregazioni territoriali:

    • 19 PTI hanno subìto delle modificazioni sostanziali: 6 dimezzandosi, 12 frammentandosi e uno contraendosi e passando da 38 Comuni (PTI 2008) a soli 2 Comuni (PTI 2015);
    • Invece, 4 PTI hanno perso pochi Comuni e 6 hanno tenuto salda la coalizione, sebbene in qualche caso solo formalmente.

     

    In termini di tenuta della coalizione e di continuità del ruolo di Capofila, vale la pena citare ancora i PTI “AIRPLUS PIANURA” e “Porta Sud Metropolitana” con i rispettivi Comuni capofila, Villafranca Piemonte e Moncalieri che attraverso una governance forse, per qualcuno, un po’ “accentratrice” hanno permesso di portare a termine con successo gli interventi programmati. Per ciò che concerne la crescita di capacità amministrative e istituzionali, il già citato PTI “Porta Sud Metropolitana” e il PTI “Cultura del Territorio”[5] del saluzzese, sono stati in grado di costruire, sulla base delle esperienze di programmazione, una visione unitaria e collegiale di pianificazione d’area vasta dei rispettivi territori.

     

    Conclusioni

    Nello specifico dei casi, alcuni PTI hanno dimostrato un buon livello di efficacia costruendo, là dove hanno funzionato, coalizioni solide e migliorando le proprie capacità amministrative e istituzionali. I PTI che hanno avuto successo si caratterizzano per alcuni tratti, spesso comuni:

    • l’esistenza di una governance già consolidata in esperienze precedenti di reti di relazioni,
    • l’importanza della consuetudine nel programmare e pianificare il territorio che ha favorito il successo della progettualità intercomunale e d’area vasta,
    • la presenza di continuità territoriale della coalizione,
    • il ruolo del capofila che, delegato dai Comuni dell’aggregazione, ha accentrato gli oneri di gestione del programma e, in alcuni casi, ha anche svolto efficacemente l’attività di rendicontazione,
    • la presenza di interventi e opere di natura infrastrutturale quale progettualità condivisa e territorializzante. Le infrastrutture hanno infatti facilitato e implementato, anche fisicamente, le reti di relazioni territoriali già presenti e operanti.

    Insieme a queste buone pratiche da reiterare nelle future programmazioni territoriali integrate, l’esperienza dei PTI è stata caratterizzata anche da alcune carenze che evidenziano spazi e opportunità di miglioramento. Occorre:

    • un maggior coordinamento tra Direzioni e Settori regionali.

    La riduzione dei fondi assieme alla poca attenzione rivolta dalle politiche settoriali verso le coalizioni dei PTI ha contribuito molto alla defezione delle coalizioni e degli stakeholder privati, che erano inizialmente pronti a partecipare e co-finanziare gli interventi. In vista della prossima stagione programmatoria 2021-2017, nell’ipotesi di un rilancio di tali strumenti, si raccomanda un maggior coordinamento orizzontale con le Direzioni e i Settori regionali che governano tematismi affini, al fine di costruire una mission e una vision comune d’azione e di rilancio dei sistemi locali territoriali.

     

    • costruire una visione strategica per un orizzonte operativo medio-lungo, di 3 settennati comunitari.

    Dal punto di vista dell’orizzonte temporale, i PTI oltre ad aver sofferto della crisi economica hanno dovuto fronteggiare un drastico calo d’interesse nei riguardi degli strumenti di programmazione integrata occorsa nell’ultima decade. Questi strumenti, visto lo sforzo continuo e l’attenzione particolare che richiedono soprattutto nella fase iniziale di costruzione delle aggregazioni e degli interventi, andrebbero collocati dentro un orizzonte temporale più ampio, di medio-lungo periodo (3 stagioni di programmazione comunitaria), come dimostrano i casi di successo di alcuni PTI e le esperienze in Piemonte dei programmi LEADER (vedi articolo dedicato). All’interno di questo orizzonte temporale, la governance istituzionale regionale deve prevedere strumenti di integrazione e rinnovamento degli attori locali in modo che non si creino chiusure di potere e privilegi dei gruppi di azione e progettazione locale.

     

    • una portata territoriale regionale che equilibri gli interventi per una maggior efficacia: programmare i territori della pianura urbana e rurale.

    Un altro punto critico dei PTI è stato il dimezzamento della portata geografica degli stessi rispetto a quanto impostato inizialmente (dimensione pan-regionale). Visti i costi operativi in termini politici-amministrativi e decisionali che questi strumenti comportano e in ragione di una programmazione più integrata tra la fase iniziale e la fase attuativa, si potrebbe pensare a questi strumenti, in uno scenario di territorializzazione minimale dello sviluppo locale, orientati soprattutto a colmare il deficit nelle aree del territorio regionale non coperte da interventi simili. Potrebbero cioè essere introdotti nelle aree non coperte dalla presenza dei gruppi d’azione LEADER, nelle aree montane non coperte dall’impiego degli Interventi territoriali integrati della Strategia nazionale aree interne (le 4 aree interne montane Valle d’Ossola, Valli di Lanzo, Valli Maira e Grana, Valle Bormida, vedi articolo dedicato), nelle aree di pianura non toccate da interventi specifici dedicati. 

     

    • pianificare e programmare nell’ottica dell’area vasta attraverso gli AIT e l’approccio delle functional areas.

    La necessità di risolvere le sfide di riduzione dell’(ab)uso del suolo, dei fenomeni di urbanizzazione e sprawl urbano e di valorizzazione degli insediamenti rurali, e la necessità di predisporre di strumenti di policy integration per affrontare tematiche trasversali (es. rifiuti, gestione acque, abitazioni e social housing, rischi ambientali e climatici) alla scala d’area vasta e di aree funzionali, si raccomanda l’impiego di strumenti simili ai PTI nella programmazione dei sistemi locali territoriali, in primis gli AIT, su cui far convergere nel tempo le politiche intercomunali.

     

    • colmare il vuoto degli organismi intermedi ed attivare il ruolo gli enti di ricerca in quanto pivot tecnico-conoscitivi tra Regione e governi locali.

    Un ulteriore suggestione riguarda le informazioni e la produzione di conoscenza al fine di costruire coesione territoriale tra gli stakeholder. In tal senso un ruolo importante può anche essere fornito da tutti quegli attori che si occupano o che collaborano col settore della ricerca, come per esempio Istituti di Ricerca, Università, Spin-off universitari, Fondazioni, Centri studi, e simili. Visto l’ancora attuale vuoto istituzionale degli organismi intermedi, le Province, e la necessità di colmarlo in funzione di processi decisionali e gestionali più efficienti ed efficaci tra Regione e governi locali, si raccomanda l’inclusione di questi attori della ricerca accademica come enti di supporto continuo alla gestione tecnico-conoscitiva delle programmazioni territoriali d’area vasta.

     

     

    Bibliografia

    Conti, S., 2009, Territorial policies, strategies, scenario in the UE. Reflections from the case of Piedmont in Italy. In European metropolitan regions and areas - International congress (p. 21). Santiago del Chile

    IRES Piemonte, 2016, Sviluppo locale e politiche regionali (Informaires No. 49). Torino

    IRES Piemonte, 2021, I Programmi Territoriali Integrati in Piemonte. Rapporto finale, IRES, Torino,

    https://www.regione.piemonte.it/web/sites/default/files/media/documenti/2021-12/report_pti_nov_2021.pdf

     

     

    Parole chiave: Sviluppo Locale, Governance, Policy integration

     

    [1] Dal Bando di Regione Piemonte per concorrere alla fase istruttoria dei PTI, 2005

    [2] I due PTI della Città di Torino sono uniti in un medesimo accordo

    [3] Comune capofila Moncalieri delegato dai Comuni di Nichelino, Trofarello e La Loggia. Intervento costato più di 1 milione di euro – per maggiori informazioni:

     https://www.comune.moncalieri.to.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1076

    [4] Comune capofila Villafranca Piemonte delegato da 11 Comuni (Cavallerleone, Piscina, Ruffia, Cardè, Scalenghe, Murello, Casalgrasso, Buriasco, Cavour, Pancalieri e None) e coadiuvato dalla Città Metropolitana di Torino e dall’Ente Parco Monviso. Qui il programma operativo originario (2008):

    https://www.comune.villafrancapiemonte.to.it/cgi-bin/cmsdocumenti/0428201615388_COMUNE_DI_VILLAFRANCA_PIEMONTE.pdf

     

    [5] Comune capofila Saluzzo

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