di Gianfranco Pomatto, Luigi Nava e Samuele Poy (IRES Piemonte)
Il Buono per servizi al lavoro è una misura di politica attiva del lavoro della Regione Piemonte, avviata nel 2016 e finanziata dal Fondo Sociale Europeo 2014-2020. L’intervento prevede l’erogazione ai destinatari di un insieme di servizi di politica attiva del lavoro da parte di operatori accreditati, for profit (agenzie per il lavoro) e non profit (agenzie formative, cooperative sociali e altri soggetti del terzo settore), e un’attività informativa da parte dei Centri per l’impiego pubblici.
Ciascun destinatario è titolare di un Piano di Azione Individuale che comprende una o più azioni: di orientamento, di ricerca attiva del lavoro, inserimenti in impresa attraverso tirocini o contratti a tempo determinato fino a 6 mesi accompagnati da un tutor, avviamenti al lavoro attraverso contratti a tempo determinato superiori ai 6 mesi o a tempo indeterminato.
Il contenuto e la durata delle azioni è specificamente declinata in rapporto a quattro diversi gruppi di disoccupati: disoccupati da meno di 6 mesi, disoccupati da almeno 6 mesi, disoccupati con particolari condizioni di svantaggio sociale, disoccupati con disabilità.
In questo articolo presentiamo i principali risultati dell’attività di valutazione, svolta tra il 2017 e il 2022, del Buono per disoccupati da almeno 6 mesi. La valutazione ha fatto ricorso a metodi qualitativi e quantitativi al fine di analizzare il processo di attuazione, stimare gli effetti occupazionali e identificare i meccanismi che li hanno determinati.
Il primo paragrafo è dedicato ai principali esiti dell’analisi di attuazione basata su di un piano di interviste in profondità che ha coinvolto oltre 60 soggetti attuatori. Il secondo paragrafo presenta gli effetti occupazionali della misura stimati sulla base di una specifica tecnica controfattuale, che cioè confronta la condizione occupazionale di un gruppo di destinatari del Buono con un gruppo di controllo composto da soggetti con le stesse caratteristiche socio-demografiche e di storia lavorativa pregressa, ma che non hanno usufruito del Buono. Il terzo paragrafo identifica i meccanismi che nei contesti indagati si sono attivati e che sono in grado di spiegare gli effetti occupazionali sulla base dello studio in profondità di una quindicina di casi di utilizzo del Buono servizi ciascuno dei quali è stato condotto triangolando le informazioni ottenute attraverso interviste in profondità rivolte agli utenti, agli orientatori che li hanno seguiti durante il percorso di politica attiva del lavoro e ai referenti delle aziende presso cui sono stati inseriti con tirocinio o con contratti di lavoro a tempo determinato. Il paragrafo conclusivo delinea alcune riflessioni di sintesi a partire dalle acquisizioni emergenti dalle attività di valutazione.
Tre varianti nel processo di attuazione
L’analisi ha evidenziato che il Buono per servizi al lavoro si è concretizzato in tre principali varianti.
La gran parte dei destinatari (circa i tre quarti) ha svolto attività di orientamento associate ad attività di ricerca attiva del lavoro (prima variante). La rimanente quota di destinatari ha ottenuto oltre al servizio di orientamento e di ricerca attiva del lavoro un inserimento in tirocinio (seconda variante) oppure un inserimento lavorativo vero e proprio attraverso un contratto di lavoro (terza variante).
Le attività di orientamento sono state rivolte a tutti i beneficiari del Buono e sono state svolte in forma individuale, in piccoli gruppi o in forma mista (individuale/di gruppo). La scelta da parte degli enti attuatori di svolgere l’attività di orientamento in una di queste modalità è essenzialmente legata alla numerosità degli utenti e alle loro caratteristiche peculiari in merito alla storia lavorativa pregressa ed alle aspettative.
A differenza dell’orientamento che è stato rivolto ai destinatari in modo generalizzato, l’inserimento in azienda con il supporto di un tutor ha riguardato solo una minoranza di destinatari, pari a poco meno di 1 su 4. Complessivamente la quota di utenti inseriti in azienda non è differente tra le due principali categorie di soggetti attuatori (for profit e non profit): è in entrambi i casi mediamente il 23,3% dei destinatari (Tabella 1).
Una differenza più consistente riguarda invece la modalità utilizzata per favorire l’inserimento lavorativo. Gli enti for profit, cioè le agenzie per il lavoro private, hanno fatto in larga parte ricorso al contratto di lavoro (il 90,6% degli inserimenti), quasi sempre a contratti di lavoro a tempo determinato fino a 6 mesi e, in una quota molto limitata e pressoché trascurabile di casi, a contratti a tempo indeterminato. Nel caso invece delle agenzie formative e delle cooperative sociali, la modalità prevalente per favorire l’inserimento lavorativo è stata il tirocinio (il 58,9% degli inserimenti).
Tabella 1. Gli inserimenti in azienda
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Quota di destinatari inseriti in azienda |
Modalità di inserimento utilizzata |
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Contratto di lavoro |
Tirocinio |
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Attuatori for profit |
23,3% |
90,6% |
9,4% |
Attuatori non profit |
23,3% |
41,1% |
58,9% |
Fonte: nostra elaborazione dati di monitoraggio annualità 2016-2017 e 2021-2022.
Sembra dunque esserci una chiara correlazione tra la forma contrattuale utilizzata per l’inserimento lavorativo e il tipo di soggetto attuatore che, seppure in termini non esaustivi e sulla base delle informazioni disponibili, può essere spiegata alla luce di alcuni fattori.
Un primo fattore consiste nella possibilità delle agenzie per il lavoro private for profit di agire anche come agenzie di somministrazione di lavoro nei confronti delle aziende, stipulando direttamente con i partecipanti al Buono contratti di lavoro. Si tratta di una modalità che è preclusa alle altre organizzazioni, e che ottiene un significativo gradimento da parte delle aziende che in questo modo sono sgravate dalla contrattualizzazione diretta con i destinatari.
Ulteriori fattori esplicativi sono poi riconducibili al diverso radicamento dei soggetti attuatori nel tessuto economico regionale e alle differenze in ingresso tra i destinatari delle politiche attive dei diversi soggetti attuatori.
I soggetti titolati all’erogazione dei servizi utili per l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro dispongono di un patrimonio di relazioni con il tessuto produttivo locale che è parzialmente differenziato; in linea generale i soggetti del terzo settore possono far leva su di un radicamento minore rispetto alle agenzie per il lavoro di natura privata nei settori produttivi a più alto valore aggiunto (dall’industria, al terziario avanzato), mentre hanno relazioni più estese in ambiti di rilevanza sociale (come ad esempio il settore dei servizi alla persona e alla comunità), ma più deboli sotto il profilo economico e, verosimilmente, anche della cosiddetta capacità assunzionale. É quindi ragionevole ritenere che il diverso ricorso al contratto di lavoro come modalità di inserimento in azienda sia frutto anche di alcune differenze strutturali nel tessuto di relazioni a disposizione dei diversi soggetti attuatori.
ll minore ricorso al contratto di lavoro rispetto al tirocinio potrebbe poi legarsi anche al profilo dei destinatari che hanno usufruito del Buono per servizi al lavoro presso soggetti attuatori for profit rispetto ai destinatari dei soggetti attuatori for profit. Fra i primi vi è una quota superiore di circa 6 punti percentuali di donne (56,8% dei destinatari del non profit a fronte del 50,6% del profit) e di circa 2 punti percentuali di over 50 (25,3% dei destinatari del non profit a fronte del 23,5% dei destinatari del profit), mentre sono più limitate le differenze in merito alla quota di destinatari con basso o nessun titolo di studio (Tabella 2). Questi dati suggeriscono che il profilo dei destinatari che si rivolgono ai soggetti non profit sia un po’ diverso e con difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro maggiori rispetto ai destinatari dei soggetti for profit.
Tabella 2. Il profilo dei destinatari per tipo di soggetto attuatore
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Donne |
Licenza media, elementare o nessun titolo di studio |
Over 50 |
Attuatori for profit |
50,6% |
49,7% |
23,5% |
Attuatori non profit |
56,8% |
50,8% |
25,3% |
Media generale |
53,7% |
50,3% |
24,4% |
Fonte: nostra elaborazione dati di monitoraggio annualità 2016-2017 e 2021-2022
Gli effetti occupazionali
La valutazione degli effetti di carattere controfattuale, condotta sui destinatari del primo anno di attuazione (2017), dimostra che l’utilizzo del Buono per servizi al lavoro ha incrementato l’occupazione dei disoccupati da almeno sei mesi mediamente di 8,4 punti percentuali dopo 24 mesi (Figura 1).
L’incremento è stato molto consistente per il sottoinsieme dei destinatari che hanno usufruito di un inserimento con contratto di lavoro – 25,9 punti percentuali dopo due anni – o con tirocinio – 21,3 punti percentuali dopo 24 mesi (Figura 2).
L’effetto è più contenuto, ma comunque rilevabile, anche tra chi ha usufruito esclusivamente dei servizi di orientamento e di sostegno alla ricerca attiva del lavoro: circa 5 punti percentuali dopo 24 mesi (Figura 2).
Figura 1. L’effetto del Buono per servizi al lavoro sull’occupazione. Valori percentuali.
Fonte: nostra elaborazione a partire da dati della Regione Piemonte
Figura 2. L’effetto del Buono per servizi al lavoro sull’occupazione. Tipo di percorso. Valori percentuali
Fonte: nostra elaborazione a partire da dati della Regione Piemonte
Gli effetti sono parzialmente differenziati in rapporto alle caratteristiche socio-demografiche dei destinatari e alla loro storia professionale pregressa.
L’impatto occupazionale è positivo per tutte le fasce di età, ma relativamente meno ampio per le persone anagraficamente più mature. Tale tendenza si modifica almeno parzialmente nel più lungo periodo (in particolare nel caso dei tirocini e degli inserimenti diretti).
La percentuale di persone straniere coinvolte è limitata (circa il 15% del totale). Se si considerano solo i beneficiari delle azioni di orientamento e di attivazione l’effetto occupazionale è più ampio di circa 2 punti percentuali per le persone di origine straniera rispetto agli italiani. In relazione all’inserimento in tirocinio oppure con l’avviamento diretto al lavoro, invece, l’impatto occupazionale stimato è analogo per italiani e stranieri.
Per i partecipanti che hanno beneficiato delle sole azioni di orientamento e attivazione che hanno un titolo di studio elevato (laurea o più) si stimano effetti più bassi, prossimi allo zero. Il tipo di percorso risulta quindi poco efficace per le persone già molto istruite. Nel caso degli inserimenti lavorativi si rilevano invece esiti positivi, seppur minori rispetto ai beneficiari con altro titolo di studio (soprattutto nel più lungo periodo). Il risultato suggerisce che in questo caso il Buono abbia accelerato le assunzioni che verosimilmente si sarebbero comunque verificate seppure in un lasso di tempo maggiore. Il tirocinio si dimostra, invece, essere un dispositivo ugualmente efficace in considerazione dei diversi livelli di istruzione considerati.
Tra le caratteristiche che risultano essere associate alla diversa efficacia del programma vi è poi la durata della disoccupazione (valutata alla data di presa in carico): il dispositivo risulta complessivamente meno efficace per le persone con una disoccupazione di più lunga durata (2 anni e più) e per gli inoccupati (ossia per coloro che sono in cerca di prima occupazione).
Infine, l’impatto occupazionale è nel complesso più elevato se la presa in carico è a cura dei soggetti for profit. Tuttavia, come visto nel paragrafo precedente, gli utenti dei soggetti for profit si caratterizzano per migliori condizioni di partenza nel mercato del lavoro. Va peraltro sottolineato come, nel caso dei tirocini e, soprattutto, nel caso degli inserimenti diretti al lavoro è invece tra gli utenti dei soggetti non profit che si rilevano effetti occupazionali più elevati.
I meccanismi che spiegano gli effetti
Per capire meglio come a livello micro si producono o meno gli effetti occupazionali desiderati è stato condotto un approfondimento di carattere qualitativo basato su 15 casi di utilizzo del Buono per Servizi al lavoro. Questo approfondimento ha aperto la “scatola nera” del processo di attuazione della misura, permettendo di identificare tre fondamentali meccanismi che hanno favorito l’inserimento lavorativo dei destinatari.
Un primo meccanismo ha a che vedere con la capacità dell’agenzia per il lavoro a cui si è rivolto il destinatario di intercettare una domanda di lavoro adeguata alle sue competenze e alle sue disponibilità che in precedenza il destinatario stesso non era riuscito ad individuare. I casi evidenziano chiaramente che molto spesso la domanda di lavoro delle aziende viene espressa attraverso canali di carattere informale che si attivano con i soggetti con cui sono già presenti relazioni consolidate. La capacità dei soggetti attuatori di utilizzare le relazioni già in essere con le aziende del proprio territorio è una risorsa fondamentale per far emergere la domanda di lavoro ed è connessa al loro radicamento nei territori. Il meccanismo attivato è pertanto quello del recupero di una relazione – e più in particolare della fiducia costruita in passate relazioni – con le imprese del territorio.
Un secondo meccanismo è in grado di produrre un qualche tipo di cambiamento nel destinatario che ne rafforzi le capacità di orientarsi nel mondo del lavoro e di comportarsi in termini competenti e adeguati nel contesto lavorativo. I casi mettono in luce come il cambiamento che i destinatari affrontano possono riguardare vari aspetti: comportamenti, ad esempio i modi con cui effettuano la ricerca del lavoro o le aspettative che nutrono in merito al tipo di mansione e di contratto di lavoro; specifiche capacità, ad esempio utili ad affrontare un colloquio di lavoro o a tollerare fasi di particolare stress sul posto di lavoro; il modo di presentarsi.
Per stimolare questi cambiamenti ciò che è cruciale è la capacità dei soggetti attuatori di stabilire una relazione cooperativa con i destinatari facendo leva sia sulla reputazione professionale socialmente riconosciuta nel contesto locale che sulla empatia che sono in grado di esprimere nel corso dell’interazione: quando questa relazione non si attiva è molto improbabile che i cambiamenti richiamati possano effettivamente avere luogo. Il meccanismo qui descritto è quello dell’interazione cooperativa basata sul reciproco riconoscimento delle capacità possedute dai destinatari, da parte degli attuatori e del ruolo significativo che possono svolgere i professionisti nel percorso di collocazione lavorativa, da parte dei destinatari.
Un terzo meccanismo agisce sulle imprese e consiste nel certificare l’idoneità dei destinatari nei confronti delle imprese. Lo studio suggerisce che in rapporto a destinatari che possano essere facilmente oggetto di stigmatizzazioni negative, ad esempio in rapporto alla loro biografia è cruciale il meccanismo della certificazione della loro idoneità nei confronti delle imprese, garantita dai soggetti attuatori: questi ultimi, infatti, facendo leva su un pregresso rapporto di fiducia con le aziende agiscono nei confronti delle aziende come garanti della persona da inserire in azienda, pronti ad intervenire nel caso in cui si manifestassero problemi e incomprensioni.
Conclusione
Il Buono per servizi al lavoro si configura come una misura di impianto universalista, attuata ricorrendo ad una estesa platea di soggetti attuatori pubblici e privati presenti capillarmente sul territorio regionale. Gli effetti occupazionali sono complessivamente apprezzabili e in linea con le principali esperienze nazionali e internazionali, seppure siano parzialmente differenziati in funzione dell’incisività dell’intervento, delle caratteristiche degli utenti e del concreto comportamento dei soggetti attuatori (Card et al. 2018; Pomatto et al. 2021; Scarano, 2021).
La gran parte degli utenti, circa i tre quarti, ha usufruito di un intervento “leggero” imperniato sull’attività di orientamento e attivazione nella ricerca del lavoro, con un effetto occupazionale a 24 mesi di circa 5 punti percentuali.
La restante parte ha usufruito di un intervento più articolato che ha compreso anche l’inserimento in azienda attraverso un tirocinio o con un contratto di lavoro generalmente temporaneo: in entrambi i casi gli effetti occupazionali a 24 mesi sono consistenti, collocandosi tra circa 21 e circa 26 punti percentuali.
Gli effetti occupazionali non sono tuttavia uniformi per tutti i destinatari, ma sono più deboli per coloro in condizioni di partenza particolarmente problematiche o svantaggiate sul mercato del lavoro.
Allo stesso tempo è rilevante sottolineare l’importanza del contesto dell’attuazione: il radicamento territoriale dei soggetti attuatori e la loro capacità di intessere relazioni basate sulla cooperazione e sulla fiducia, sia con le imprese sia con gli utenti, risultano cruciali nel determinare o meno gli effetti occupazionali.
Bibliografia
Card D., Kluve J. e Weber A., (2018), What Works? A Meta Analysis of Recent Active Labor Market Program Evaluations, in «Journal of the European Economic Association, 16 (3), pp. 894-931.
Pomatto G., Poy S. e Aimo N., (2021), Politiche attive del lavoro ed effetti occupazionali Il caso del Buono per servizi al lavoro della Regione Piemonte, in «Rivista Italiana di Politiche Pubbliche», 16(2), pp. 259-293.
Scarano G. (2021), Politiche attive del lavoro e servizi per l’impiego. Tra miti e riforme, Milano, Egea.
Per approfondimenti
Aimo N. e Nava L. (2022), L’attuazione del Buono servizi al lavoro per persone disoccupate. Il monitoraggio e i percorsi dei destinatari nell’edizione 2020, Contributo di ricerca 340/2022, IRES Piemonte,
https://www.ires.piemonte.it/images/valutazione/PubblicazioniValutaz/Lavoro/CR340_2022_BSL_2022.pdf
Poy S., (2020), Nuove evidenze sull’effetto occupazionale del Buono per servizi al lavoro. Target persone disoccupate da almeno 6 mesi, Contributo di ricerca 313/2020, IRES Piemonte, https://www.ires.piemonte.it/pubblicazioni_ires/CR_313_2020.pdf
Pomatto G., (2019), Buoni per servizi al lavoro nella Regione Piemonte: qualità percepita dai destinatari e meccanismi dell’attuazione, Contributo di ricerca 279/2019, IRES Piemonte, https://www.byterfly.eu/islandora/object/librib:957172/datastream/PDF/content/librib%20957172.pdf
Parole chiave: politiche attive del lavoro, valutazione FSE, effetti occupazionali