Le politiche di sostegno all’innovazione in Piemonte: l’esperienza di ierrequadro (IR2)

    di Salvatore Cominu, Paolo Saracco (Ires Piemonte)

    La misura Ierrequadro (IR2) ha rappresentato un’azione di sostegno all’innovazione delle imprese, attraverso il finanziamento dell’industrializzazione dei risultati della ricerca (da cui l’acronimo)[1], che affianca altre misure per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione (R&D&I) previste dal POR FESR 2014-2020 (es. Poli di innovazione, Piattaforme tecnologiche, Infrastrutture per la ricerca, ecc.). In specifico, la misura si proponeva di affrontare una delle criticità ricorrenti dei processi innovativi delle imprese, il persistente divario tra conoscenza generata dalle attività di R&D e sviluppo di beni e servizi proposti sul mercato;

    problema cui gergalmente ci si riferisce con la locuzione death valley della ricerca, che evidenzia come una parte rilevante delle attività di R&D non approdi a effettive innovazioni di prodotto o di processo utili per lo sviluppo delle imprese. Per il Piemonte è un tema di particolare rilievo, alla luce del contenuto “rendimento” degli investimenti in R&D&I, dunque del rapporto tra corrispondente spesa, tuttora al vertice nazionale, e le performance effettive del sistema produttivo, che segnala un disallineamento tra dotazioni (elevata quota di R&D privata e totale in rapporto al Pil, densità di operatori ICT, integrazione di soluzioni digitali nelle imprese, occupati nei settori knowledge-intensive) e funzionamenti del sistema produttivo. La misura IR2 ha inteso affrontare questa criticità sostenendo progetti di ricerca industriale relativamente prossimi al mercato, offrendo dunque supporto alla transizione dalle attività di R&D allo sviluppo effettivo e alla messa in produzione dei risultati da esse derivanti. È da sottolineare come, alla luce del positivo esito della policy, la misura è stata riproposta anche nel PO FESR 2021-2027.

     

    Caratteristiche essenziali della misura ed elementi innovativi

    Al programma era attribuito un significativo ammontare di risorse, circa 88 milioni di euro (pari al 9,1% del totale delle risorse del POR FESR), di cui 63,3 mln a valere sul canale regionale, 24,7 mln su quello ministeriale (“Fondo crescita sostenibile” gestito dal MISE)[2]. L’aiuto consisteva nella concessione di un contributo alla spesa in R&D&I entro il limite massimo di 10 mln per singolo progetto, funzionale all’avvio di nuove produzioni e/o sistemi di produzione di significativo impatto per il territorio. La misura presentava alcuni caratteri di innovatività rispetto alle policy per l’innovazione sperimentate nei precedenti periodi di programmazione:

    • la procedura di selezione con modalità “a sportello” (senza scadenza e ad esaurimento fondi) articolata in due fasi: l’invio preliminare di una manifestazione di interesse da parte del proponente e, previa valutazione positiva, la presentazione di un piano dettagliato e analitico. I progetti che superano la seconda fase erano ammessi al finanziamento;
    • il sostegno rivolto a investimenti del valore minimo di 5 mln (soglia in seguito ridotta a 3 mln) che finanziava, in quota del 30% circa, progetti nelle sei aree di specializzazione individuate dalla Strategia di specializzazione intelligente (S3) regionale;
    • l’intervento situato in fasi del ciclo innovativo successive a quelle convenzionalmente ritenute a “fallimento di mercato” (ricerca di base o corrispondente a un livello di maturità tecnologica non ancora sviluppato), a ridosso della produzione, in cui si ritiene normalmente che gli investimenti debbano essere direttamente sostenuti dagli attori di mercato;
    • la sperimentazione di una “misura ponte” tra i fondi FESR e FSE: i beneficiari del finanziamento erano infatti tenuti ad inserire nuovo personale mediante contratti di alto apprendistato;
    • il dialogo strutturato e la “divisione del lavoro” tra livello centrale e livello regionale, perché una parte del finanziamento proveniva dal MISE.

     

    L’analisi di attuazione: le imprese beneficiarie e i progetti finanziati

    La base empirica della ricerca valutativa, realizzata nel corso del 2018, è stata costruita attraverso lo studio della documentazione prodotta dalle imprese proponenti (progetti tecnici, business plan, ecc.), finalizzato ad approfondire la conoscenza dei programmi d’investimento e dei profili di impresa agevolati, e la realizzazione di interviste ai referenti delle stesse. L’attività, finalizzata alla verifica del buon utilizzo delle risorse destinate alla misura (in termini di efficacia e pertinenza), si è concentrata sull’analisi del contenuto effettivo dell’innovazione, dell’impatto atteso dai progetti, sui meccanismi attivati dalla misura presso le imprese, nonché sulle diagnosi circa l’effetto differenziale attribuibile alla misura (in altri termini, cosa sarebbe accaduto agli stessi progetti in assenza di finanziamento) e infine sull’impianto procedurale della misura.

    A fine aprile 2018 erano pervenute complessivamente 41 manifestazioni d’interesse, che avevano coinvolto 94 imprese (37 proponenti e 57 partner). Di queste, 18 erano state respinte, per assenza di requisiti formali o per rinuncia del proponente, 12 erano state ammesse a contributo, mentre altre due erano in fase avanzata di istruttoria. L’insieme degli investimenti collegati ai progetti ammontava ad oltre 100 milioni di Euro di investimenti, cui erano da sommare quelli corrispondenti alle quattro iniziative a valere sul canale di finanziamento nazionale, del valore di 150 milioni di Euro, in larga parte attribuibili alle due maggiori iniziative (di FCA-CRF e GE Avio). Nel corso del 2019, le risorse disponibili (88 milioni di euro) erano state esaurite e avevano mobilitato un investimento sul territorio di circa 300 milioni di euro.

    Tra i beneficiari risultavano prevalenti, in qualità di capofila, i) imprese di taglia intermedia, con elevato grado di indipendenza tecnologica, appartenenti a grandi gruppi multinazionali (considerando anche i progetti finanziati sul canale ministeriale, undici su diciotto) e ii) “multinazionali tascabili” piemontesi, con una sola eccezione imprese medio-grandi in espansione sui mercati esteri. I progetti ammessi a finanziamento apparivano relativamente concentrati in alcuni settori; con riferimento alle aree di specializzazione previste dalla S3, si osservava infatti un netto primato di progetti Automotive (nove) e in subordine della Meccatronica (tre); due afferivano all’area Made in Piemonte (Food e Tessile), un progetto ciascuna le aree Salute e benessere e Verde/Cleantech.

     

    L’impatto atteso

    I principali effetti attesi dalla realizzazione dei progetti finanziati insistevano sui seguenti campi.

    • Occupazione. Effetti diretti consistenti nell’inserimento di personale qualificata mediante contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca (ad aprile 2018 i contratti complessivamente attivati erano 124, con elevate probabilità di stabilizzazione); tutti i progetti, inoltre, prevedevano l’implementazione di nuove linee produttive con un’occupazione stimata, in base alle dichiarazioni fornite, di circa 500 unità di lavoro corrispondenti a occupati full time.
    • Rafforzamento delle strutture per l’innovazione delle imprese, con rafforzamento implicito delle relazioni con gli organismi di ricerca universitaria.
    • Ricadute sul sistema locale di fornitori. Quasi tutti i beneficiari hanno richiamato l’esistenza di fornitori, principalmente imprese di servizi avanzati, coinvolti nel progetto.
    • Moderati effetti di backshoring (rientro della produzione). Aspetto da non sovrastimare, ma alcuni progetti erano funzionali a internalizzare attività altrimenti destinate ad abbandonare il territorio o in precedenza realizzate all’estero.
    • Sinergie con altre iniziative di policy. L’inserimento di personale con contratti di apprendistato ha favorito il dialogo tra settori istituzionali afferenti, rispettivamente, al POR-FESR e al POR-FSE. Altrettanto significative le sinergie tra IR2 e le politiche per l’internazionalizzazione, poiché il programma, come si evidenzierà tra breve, ha costituito indirettamente un fattore di ancoraggio al territorio delle multinazionali coinvolte.

     

    Quale innovazione?

    I progetti d’innovazione sostenuti dalla misura erano accomunati da alcune riconoscibili traiettorie evolutive “trasversali” del sistema produttivo.

    • Digitalizzazione. Tutti i progetti incorporano un’elevata componente tecnologica, con forte concentrazione sulle “tecnologie abilitanti” individuate dal paradigma industry 4.0.
    • Sostenibilità. La seconda traiettoria insiste sulle produzioni sostenibili, che si ritrovano o come componente fondamentale del progetto o come sua implicazione qualificante.
    • Qualità. Tenuto conto che le imprese sono spesso leader tecnologici riconosciuti nelle rispettive aree, i progetti esprimono l’esigenza di mantenere o scalare ulteriormente tale posizionamento.
    • Sociale. La lettura in filigrana del contenuto dell’innovazione evidenzia che alcuni progetti incorporavano soluzioni per il benessere individuale o “prodotti-sistema” legati alla vita collettiva, come la decarbonizzazione, la gestione intelligente delle città, l’invenzione di nuove forme di mobilità e gestione dell’impatto antropico.

     

    Valutazioni sulla procedura

    Per quanto attiene alle concrete modalità attuative della policy, le opinioni delle imprese tendono nell’insieme verso una valutazione positiva. La circolazione delle informazioni è stata giudicata efficace, per quanto occorra considerare che quasi tutti i beneficiari avevano già fruito di misure regionali e disponevano di adeguati canali informativi. In qualche caso, il testo del bando ha generato alcuni problemi, legati ad una non corretta interpretazione di alcuni presupposti della misura. In larga parte gli intervistati hanno apprezzato l’impianto procedurale e hanno ritenuto utile la duplice fase negoziale, anzi, talvolta il ruolo dell’Autorità di gestione si è rivelato decisivo per un “riorientamento”e per una definizione “in corsa” di alcuni aspetti del progetto: in alcuni casi, le indicazioni fornite hanno indotto le imprese a modificarlo

     

    Un bersaglio centrato?

    Come è stata accolta la proposta IR2 dai beneficiari attesi? La misura ha fornito risposta ad una domanda effettivamente presente nel mondo produttivo? Era una policy “pertinente”? Un primo esito empiricamente osservabile è che il contributo ha “incrociato” la domanda di un nucleo relativamente ridotto ma molto qualificato del sistema produttivo regionale. Seconda evidenza, l’incentivo ha agevolato progetti di qualità e, in prospettiva, con ricadute industriali e occupazionali di rilievo, anche se naturalmente da verificare nel tempo. L’osservazione dei progetti e delle imprese proponenti ha permesso di individuare le quattro traiettorie/componenti trasversali prima descritte e sembra qualificare IR2 come una misura per alcuni versi “conservativa”; in grado, in altre parole, di accompagnare la transizione (digitale, sostenibile, ecc.) di alcune delle componenti più solide del tessuto industriale piemontese, favorendo nel contempo un più solido ancoraggio di multinazionali estere che negli scorsi anni hanno investito in Piemonte acquisendo imprese locali.

     

    Possibili criticità

    Preso atto dei risultati conseguiti, l’indagine ha individuato possibili criticità nella concentrazione dei beneficiari in pochi settori (automotive, macchine industriali), che potrebbe segnalare – implicitamente – come l’impianto della misura si riveli più adatto per alcuni profili d’impresa o traiettorie di innovazione. Per quale motivo, ad esempio, il numero di candidature (preso atto degli oggettivi vantaggi offerti dalla misura) da parte delle imprese del territorio è risultato nel complesso contenuto?

    Normalmente, una parte di spiegazione è in questi casi attribuita a possibili deficit informativi, ovvero alla complessità delle procedure, che disincentiverebbe quanti non dispongono di un’organizzazione sufficientemente strutturata per sostenere progetti (e procedure) comunque di una certa complessità. Forse è opportuno, però, ampliare il ventaglio delle ipotesi. La misura “scommetteva” infatti sull’effettiva presenza di investimenti in innovazione che necessitavano di essere accompagnati o “accelerati”. In breve, la platea dei beneficiari potenziali di IR2 poteva probabilmente essere, in Piemonte, più ampia di quella effettivamente intercettata. È lecito ipotizzare che il tessuto produttivo sia solo in parte ricettivo a questi stimoli? Oppure, le imprese che investono in innovazione preferiscono non vincolarsi a impegni formali come quelli previsti dalla procedura di IR2? Esistono sul “mercato” delle agevolazioni offerte comparativamente più vantaggiose?

     

    In quale senso IR2 “fa la differenza”?

    La ricerca ha fornito anche alcuni elementi, di natura qualitativa, preliminari ad una verifica degli effetti “differenziali” direttamente attribuibili alla misura. Il tipo di analisi svolta (focalizzata sulla fase attuativa) e le metodologie adottate non consentono naturalmente di fornire responsi analitici in ordine a questo tema, non aggirabile per qualsiasi ricerca orientata alla misurazione degli effetti delle policy. I materiali raccolti hanno tuttavia posto in luce alcune ricorrenze, che forniscono elementi congetturali utili anche ai fini della valutazione degli effetti, in virtù della focalizzazione orientata all’individuazione dei meccanismi di attuazione, ovvero alla “comprensione” del contesto imprenditoriale e delle interazioni che ne strutturano l’operatività.

    Sarebbe superfluo ricercare l’effetto differenziale attribuibile alla misura nello stimolo all’investimento in R&D&I poi finanziato, vista la natura della policy (che presuppone attività di ricerca a monte della fase agevolata) e considerato il carattere strategico dei progetti in esame, su cui le imprese erano in ogni caso ingaggiate. Del resto, solo una visione immaginifica dei processi che danno vita all’innovazione nelle imprese può attribuire alle policy effetti prometeici di leva della stessa. Per fortuna, i programmi di R&D sostenuti mediante IR2 erano già presenti nell’agenda delle imprese. L’impatto, come hanno argomentato i referenti delle imprese e come accade normalmente per le misure di sostegno all’innovazione ben disegnate, è consistito anzitutto nel duplice effetto di “accelerazione” e di “stabilizzazione” degli investimenti. Con due importanti “esternalità”: il rafforzamento delle strutture di ricerca e progettazione (con immediate ricadute occupazionali) e l’ulteriore radicamento delle imprese nella rete di legami, scambi conoscitivi, rapporti che formano l’ecosistema territoriale della conoscenza.

    Tutte o quasi le imprese hanno infatti riconosciuto l’impatto del contributo sulla consistenza dell’investimento e sui tempi di realizzazione. L’accelerazione dell’investimento non è un effetto secondario: arrivare in anticipo, in un’economia concorrenziale, è spesso determinante. Ciò che si è chiamata “stabilizzazione” dei progetti, inoltre, è un effetto la cui importanza si coglie solo focalizzando l’attenzione sul carattere non lineare di ogni percorso di R&D&I. Il rischio in grado di limitare l’impatto innovativo dei progetti è normalmente identificato nel possibile “fallimento tecnologico” del prodotto, che potrebbe rivelarsi non performante poiché non rispondente alle utilità effettivamente richieste dal mercato o potrebbe rendere meno di quanto costa. Un certo grado di fallimento nelle attività di ricerca è fisiologico: è infatti insito il rischio che proprio i risultati acquisiti dimostrino la non convenienza di alcune soluzioni. Altrettanto sovente, tuttavia, il gap tra risultati teorici e industrializzazione effettiva discende da fattori contingenti. Gli investimenti in ricerca sono sempre esposti a valutazioni rivedibili, all’allocazione annuale dei budget, al verificarsi inatteso di eventi, nonché al rischio di congiunture sfavorevoli che implicano un riorientamento delle priorità o un ridimensionamento degli impegni. Più intervistati individuano proprio nella formalizzazione dell’impegno a sviluppare il progetto per cui si è ottenuto il finanziamento uno dei principali effetti incentivanti della misura. In breve, questi progetti hanno tratto dal contributo un impulso in assenza del quale gli stessi (ancorché rientranti nelle strategie delle imprese) avrebbero trovato superiori difficoltà d’implementazione.

    L’altro grande effetto, non è chiaro quanto intenzionalmente ricercato in sede di progettazione della misura, è la rilevanza del contributo concesso ai fini di un posizionamento più solido delle sedi locali all’interno dei gruppi multinazionali di appartenenza, ovvero delle strutture dedicate alla R&D&I nelle imprese. Le imprese, soprattutto se pluri localizzate, multinazionali o transnazionali, non sono organizzazioni omogenee; in qualche misura le diverse strutture, divisioni, sedi territoriali, perseguono scopi in parte autonomi o sono tra loro in competizione. Come è emerso nel corso dell’indagine, per alcuni progetti il contributo è stato ritenuto decisivo per la localizzazione dell’investimento sul territorio piemontese o per favorirne una priorità realizzativa da parte della capogruppo. In questi casi è lecito affermare che l’investimento, in assenza di contributo, non avrebbe avuto luogo (in Piemonte).  

     

    Bibliografia

    Barella D., Cominu S., Ferrero F., Saracco P., (2019), IR2-Ierrequadro. Rapporto di valutazione 2019, Contributo di ricerca n.287/2019

    Ires Piemonte (2018), Relazione annuale sulla situazione economica, sociale e territoriale del Piemonte, Rapporto di ricerca.

     

    Per approfondimenti:

    Il rapporto di valutazione “IR2 – Ierrequadro. Rapporto di Valutazione (2019)”, a cura di Ires Piemonte, è disponibile su https://www.ires.piemonte.it/pubblicazioni_ires/CR_287-2019.pdf

     

    [1] L’articolo si basa sul lavoro “IR2 – Ierrequadro. Rapporto di Valutazione (2019)”, a cura di Ires Piemonte, disponibile su https://www.ires.piemonte.it/pubblicazioni_ires/CR_287-2019.pdf.

    [2] IR2 si integra con il “Fondo crescita sostenibile” gestito dal Ministero dello sviluppo economico (MISE), di cofinanziamento ai progetti selezionati da IR2, in caso di plurilocalizzazione regionale dell’investimento o di rilevanza nazionale del progetto proposto.

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