L’approccio LEADER, in pratica

    di Marco Adamo (IRES Piemonte)

    Nel variegato panorama delle politiche per lo sviluppo territoriale, l’approccio LEADER, acronimo per “Liason Entre Actions de Développement de l’Économie Rurale”, occupa un ruolo di primo piano in ragione della sua longevità e del volume di risorse ad esso destinate. LEADER può essere definito come un metodo di programmazione strategica per lo sviluppo locale di natura partecipativa (bottom up). È stato introdotto per la prima volta nel 1991 come Iniziativa Comunitaria finanziata dai Fondi strutturali europei. A partire dal suo quarto ciclo di implementazione (2007 – 2013) - anche grazie al rilancio delle teorie sullo sviluppo neo-endogeno[1] e del nuovo paradigma sullo sviluppo rurale caldeggiato dall’OCSE[2] - è stato integrato nei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), diventando così uno strumento utile al raggiungimento degli obiettivi generali dalla Politica Agricola Comunitaria, con particolare riferimento al progresso socio-economico dei territori rurali e allo sviluppo delle comunità locali.

    L’esperienza piemontese della Strategia Nazionale Aree Interne

    di Mario Gobello (Regione Piemonte)

    La Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) rappresenta la combinazione di azioni per lo sviluppo locale e di rafforzamento dei servizi essenziali di cittadinanza, finalizzata al rilancio di quelle aree del paese significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali ed in declino demografico, ma ricche di importanti risorse ambientali e culturali.Tale Strategia è attuata sia attraverso risorse statali, in ambito sanità, trasporti e istruzione, sia attraverso risorse cofinanziate dalla programmazione 2014-2020 Piano Sviluppo e Coesione, POR FSE e FEASR per quanto riguarda gli interventi di sviluppo locale.

    Cosa ci insegna l’esperienza dei Programmi Territoriali Integrati 2007-14

    di Massimiliano Granceri Bradaschia (Collaboratore di IRES Piemonte, Ricercatore IUAV, Co-lecturer Politecnico di Torino)

    I Programmi Territoriali Integrati (PTI), insieme all’iniziativa del programma LEADER dell’UE, costituiscono per alcuni aspetti la versione più matura degli strumenti di programmazione territoriale di area sovracomunale promossi in Regione Piemonte negli ultimi decenni. Costruiti alla fine del periodo della programmazione comunitaria 2000-2006 attraverso due anni di intensa concertazione e diventati operativi grazie ai finanziamenti dei fondi FSC, ex FAS, nel periodo 2007-2013, i PTI hanno affrontato un percorso complesso e travagliato.

    Verso la transizione ecologica: l’aggiornamento del Piano territoriale regionale

    di Guido Baschenis, Paola Ester Gastaldi e Giovanni Paludi (Regione Piemonte)

    La revisione del Piano territoriale regionale – avviata alla fine del 2020 e formalizzata con DGR 23 aprile 2021, n. 1-3116, con la quale è stato approvato il documento preliminare “Programmare e pianificare il territorio per il rilancio del Piemonte” –  si sta configurando come un aggiornamento più che come un rifacimento.

    Gli Ambiti Integrati Territoriali (AIT) per le Politiche del Piemonte.

    di Giuseppe Dematteis (Professore emerito, già ordinario di Geografia urbana e regionale nel Politecnico di Torino)

    Gli Ambiti di integrazione territoriale (AIT) vennero suggeriti all’assessore Sergio Conti e ai funzionari dell’ufficio competente[1] dai consulenti del Dipartimento Territorio del Politecnico di Torino (coordinati da chi scrive) e individuati poi in fase di elaborazione (2005-’06) del Piano Territoriale Regionale (PTR) approvato nel 2011. Gli AIT erano pensati come i “mattoni“ del PTR, che considerava tre livelli sub-regionali: quello dei “quadranti” (Nord-Est, Sud-Ovest, Sud-Est e Metropolitano), quello delle Province e, all’interno di esse, quello di 33 sistemi territoriali locali, detti appunto AIT.

    Editoriale: Come va il Piemonte 2021

    di Cristina Bargero e Fiorenzo Ferlaino

    Il consueto numero di Politiche Piemonte, dopo l’interruzione estiva, ‘Come va il Piemonte?’ (che aggiorna la dinamica congiunturale anno dopo anno) fa seguito al numero di giugno che ha trattato la situazione pandemica in Piemonte, i cambiamenti in atto e le risposte date, in breve “la resilienza regionale” nei settori più importanti interessati dal lockdown. Questo numero, si sofferma invece sulla dinamica economico-sociale e ambientale del 2020 e del primo semestre del 2021. Un’analisi quindi congiunturale che interessa più di un’intera annualità e due periodi, quello del lockdown, e quello del più recente rebounding, molto diversi tra loro.

    il New Normal in Piemonte

    A cura di Maurizio Maggi, Ires Piemonte

    Il 5 marzo 2020 il governo sospendeva in tutta Italia le attività didattiche al fine di contenere il contagio pandemico. È stata forse la prima misura a dare il senso della gravità dell’emergenza, sia per gli aspetti simbolici (tenere i figli a casa evoca un rischio letale) sia per quelli sostanziali (non ultimo l’impatto sulla vita dei genitori). Le dichiarazioni delle settimane seguenti, mentre la crisi peggiorava, evocavano un futuro dove nulla sarebbe stato come in passato: dalla mobilità alle abitudini di consumo, dal modo di lavorare a quello di spendere il tempo libero.

    Le Pressioni sull’ambiente in Piemonte

    A cura di Pina Nappi, Arpa Piemonte

    In questo articolo vengono descritte sinteticamente alcune pressioni esercitate sull’ambiente che causano modifiche allo stato delle componenti ambientali. Tali pressioni sono state analizzate in modo più esaustivo nella Relazione sullo Stato dell’Ambiente in Piemonte 2020 che Arpa redige annualmente insieme alla Regione Piemonte. La Relazione sullo Stato dell’Ambiente in Piemonte 2020 ha come obiettivo quello di diffondere informazioni corrette e puntuali, basate su dati oggettivi e solidi dal punto di vista tecnico-scientifico, con l’ottica della tutela e dell’uso corretto delle risorse, della prevenzione dell’inquinamento e di un significativo miglioramento della qualità ambientale. Lo sviluppo della conoscenza è fondamentale per i cittadini, i decisori politici e tutti i portatori di interesse, sia per superare la logica emergenziale sia per favorire una cultura della prevenzione.

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