di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Università di Torino) e Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Dipartimento di Culture, Politiche e Società, Università di Torino)
Introduzione
A livello europeo la ristorazione collettiva ha un fatturato di 24 miliardi di euro, impiega circa 600.000 addetti e fornisce 6 miliardi di pasti annuali. In Italia, nel 2010, il fatturato delle aziende della ristorazione collettiva risultava di 3.960 milioni di euro e vedeva una prevalenza del settore aziendale (1.377 milioni di euro) seguito da quello scolastico e socio sanitario (rispettivamente 1.175 e 1.128 milioni di euro).
Nel nostro paese il settore è caratterizzato da una minore concentrazione dell'offerta rispetto al resto dell'Europa occidentale: le quote di mercato dei primi quattro operatori raggiungono complessivamente il 31% del mercato, mentre in paesi come l'Olanda e la Francia si arriva a quote che superano l'80%.
La crescente attenzione verso l'alimentazione e le produzioni locali, così come il diffondersi di situazioni di criticità economica, sociale e ambientale, hanno posto nuove domande al settore della ristorazione collettiva e in particolare scolastica, che lo portano ad assumere un ruolo assai più complesso rispetto a quello istituzionale per cui è stato concepito e organizzato nel corso della sua evoluzione. Queste nuove istanze gravitano intorno al tema del cibo come oggetto avente rilevanti implicazioni sulla gestione dei processi produttivi e sulla creazione di valore, sulla vita delle comunità, sulla salute, sulla gestione ambientale e territoriale, sulle emissioni inquinanti, sulla produzione dei rifiuti e il contenimento degli sprechi. Se la diffusione dei prodotti biologici che ha contraddistinto il settore della ristorazione scolastica nell'ultimo decennio non sembra aver richiesto la necessità di mutamenti organizzativi del settore, l'introduzione dei prodotti locali pone interrogativi su come coniugare tali produzioni con una filiera pensata e organizzata per garantire la sicurezza igienico-alimentare e minimizzare i costi di produzione e transazione.
I prodotti locali nella ristorazione collettiva: vincoli e opportunità
L'indagine sulla filiera della ristorazione scolastica nella Provincia di Torino(1) di seguito illustrata, aveva l'obiettivo di rilevare la propensione e le motivazioni all'utilizzo dei prodotti locali da parte dei differenti attori e stakeholder della filiera, mettendo in luce i principali elementi di criticità esistenti per un incremento dell'utilizzo di tali prodotti(2).
Dall'analisi emerge come il "prodotto locale" sia un concetto divenuto ormai centrale nei discorsi, nelle rappresentazioni e nelle strategie degli attori intervistati, grazie alla molteplicità delle concezioni che lo caratterizzano e alla pluralità delle conseguenze e delle esternalità che possono derivare da un suo utilizzo più diffuso. La situazione di forte crisi economica costituisce uno dei principali elementi presenti nelle riflessioni che gravitano intorno al prodotto locale, che è considerato un utile strumento per sostenere le economie locali attraverso pratiche di acquisto orientate verso le aziende agricole del territorio. Le opportunità economiche derivanti dall'incremento dell'utilizzo dei prodotti locali possono generare rilevanti esternalità positive derivanti dalla permanenza o dal re-insediamento delle aziende agricole nei territori "marginali" che hanno subito importanti fenomeni di spopolamento e abbandono delle terre coltivate. Tali esternalità riguardano la salvaguardia e la tutela del paesaggio e del territorio e possono quindi essere ricondotte all'ampio dibattito sulla tutela dei "beni comuni". L'utilizzo delle materie prime locali per la ristorazione viene inoltre considerato un elemento utile alla tutela ambientale attraverso una riduzione delle emissioni derivanti dai trasporti. Molta importanza viene attribuita anche agli aspetti legati alla qualità del cibo, come la freschezza e le conseguenti migliori caratteristiche in termini sia organolettici che di contenuto nutrizionale che, secondo gli intervistati, è più probabile che siano garantite dai prodotti locali. Sui trasformati (soprattutto latticini) la richiesta di prodotti locali favorisce inoltre l'accesso nelle scuole di prodotti artigianali piuttosto che industriali, che possono innalzare il livello qualitativo dei prodotti. Anche in questo caso, secondo gli intervistati, le migliori caratteristiche organolettiche dovute ai metodi di produzione o trasformazione possano incrementare la qualità organolettica dei prodotti e quindi la quantità del pasto effettivamente consumata dagli utenti del servizio.
Le criticità per un incremento dell'utilizzo dei prodotti locali messe in evidenza nel corso delle interviste sono riconducibili a 4 elementi: caratteristiche delle materie prime, composizione del menù, modalità di gestione del servizio, caratteristiche del comparto produttivo locale.
Le materie prime richieste dalla filiera della ristorazione collettiva hanno caratteristiche molto restrittive e pretendono un elevato livello di uniformità del prodotto, elementi che incrementano i costi di transazione sia per le società di ristorazione che per i produttori agricoli. Inoltre la crescente diffusione dell'utilizzo di prodotti confezionati in monoporzione e dei prodotti semilavorati (IV gamma, surgelati, ecc.) limita o impedisce le possibilità di approvvigionamento dai produttori locali.
La composizione del menù negli ultimi anni ha tenuto maggiormente in considerazione il criterio della stagionalità, ma in molti casi è stato evidenziato un adattamento non ancora sufficiente agli effettivi andamenti stagionali delle produzioni piemontesi. Inoltre, i menù sono ritenuti poco flessibili in quanto attribuiscono molta importanza alla varietà settimanale dei piatti e dei singoli alimenti e, quando si determina la mancanza di un prodotto locale, si tende a sostituirlo con lo stesso prodotto non locale, piuttosto che con altri prodotti locali appartenenti alla medesima categoria.
Le modalità con cui è strutturato e organizzato il servizio di ristorazione richiedono poi ingenti quantitativi di prodotto che rendono difficoltosa la fornitura da parte dei piccoli produttori locali. La criticità principale sembra però essere connessa alla presenza di centri di cottura progettati e attrezzati per l'utilizzo di materie prime che limitino le operazioni da svolgere durante la preparazione e la somministrazione dei pasti(3).
Secondo le associazioni di categoria degli agricoltori su alcuni prodotti, soprattutto del comparto orticolo, sarebbero necessari incrementi delle produzioni per rispondere a un eventuale netto incremento della domanda di prodotti locali proveniente dalla ristorazione scolastica. Tale esigenza incontrerebbe però alcune difficoltà legate agli investimenti che dovrebbero essere effettuati per adattare in termini quantitativi e qualitativi le produzioni. Considerando la specificità delle forniture richieste dal settore della ristorazione collettiva e gli elevati costi di transazione presenti, tali investimenti sarebbero caratterizzati da un elevatissimo rischio d'impresa.
Conclusioni e alcuni suggerimenti di policy
I prodotti locali hanno un limite territoriale che se si vuole rispettare, e non si intende ridurre l'utilizzo di tali produzioni a un'esperienza limitata con finalità divulgative nei confronti della cultura gastronomica del territorio, richiede la capacità di sperimentare forme di adattamento tra domanda e offerta, e nuove pratiche organizzative e di governance lungo la filiera. Gli elementi di criticità per un incremento dell'utilizzo dei prodotti locali richiedono di esser affrontati attraverso la creazione di soluzioni condivise capaci di coniugare sicurezza, equilibrio nutrizionale ed educazione alimentare, con un ampliamento delle possibilità di accesso delle produzioni locali alla ristorazione scolastica. Il coinvolgimento dei diversi attori e stakeholder della filiera costituisce uno strumento di fondamentale importanza per trovare soluzioni condivise e attuare percorsi di cambiamento per i quali la fiducia costituisce un elemento indispensabile. Considerata la diversità degli obiettivi istituzionali dei diversi soggetti e la complessità del settore, i processi di cambiamento volti all'utilizzo dei prodotti locali per la loro forte incertezza necessitano di una fiducia diffusa, che consenta ai soggetti che intendono attuarli di rinunciare alle certezze della situazione attuale, per sperimentare pratiche nuove e condivise capaci andare oltre le criticità.
Le soluzioni più semplici e immediate sono quelle che non richiedono mutamenti organizzativi ma adattamenti tra domanda e offerta che consentano un più elevato utilizzo dei prodotti locali mediante una maggiore stagionalità e flessibilità dei menù, nonché il superamento di alcune rigidità nella richiesta delle materie prime. Attraverso il confronto e la condivisione delle conoscenze tra i diversi attori della filiera è possibile giungere a visioni maggiormente condivise, e trovare soluzioni innovative capaci di tenere insieme i diversi obiettivi istituzionali, senza la necessita di attuare mutamenti organizzativi.
Ad esempio, le difficoltà connesse all'incremento delle produzioni da parte delle aziende agricole potrebbero essere almeno in parte superate attraverso accordi di filiera e modalità di co-produzione tra aziende agricole e società di ristorazione, che possano rendere meno rischiosi gli investimenti e gli adattamenti organizzativi necessari a rifornire il settore della ristorazione collettiva. Una presenza più capillare sul territorio di organizzazioni di aggregazione dell'offerta create da parte delle associazioni di categoria degli agricoltori o da gruppi di aziende agricole, è una situazione che, considerando il tessuto produttivo provinciale, potrebbe agevolare l'incontro tra domanda e offerta riducendo i costi di transazione sostenuti da entrambe le parti.
La soluzione che invece risulta di più difficile applicazione, in quanto comporta adattamenti organizzativi della fase di produzione dei pasti, consiste in un processo di neo-internalizzazione nei centri di cottura aziendali o nelle cucine comunali di alcune fasi del processo attualmente affidate a soggetti esterni. Riportare attività come la porzionatura, l'apertura delle uova o il lavaggio degli ortaggi all'interno dei centri di cottura eliminerebbe alcuni dei colli di bottiglia presenti lungo la filiera e favorirebbe la fornitura di un più ampio numero di aziende. Questo cambiamento si scontra però con l'organizzazione e la struttura dei centri di cottura che sono stati progettati e organizzati per preparare i pasti partendo da materie prime in gran parte semilavorate. Inoltre sono presenti esigenze di contenimento del costo del personale e preoccupazioni per il rispetto delle norme igieniche che pongono limiti anche per le attività di porzionatura che non necessitano di complessi adattamenti organizzativi, tecnologici e strutturali. A riguardo, sarebbe quindi necessaria una profonda riflessione da parte dei decisori istituzionali e dell'opinione pubblica sulle conseguenze delle politiche di contenimento del prezzo dei pasti.
Bibliografia
Ismea [ 2011], Capitolati di gara e best practices per le forniture di alimenti a filiera corta delle mense pubbliche, Ismea.
Per approfondimenti
http://www.provincia.torino.gov.it/speciali/2013/actt/dwd/def/4_C4.pdf
Nota(1) La ricerca, realizzata dal Dipartimento Culture, Politica e Società dell'Università di Torino, è stata svolta nell'ambito del Progetto ACTT Alimentazione, Consumatori, Territori Transfrontalieri (Programma ALCOTRA 2007-2013, progetto n. 121), coordinato dalla Provincia di Torino
Nota(2) L'indagine ha utilizzato metodi di rilevazione e analisi qualitative basati su interviste in profondità. La popolazione di riferimento è costituita dagli attori e stakeholder della filiera della ristorazione scolastica della Provincia di Torino, individuati attraverso una procedura di campionamento a scelta ragionata. Sono stati scelti 21 casi rappresentativi dei differenti scopi istituzionali e ruoli collegati alla filiera della ristorazione scolastica provinciale: associazioni di categoria degli agricoltori, fornitori, società di ristorazione, Comuni, ASL, società di logistica distributiva, società di ricerca e servizio per la ristorazione collettiva
Nota(3) La limitazione delle operazioni da svolgere all'interno dei centri di cottura può essere considerata come un adattamento delle società di ristorazione alle richieste di superiori standard di igiene e sicurezza alimentare e riduzione dei costi del servizio