di Veronica Allegretti e Alessia Toldo (Università di Torino)
La ricerca, sviluppata nell’ambito del progetto Atlante del Cibo di Torino Metropolitana [1], si è concentrata sulle peculiari dimensioni, forme e dinamiche che la povertà alimentare assume nella città di Torino con l’obiettivo di contribuire al dibattito teorico-metodologico, contestualizzare meglio il fenomeno a livello locale e fornire indicazioni di policy ai diversi attori del territorio.
Il quadro entro cui la ricerca si è mossa è quello post-pandemico, caratterizzato da un importante incremento dell’incidenza e dell’intensità della povertà alimentare. La crescita dei livelli di disoccupazione e una più generale riduzione del reddito, insieme all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, hanno infatti intaccato la capacità di proteggersi dalla deprivazione materiale di un‘ampia fascia di popolazione, inasprendo le condizioni di chi già ne faceva esperienza. Analogamente cresce il numero di persone che non riesce ad accedere a una alimentazione nutrizionalmente adeguata. Istat stima che nel Nord Ovest, per l’anno 2020, circa il 7,9% delle famiglie e il 9,3% degli individui viva in condizioni di povertà assoluta. In Piemonte l’incidenza sugli individui è al 8,9% (circa 380 mila persone). Secondo Marchetti e Secondi (2022), infine, le persone a rischio povertà alimentare in Italia sono 11,5 milioni, mentre la città metropolitana di Torino si troverebbe in una posizione intermedia, con un’incidenza inferiore rispetto ad altre grandi città, come ad esempio Milano.
L’analisi sulla povertà alimentare a Torino
La ricerca sulla povertà alimentare a Torino è stata condotta attraverso metodi misti, con un approccio interdisciplinare e di ricerca-azione. Questo contributo si concentra sugli esiti della prima fase quantitativa della ricerca, condotta nel periodo ottobre-dicembre 2021, attraverso un'inchiesta campionaria, sviluppata con l’Associazione di Promozione Sociale Eufemia. La rilevazione ha coinvolto 205 persone beneficiarie delle principali 20 associazioni di solidarietà/assistenza alimentare a Torino. La seconda fase qualitativa (iniziata nell’aprile 2022 e ancora in corso) prevede invece approfondimenti tematici, condotti attraverso interviste semi-strutturate e focus group sui temi: (i) il rapporto tra povertà e genere, (ii) l'interconnessione tra povertà alimentare e salute, (iii) i paesaggi alimentari dei beneficiari e delle beneficiarie.
Poiché non esiste una definizione univoca di povertà alimentare, spesso, si utilizza questo termine come sinonimo di insicurezza alimentare, precarietà alimentare o mancato accesso al cibo. Rispetto ad altri concetti con cui viene spesso confusa, tuttavia, la povertà alimentare permette di intercettare meglio la relazione con altre forme di deprivazione (casa, istruzione, esclusione sociale, benessere). Inoltre, questo concetto mobilita l’appropriatezza e l’adeguatezza culturale del cibo consumato, la dimensione del cibo come vettore di relazioni umane e il senso psico-emotivo di vergogna e stigma vissuto dai beneficiari e dalle beneficiarie di forme di assistenza (per esempio attraverso le mense benefiche o la distribuzione di pacchi). In questa prospettiva, Dowler (2003) intende la povertà alimentare come una delle manifestazioni più gravi e complete della deprivazione materiale e la definisce come l’incapacità di acquistare o consumare cibo di qualità adeguata e in quantità sufficiente, e secondo modalità socialmente accettabili.
Appoggiandoci a un importante lavoro del 2021, in cui Brannen e O’Connell operazionalizzano l’approccio di Dowler individuando tre dimensioni principali della povertà alimentare (materiale, sociale e socio-emozionale), abbiamo costruito lo strumento della nostra ricerca: un questionario di 90 domande prevalentemente chiuse, con una somministrazione guidata, finalizzato a produrre (i) una prima ricostruzione dei profili delle persone coinvolte e (ii) un’analisi delle loro condizioni di vita, concentrandosi su: le abitudini alimentari; la spesa, l’utilizzo e le pratiche; la salute fisica; lo stress psico-emotivo; gli aspetti socio-relazionali. Al termine dell’intervista è stato incluso anche il questionario FIES, elaborato dalla FAO, che misura l’intensità dell’insicurezza alimentare
I profili socio-demografici degli e delle utenti del welfare alimentare a Torino
Una prima riflessione può essere fatta sui profili che emergono dall’analisi della sezione anagrafica. Considerando l’età, rispetto alla composizione per età dei residenti in Torino, in media gli utenti del welfare (44 anni) sono più giovani di 3 anni.
Tabella 1. Utenti del welfare, per classi di età
Età in classi |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
18 – 40 |
88 |
43 |
41 - 60 |
87 |
42 |
>=61 |
30 |
15 |
Totale |
205 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
Emerge invece una sovra rappresentazione delle utenti donne (circa il 60% del totale, rispetto al 38% di uomini) e dei cittadini stranieri (il 44% delle persone intervistate ha origini non italiane e proviene in prevalenza dall’Africa e dall'Est Europa), che, nel caso delle donne mette anche in luce non solo la maggior esposizione alla fragilità socio-economica, ma anche il loro ampio coinvolgimento nelle attività di cura della famiglia, foodwork compreso.
Per quanto attiene la situazione familiare, il 34% delle persone intervistate vive da sola o in coabitazione, mentre il 20% è composto da famiglie numerose, con 5 o più componenti. In particolare, poi, il 35% dei nuclei familiari comprende minori, il 12% persone anziane non autosufficienti e il 17% persone disabili non autosufficienti, che necessitano di assistenza. Nel 65% dei casi questa assistenza grava sulla stessa persona, in genere una donna, che si occupa anche del foodwork e dell’accesso ai programmi di welfare.
A dimostrazione del progressivo indebolimento dei tradizionali fattori protettivi dalla vulnerabilità (istruzione e lavoro), il 19% del campione – in linea con le rilevazioni nazionali sull’intera popolazione - è in possesso di un titolo di studio universitario e oltre e un terzo ha raggiunto la licenza media superiore (Tabella 2).
Tabella 2. Utenti del welfare per livello di istruzione
Livello di istruzione |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
Nessuno, licenza elementare |
23 |
11 |
Licenza media inferiore |
74 |
36 |
Licenza media superiore |
68 |
33 |
Laurea e oltre |
39 |
19 |
Missing |
1 |
1 |
Totale |
205 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
Un discorso simile può essere fatto per quanto riguarda l’occupazione: ben il 28% delle persone intervistate ha un lavoro, il 50% è disoccupato, e il 22% inattivo. Si tratta del ben noto fenomeno della in-work poverty, che caratterizza in Italia circa il 15% di chi lavora (uno dei tassi più elevati d’Europa) [2].
Passando alle risorse economiche, il valore medio del reddito percepito dalle persone intervistate a livello familiare è di circa 797€ al mese, anche se un numero consistente dichiara di vivere senza reddito. In particolare, l’80% del campione può contare su meno di 1000€ al mese, sommando i redditi da lavoro e i trasferimenti sociali; mentre il 35% vive con meno di 500€, molto al di sotto della soglia di povertà relativa italiana [3], anche per le famiglie con un solo componente. All’interno del campione, infine, il 60% delle famiglie con due o più componenti vive con meno di 1000€ al mese.
Per quanto riguarda l’accesso a misure di welfare economico, la metà del campione dichiara di essere beneficiaria di trasferimenti sociali: in particolare, il 60% delle persone intervistate percepisce il Reddito di Cittadinanza, la principale misura di welfare italiana di contrasto alla povertà, che – secondo i dati INPS del 2022 - raggiungeva quasi 3 milioni di individui e 1 milione di famiglie. L’importanza di tale misura nella protezione dalla vulnerabilità estrema è ampiamente riconosciuta, così come i suoi limiti, soprattutto se si considerano le rigide regole di inclusione e la sua incapacità di reintrodurre efficacemente e stabilmente le persone beneficiarie nel mercato del lavoro. Nonostante la perfettibilità della misura di policy, è fuori discussione il suo ruolo soprattutto durante e dopo l’emergenza Covid-19, quando i tassi di povertà non sono mai stati così alti da decenni. Considerando le altre forme di trasferimento monetario, il 15% di chi ha risposto al questionario (102 su 205) percepisce una pensione di invalidità o di anzianità, il 9% accede ad aiuti comunali (come l’integrazione al reddito o il cosiddetto assegno sociale), il 6% riferisce di non avere un lavoro e di percepire un sussidio attraverso il programma di cassa integrazione, mentre il 10% deve affidarsi alla famiglia e alla rete amicale per ricevere aiuti monetari (Tabella 3).
Tabella 3. Utenti del welfare per categoria di aiuto economico
Aiuti economici |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
Reddito di Cittadinanza |
58 |
28 |
Pensione di disabilità/anzianità |
15 |
7 |
Aiuti del comune |
9 |
4 |
Sussidio di disoccupazione/cassa integrazione |
6 |
3 |
Aiuti da famiglia e amici |
10 |
5 |
Missing |
107 |
53 |
Totale |
205 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
La condizione abitativa più frequente fra gli intervistati è quella di affittuari/e (49%), mentre solo il 14% dichiara di possedere una casa di proprietà. Il 13% vive in una casa popolare, dove l’affitto è parzialmente coperto dal Comune e le bollette sono moderate dai contributi sociali; al contrario, il 12% vive in edifici di co-housing e il 12% è senza dimora e vive per strada o nei dormitori.
Le dimensioni della povertà alimentare
La dimensione materiale. Considerando la composizione delle diete come principale indicatore della dimensione materiale, insieme alle variabili legate al reddito e alle risorse economiche sopra descritte, la Tabella 4 riporta la percentuale di consumo quotidiano dei principali prodotti alimentari, individuati da Istat nell’Indagine sui Consumi delle Famiglie Italiane.
Tradizionalmente, la letteratura sui consumi alimentari associa la povertà a una minore attenzione alla salubrità e alla qualità del cibo consumato. Questa ricerca, invece, mostra come, oltre all'acqua e alle bevande calde, gli alimenti consumati quotidianamente siano proprio quelli associati a una dieta sana: Il 75% del campione utilizza l'olio d'oliva, al posto del burro e di altri oli, mentre quasi il 70% consuma almeno una volta al giorno verdure e cereali, considerati per lo più la base di una dieta sana. Inoltre, il 60% mangia frutta ogni giorno e quasi la metà consuma spesso prodotti caseari. Nonostante ciò, chi beneficia di aiuti alimentari ha ancora un accesso limitato ad alcuni prodotti, soprattutto carne e pesce, che sono anche i più costosi e raramente inclusi nei pacchi donati: rispettivamente il 12% e il 23% delle persone intervistate non mangia mai questi prodotti, percentuale che corrisponde solo in parte a chi dichiara si seguire uno stile vegetariano o vegano. Alla domanda che interroga le persone sulle rinunce maggiormente legate alla propria condizione di povertà, la gran parte delle persone si riferisce alla carne, al pesce e alla frutta secca.
Tabella 4. Utenti del welfare: consumo di alimenti su base giornaliera
Prodotti alimentari consumati |
Tutti i giorni (% risposte) |
Mai (% risposte) |
Acqua |
98 |
0 |
Caffè o tè |
83 |
5 |
Olio di oliva |
75 |
6 |
Verdura |
71 |
1 |
Pasta, riso e altri cereali |
69 |
3 |
Frutta |
61 |
2 |
Prodotti caseari e latte |
45 |
19 |
Dolci |
36 |
7 |
Altri oli |
34 |
23 |
Legumi |
20 |
8 |
Burro |
20 |
32 |
Uova |
17 |
5 |
Formaggio |
16 |
10 |
Carne |
15 |
12 |
Bevande alcoliche |
11 |
68 |
Bevande gassate |
8 |
52 |
Pesce |
6 |
23 |
Salumi |
5 |
42 |
Alimenti processati |
4 |
47 |
Fonte: nostra elaborazione
La dimensione sociale. Nell’ambito della nostra ricerca, è emerso come più della metà del campione non possa permettersi di festeggiare fuori casa con momenti di commensalità e socialità attraverso il cibo e circa il 15% lo faccia meno di quanto desiderato. È inoltre interessante notare che, anche tra le persone in grave difficoltà, circa un quarto riesce comunque a mangiare fuori a dimostrazione di come la socialità del cibo funziona sia una necessità incomprimibile a prescindere dal livello di reddito (tabella 5). E anche il dato della ‘normale’ frequenza dei pasti fuori casa, consumati per lo più con parenti (in quasi un terzo dei casi) e amici (in quasi un quarto) sembra confermare questa lettura (tabella 6).
Tabella 5. Risposte alla domanda "Negli ultimi 12 mesi, ha rifiutato un invito a mangiare fuori perché non poteva permetterselo?"
Hai rifiutato un invito a mangiare fuori negli ultimi 12 mesi? |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
Mai |
74 |
36 |
Qualche volta |
39 |
19 |
Spesso |
45 |
22 |
Sempre |
23 |
11 |
Missing |
24 |
12 |
Totale |
205 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
Tabella 6. Risposte alla domanda "Quanto spesso mangi fuori casa?"
Quanto spesso mangi fuori casa? |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
Mai |
69 |
34 |
Raramente |
49 |
24 |
Qualche volta |
56 |
27 |
Spesso |
28 |
13 |
Missing |
3 |
2 |
Totale |
205 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
Soprattutto per chi sperimenta situazioni più deprivate di povertà (persone senza dimora, persone anziane o che vivono da sole, prove di reti parentali e amicali) la solitudine e l'emarginazione, intese come dimensione della povertà (anche alimentare), si trasformano spesso concretamente nell'impossibilità di condividere momenti di socializzazione attraverso il cibo, trasformandosi a spirale in esclusione sociale,
La metà delle persone intervistate (53%) dichiara di non poter invitare parenti e amici a mangiare a casa propria, il 16% di farlo meno di quanto vorrebbe; ma il denaro è la barriera principale solo per un quarto di chi ha risposto al questionario, mentre il 17% ha condizioni abitative molto precarie o è senza casa e il 18% non ha nessuno/a da invitare, dichiarando un isolamento sociale quasi totale.
Tabella 7. Risposte alla domanda "Negli ultimi 12 mesi le è capitato di non poter invitare amici e parenti a mangiare a casa sua perché non poteva permetterselo
Non invito amici e parenti a casa perché non posso permettermelo |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
Mai |
74 |
43 |
Qualche volta |
32 |
19 |
Spesso |
30 |
18 |
Sempre |
34 |
20 |
Totale |
170 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
La dimensione socio-emozionale. La ricerca sula relazione tra condizione di povertà e stigma sociale è stata ampiamente approfondita da una letteratura multidisciplinare. Essere oggetto di continui giudizi e stereotipi negativi non solo porta all'esclusione, all'emarginazione e a legami sociali sempre più rarefatti, ma ha anche enormi implicazioni sul benessere psicologico ed emotivo di chi vive questa condizione. Come mostrato nella Tabella 8, quasi un terzo delle risposte valide riporta come le persone intervistate provino spesso o sempre un senso di stress o tristezza a causa dell’esperienza di povertà alimentare. Stessa proporzione per le persone che riferiscono di non provare mai stress o tristezza, avendo probabilmente elaborato e accettato la propria condizione.
Tabella 8. Senso di stress o tristezza associato all'esperienza di povertà alimentare.
Senso di stress o tristezza |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
Mai |
67 |
33 |
Quasi mai |
28 |
14 |
Qualche volta |
36 |
16 |
Spesso |
25 |
12 |
Quasi sempre/Sempre |
34 |
17 |
Missing |
15 |
8 |
Totale |
205 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
L'impossibilità di godere della felicità connessa con il cibo è un'altra sensazione molto frequente per un quarto delle persone intervistate (Tabella 9), soprattutto quando devono rinunciare a prodotti che desiderano o devono rifiutare un invito perché non possono permetterselo.
Tabella 9. Risposte alla domanda “Quanto pensi di sacrificare la tua felicità legata al cibo a causa della tua condizione di povertà?”
Quanto pensi di sacrificare la tua felicità legata al cibo? |
Frequenza assoluta |
Percentuale |
Mai |
87 |
42 |
Qualche volta |
57 |
28 |
Spesso |
31 |
15 |
Sempre |
15 |
7 |
Missing |
15 |
7 |
Totale |
205 |
100 |
Fonte: nostra elaborazione
La vergogna è infine il sentimento che più si associa all'esperienza della povertà alimentare, così come la sensazione di stigma (generalmente associato a stereotipi negativi, alla categorizzazione, alla perdita di status e alla discriminazione, nonché all'esclusione sociale e alla progressiva emarginazione) e il conseguente disagio psicologico. Non stupisce quindi che circa un quinto delle persone intervistate nasconda la propria condizione di bisogno anche ad amici e familiari o si vergogni di essere utente del welfare.
Conclusioni
I risultati della ricerca qui presentata mostrano i diversi profili delle persone coinvolte nelle pratiche di solidarietà/assistenza alimentare a Torino e le dimensioni della loro deprivazione materiale, sociale, relazionale e psicologica. Certamente, il contrasto alla fragilità alimentare può e deve essere letto anche come tema di politica alimentare, riconoscendo le molteplici dimensioni che concorrono alla costruzione di questa condizione. Per esempio, mangiare con altri/e è essenziale per mantenere vive le relazioni sociali e la felicità, così come lo stress o la tristezza, è anche legata alla capacità di vivere o meno esperienze alimentari sociali soddisfacenti, in ragione della stretta connessione fra dimensione sociale e psicologica del consumo di cibo (O'Connell e Brannen 2021). Tuttavia, le persone che vivono condizioni estreme di vulnerabilità e marginalità trovano in genere sostegno per lo più solo materiale (per esempio attraverso le misure di welfare del paniere alimentare, i trasferimenti monetari, i buoni acquisto, le mense benefiche); molto meno frequentemente sono coinvolte in programmi di inclusione sociale attraverso l'uso del cibo.
Note
[1] www.atlantedelcibo.it
[2] L’estrema precarizzazione delle carriere, la diffusione dei contratti atipici e il contemporaneo ridimensionamento delle misure di welfare ha ridotto il legame tra occupazione e assenza di povertà, anche in presenza di un buon livello di istruzione e/o di un titolo di studio elevato.
[3] https://www.istat.it/it/archivio/217030
Bibliografia
Dowler E., (2003). Food and poverty: insights from the ‘North’, Development Policy Review, 21(5‐6): 569-580.
Marchetti S., Secondi L., (2022). The Economic Perspective of Food Poverty and (In)security: An Analytical Approach to Measuring and Estimation in Italy, Social Indicators Research, 162, 995–1020 (2022). https://doi.org/10.1007/s11205-021-02875-5.
O'Connell R., Brannen J., (2021). Families and Food in Hard Times: European Comparative Research. UCL Press, London.
Parole chiave: povertà alimentare, welfare, politiche sociali e alimentari.