di Claudio Marciano (Università di Torino)
Il distretto industriale è un’infrastruttura socio-tecnica che vede coincidere reti organizzative e sociali di un territorio: aziende con tradizione produttive decennali cooperano per offrire sul mercato un prodotto di qualità che fa leva su saperi, tradizioni ma anche sulla coesione sociale e la fiducia (Ramella, 2013). In Piemonte sono molti i distretti che in forma più o meno formalizzata sono specializzati nell’industria alimentare e nella produzione di specifici prodotti: caffé, cioccolato, nocciole, vino, riso, ortofrutta.
Nel territorio, inoltre, coesistono reti e filiere non istituzionalizzate tra produttori agricoli, consumatori organizzati, associazioni culturali e ambientali, che possono essere concepiti come nodi di un’unica rete. L’articolo ricostruisce una mappatura preliminare delle presenze e della rilevanza degli attori in vari ambiti del food, con l’obiettivo di mostrare l’opportunità, in sede politico-amministrativa, di ragionare sull’idea di un unico distretto regionale. La mappatura è stata realizzata nell’ambito di una ricerca condotta per conto dell’associazione Torino World Food Capital, che si pone l’obiettivo di promuovere la costruzione di reti di collaborazione tra stakeholders sul tema food.
Cibo come economia
Il cibo in Piemonte è anzitutto un’economia, costituita da industria alimentare, agricoltura, ma anche ristorazione, servizi ricettivi che somministrano alimenti, e reti di distribuzione che vanno dalla GDO (grande distribuzione organizzata) ai mercati contadini. Di seguito, si restituisce una fotografia parziale, che comprende solo industria, agricoltura e ristorazione, ma che rende l’idea di quanto il food sia un settore trainante dell’economia regionale (tab.1).
Nel 2021, La bilancia commerciale del settore ha segnato un attivo di oltre 3 miliardi di euro, con una crescita delle esportazioni industriali del 16% e agricole del 6% (Ires, 2022). Per il 2022, malgrado la guerra in Ucraina abbia complicato le esportazioni verso l’est, i dati disponibili fino a settembre espongono una tendenza in crescita per tutti i distretti, anche rispetto ai dati 2019 (San Paolo, 2023). Questi dati, sebbene incoraggianti, si confrontano con l’aumento del prezzo dei fattori produttivi, che il Piemonte, in quanto economia trasformatrice, subisce a causa delle dinamiche geopolitiche internazionali. Il valore aggiunto nel 2021, disponibile solo per il settore agricolo, vede una contrazione di circa il 5% (Istat) rispetto al 2019, e una leggera flessione anche rispetto al 2020. La ristorazione, dopo gli anni “bui” della pandemia 2020-2021, che hanno visto una contrazione di circa il 40% del valore aggiunto rispetto al 2019, nel 2022 è attesa presentare una crescita, in coerenza con i valori tendenziali registrati a livello nazionale.
Se si guarda ai dati occupazionali, gli addetti nel settore dell’industria alimentare al 2020, secondo dati Unioncamere riportati dal rapporto CREA 2021, sono circa 40.000, mentre quelli agricoli, sebbene non siano da considerarsi come full time equivalenti, sono circa 64.000, con una crescita rilevante della presenza di manodopera straniera, e in particolare extracomunitaria, che nel 2022 ammonta al 16% del totale della forza lavoro agricola (Ires, 2022). Sul fronte ristorazione, gli addetti prima della pandemia ammontavano a circa 86.000 unità.
Un ultimo livello dove apprezzare la rilevanza dell’economia del cibo in Piemonte è quello della qualità e diversificazione: secondo il rapporto Ismea-Qualivita 2020, il Piemonte conta 25 prodotti “food” (14 DOP, 9 IGP, 2 STG) e 59 vini DOP. In termini quantitativi, la regione è al terzo posto in Italia, dopo Veneto e Toscana, per numero di certificazioni.
Tabella 1. Il cibo come economia in Piemonte
|
Esportazioni |
Valore aggiunto (prezzi concatenati) |
Occupazione (addetti) |
Agricoltura |
> 6,5 mld |
> 2 mld |
>64.000 |
Industria Alimentare |
> 0,7 mld |
> 3 mld |
> 39.000 |
Ristorazione |
- |
> 3 mld |
> 85.000 |
Fonte: Istat, 2020 - 2021.
Cibo come rete
Attorno alle pratiche sociali di produzione e scambio degli alimenti sono nate, in tutto il Piemonte, diverse reti collaborative inter-organizzative. La connessione maggiore tra tali reti e quelle più istituzionalizzate dei distretti industriali e agricoli potrebbe configurarsi come una prima mission per rafforzare l’organicità tra i vari attori dell’ecosistema del food piemontese.
Una delle più importanti è quella di Slow Food, fondata nel 1986 da Carlo Petrini a Bra. Si tratta ormai di un attore poliedrico di livello internazionale, che opera nel campo dell’innovazione sociale applicata al cibo, creando alleanze tra mondi diversi, dall’Università alla ristorazione. Le iniziative portate avanti da Slow Food hanno rafforzato la credibilità e la notorietà delle tradizioni alimentari piemontesi, attraverso iniziative come l’Arca del Gusto, i Presidi e l’Alleanza dei Cuochi.
Un’altra rete rilevante è quella dei gruppi di acquisto solidale e collettivo (GAS): si tratta, in questo caso, di migliaia di consumatori organizzati che concepiscono il cibo anzitutto come una scelta. Sebbene una mappatura completa sia molto difficile da realizzare dato il livello di informalità di alcune iniziative, i GAS attivi presso il territorio regionale piemontese sono 73, con una concentrazione di 42 in provincia di Torino e una media di 5 per ogni altra provincia. Secondo l’Atlante del Cibo della città metropolitana di Torino, i GAS attivi (nel 2016) sarebbero stati addirittura 121. Particolarmente rilevante, all’interno di questo circuito, è il nodo costituito dagli “Alveari”, network della filiera corta nato nel 2015, come impresa sociale incubata da I3P, l’incubatore d’impresa pubblico del Politecnico di Torino. La rete degli Alveari esclude ogni rivenditore e ogni intermediario. L’80% del cibo acquistato va direttamente al produttore, che stabilisce il prezzo di vendita. La piattaforma digitale che espone i prodotti e realizza le transazioni in denaro è gestita dalla struttura organizzativa dell’Alveare, che si occupa anche di organizzare la distribuzione e gli eventi di promozione. In Piemonte, al 2021, risultavano 63 alveari, che raccolgono 737 produttori, e servono con regolarità circa 35.400 utenti. Il volume delle vendite nel 2020 è stato di circa 3,6 mln di euro [1].
Il Piemonte presenta anche altre iniziative che promuovono la disintermediazione tra produttori e consumatori, e il consumo di alimenti a chilometro zero. Si tratta di piattaforme digitali che si specializzano essenzialmente nel food delivery: Agrifoodie, Cortilia, Last Minute sotto casa, sono alcune di esse.
Infine una rete molto rilevante è quella costituita dai mercati contadini dove i produttori agricoli del territorio vendono i propri prodotti all’interno della più ampia rete dei mercati municipali, o a cadenza almeno settimanale. Qui, una parte rilevante è ricoperta dai mercati Coldiretti, che raccolgono circa 405 produttori, di cui 300 nei mercati ordinari, solo su Torino. Accanto a Coldiretti, un’altra iniziativa è quella dei Mercati della Terra di Slow Food, che si tengono invece in città di provincia, da Alba a Saluzzo.
Cibo come cultura, formazione e ricerca
Un ulteriore layer dove osservare le potenzialità estensive di una rete unica sul food piemontese è quello della cultura, della ricerca e della formazione.
Nella prima dimensione possono essere considerati i musei specificamente dedicati all’alimentazione o con sezioni rilevanti sul tema food, la grande rete del turismo rurale, festival e gli eventi legati alle tematiche dell’alimentazione. Una mappatura preliminare descrive la presenza di almeno 6 musei sul cibo, 3 festival sulla sostenibilità ambientale - tra cui il Salone del Gusto e Terra Madre - e 55 spot stabili dedicati alla diffusione della cultura del vino (7 strade del vino, 14 enoteche regionali e 34 botteghe del vino), che raccolgono milioni di visitatori l’anno.
Nella dimensione relativa alla formazione possono essere considerate le iniziative proposte nella scuola secondaria di secondo grado, i corsi di laurea e i master legati al cibo nella regione Piemonte. In quella della ricerca, i numerosi progetti e collaborazioni sul tema del cibo condotte nelle Università piemontesi assieme a enti pubblici e privati.
Nella regione Piemonte gli alunni dei percorsi del secondo ciclo hanno la possibilità di poter approcciare alla cultura del cibo e al settore lavorativo prossimo ad esso frequentando: nei 30 istituti professionali della scuola secondaria di secondo grado gli indirizzi di Enogastronomia e l’ospitalità alberghiera e i servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale; nelle agenzie formative e istituti professionali i percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), in particolare, la qualifica di operatore della ristorazione e il diploma professionale IeFP di tecnico dei servizi della ristorazione.[2]
L’Università degli Studi di Torino (UniTo) offre numerosi corsi di laurea e attività di formazione con focus su tematiche collegate all’ambito agroalimentare: 12 corsi di laurea di I livello, che vanno dalle biotecnologie e alle scienze chimiche, agrarie e ambientali, fino alle tecnologie alimentari, alle scienze veterinarie e dell’alimentazione. In particolar modo, hanno ottenuto il label certificate dall’EIT Food [3], l’Istituto per l’Innovazione e la Tecnologia dell’Unione Europea, due programmi educativi in cui l’Università di Torino è partner assieme ad altre 14 università europee: il curriculum internazionale della laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari, “Food Systems”, e il programma per studenti di dottorato “Global Food Venture”.
Nel 2004 è nata l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche (UniSG) di Pollenzo (provincia di Cuneo), promossa dall’associazione internazionale Slow Food in collaborazione con Regione Piemonte e Regione Emilia Romagna. Secondo il rapporto di sostenibilità 2018 dell’UniSG [4], gli studenti che hanno frequentato e frequentano (almeno fino al 2018) l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo sono 2.515, provengono da 92 nazioni (tra cui Stati Uniti, India, Mauritania e Brasile) e sono coinvolti complessivamente in 1.400 viaggi didattici in 57 Paesi, resi possibili anche dalle collaborazioni che l’UniSG ha stretto con 90 Università internazionali.
Se si guarda anche il fronte della ricerca, l'Università di Torino è l'unico partner accademico italiano della EIT Knowledge & Innovation Communities “EIT FOOD”, una delle maggiori iniziative a livello mondiale incentrate sull'innovazione in campo agroalimentare [5]. L’Università di Scienze Gastronomiche è impegnata in 22 progetti di ricerca sul tema del cibo [6]. Iniziativa degna di nota è Granai della Memoria [7], un filone di ricerca dell’UniSG volto alla costruzione di una banca dati dei saperi tradizionali di contadini e artigiani di tutto il mondo.
Conclusioni
La ricchezza di attori, esperienze e contesti che approccio al tema del food da molteplici punti di vista (economico, sociale, culturale) è stata solo parzialmente rappresentata in questa carrellata descrittiva. La domanda principale è come connettere queste reti e filiere, incrementare la collaborazione tra i vari attori, trovare forme per facilitare lo scambio di capitali. Una proposta, in questo senso, potrebbe essere quella di costruire una visione condivisa sul futuro: cosa ci aspettiamo da un distretto unico del cibo in Piemonte? Che opportunità e rischi presenta una politica che guardi a questo ecosistema come un organismo unico? C’è da stabilire un orizzonte temporale di riferimento, degli obiettivi e dei risultati attesi, delle azioni strategiche da intraprendere a più livelli. Potrebbe aiutare in questo senso la diffusione di metodi di foresight [8] nell’ambito delle politiche pubbliche locali, di cui già Unito e Polito hanno sperimentato l’utilità a proposito del progetto Torino 2030 - a prova di futuro (Barbera et al. 2022).
Note
[1] I dati sono stati raccolti in un’intervista con Simona Cannataro, responsabile Comunicazione “Alveare che dice sì”
[2] https://www.comuniecitta.it/scuole-secondarie-di-secondo-grado/regione-piemonte-1
[3] https://www.unito.it/comunicati_stampa/eit-food-prestigioso-riconoscimento-due-programmi-educativi-sostenuti
[4] https://www.unito.it/comunicati_stampa/eit-food-prestigioso-riconoscimento-due-programmi-educativi-sostenuti
[5] https://www.eitfood.eu/
[6] https://www.unisg.it/ricerca-accademica/archivio-pubblicazioni-progetti-di-ricerca/
[7] https://www.unisg.it/enti-imprese-network/sostieni-ricerca-unisg/i-granai-della-memoria/
[8] Il foresight è un approccio transdisciplinare che consiste di una serie di tecniche tese a facilitare l’interscambio di conoscenza tra attori sociali diversi con l’obiettivo di elaborare scenari o costruire visioni condivise sui futuri preferiti.
Bibliografia
Barbera et al. (2022). Torino 2030 - a prova di futuro. Roma: Luca Sossella Editore.
CREA (2021). L’agricoltura italiana conta, report 2021. https://www.crea.gov.it/documents/68457/0/ITACONTA+2021_ITA_WEB+%283%29.pdf/94956deb-3648-10b4-3168-dfc4b316b4cc?t=1671032844339#:~:text=Il%20valore%20della%20produzione%20dell,lieve%20rialzo%20dei%20prezzi%20dei
Intesa San Paolo (2022). Monitor sui distretti industriali del Piemonte. https://group.intesasanpaolo.com/content/dam/portalgroup/repository-documenti/research/it/monitor-distretti/regionali/gennaio2023/Monitor_dei_Distretti_Piemonte_gennaio%202023.pdf
IRES (2022). Piemonte rurale 2022. https://www.piemonterurale.it/images/documenti/Piemonte-Rurale2022.pdf
Ramella F. (2013). Sociologia dell’innovazione economica. Bologna: Il Mulino.
Per approfondimenti :
Una versione estesa della ricerca è consultabile qui, a cura dell’Associazione Torino World Food Capital: https://www.twfc.it/il-futuro-e-il-food/wp-content/uploads/2021/06/Distretto-Piemontese-Food-TWFC.pdf
Parole chiave: Distretti industriali, alternative food network, ricerca e formazione agroalimentare