di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ed Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Regione Piemonte
Introduzione
Un corretto ed efficace governo delle acque ha da sempre rappresentato una sfida con cui la Regione Piemonte ha inteso confrontarsi e un tema sul quale perseguire strategie innovative: perché, dunque, nasce in Piemonte uno strumento di programmazione negoziata e partecipazione diffusa come il Contratto di Fiume?
Gli elementi di spinta ed ispirazione nella prima fase, ossia negli anni di formazione ed approvazione del Piano di Tutela delle Acque (PTA), sono direttamente correlati a temi ambientali: la consapevolezza che il degrado delle risorse idriche e dell'ecosistema ad esse connesso è ascrivibile a varie concause, afferenti politiche di settore molteplici ed eterogenee, tutte parimenti coinvolte nella gestione del territorio e dell'ambiente; la frammentarietà delle competenze amministrative e gestionali, che segmentano i fiumi in una miriade di "confini amministrativi", "fasce di esondazione" e "zone vincolate" con il risultato non infrequente di smarrire la visione di bacino, la percezione della complessità dell'ecosistema del fiume e degli ambiti circostanti, la correlazione tra fenomeni naturali ed antropici in un sistema in continuo divenire; gli interessi connessi agli usi della risorsa idrica, a volte difficilmente conciliabili e talora in palese conflitto, per i quali l'evoluzione dei cambiamenti climatici lascia presagire che se non si trovano i giusti equilibri l'acqua in futuro potrebbe non essere sempre disponibile per tutti gli utilizzi in ogni periodo dell'anno, anche in Piemonte.
E' proprio il Piano di Tutela delle Acque regionale che legittima il "Contratto di fiume", quale strumento per il raggiungimento di obiettivi di qualità delle acque anche attraverso forme di partecipazione pubblica e privata, anziché unicamente mediante l'adozione di provvedimenti "centralistici". La valenza istituzionale dei Contratti è ulteriormente rafforzata grazie al fatto che il Piano Territoriale Regionale (PTR) li richiama espressamente nelle Norme tecniche attuative e ne riconosce il ruolo nello sviluppo di sinergie con gli strumenti di pianificazione territoriale provinciale e locale al fine di favorire l'integrazione delle diverse politiche regionali; tutto ciò ha già trovato concretizzazione attraverso una serie di Piani d'Azione, elaborati nei Contratti di Fiume e di Lago piemontesi, che, pur continuando a rappresentare uno strumento per l'applicazione di una disciplina settoriale, diventano la sede privilegiata di concertazione e la declinazione a scala locale delle molteplici politiche del territorio.
Ulteriore legittimazione, a conferma della validità della scelta piemontese, è avvenuta da parte dell'Autorità di Bacino del Fiume Po che nel proprio Piano di Gestione del Distretto Idrografico ha riconosciuto il Contratto quale strumento per il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale entro il 2015 e il 2021, previsti dalla Direttiva Quadro sulle Acque.
Certamente, in un processo così articolato e complesso, l'esperienza fino a qui condotta non ha mancato di evidenziare anche oggettive difficoltà nel dare sviluppo ad un percorso che, proprio poiché ad adesione volontaria, fosse in ogni contesto generatore di partecipazione attiva e di decisione condivisa con il solo supporto dei princìpi enunciati.
E' risultata chiara, pertanto, la necessità di redigere un documento di orientamento quale le "Linee guida regionali per l'attuazione dei Contratti di Fiume e di Lago", approvate con DGR n° 16 -2610 del 19 settembre 2011, per dare oggettività e replicabilità ad un percorso metodologico che, pur mantenendo alcuni elementi distintivi di base, sia adattabile alle diverse realtà territoriali. L'individuazione dei caratteri essenziali del Contratto, le sue fasi di sviluppo e l'organizzazione delle strutture di governance per una conduzione efficace ed adeguata del processo sono gli elementi essenziali di questo documento.
Dai contenuti delle Linee Guida appare chiaro come ad oggi in Piemonte il CdF sia un metodo di lavoro per decidere e gestire in modo integrato e condiviso le azioni utili e necessarie per la tutela, la riqualificazione e la valorizzazione di un bacino fluviale e una formula organizzativa che non sposta competenze, ma integra e rende sinergici nell'azione puntuale i diversi strumenti di azione - pianificazione e programmazione (ambiente, territorio, paesaggio, urbanistica, sviluppo locale).
L'esperienza piemontese nel suo evolversi e concretizzarsi, sta apprendendo attraverso gli esiti dei processi sempre più largamente diffusi sul territorio e che, in relazione alle peculiarità e alle criticità proprie di ogni singolo contesto di intervento, presentano novità e valori diversi di cui è necessario fare tesoro per migliorare nel complesso lo sviluppo dello strumento.
I Contratti di Fiume avviati
Ad oggi sono attivi e/o in fase di costruzione 11 Contratti di Fiume (Sangone, Belbo, Orba, Agogna, Scrivia, Erro, Bormida, Alto Po, Stura di Lanzo, Pellice e Dora Baltea) e 2 Contratti di Lago (Viverone e Avigliana) che interessano bacini importanti e significativi del territorio piemontese: sono 3 i Contratti già firmati per i quali è quindi attiva la fase operativa di realizzazione del Piano di Azione; ancora più significativo è che i processi sono concretamente "partecipati", le comunità di riferimento sono attive e propositive, al punto che la volontà di dare vita a nuovi Contratti sul territorio scaturisce "dal basso" con sempre maggior frequenza. I tempi di attivazione di questi processi possono apparire talvolta "critici" poiché necessariamente lunghi, tuttavia l'esperienza dei Contratti sta dimostrando che la riuscita del processo è proporzionale al senso di appartenenza alla comunità fluviale (o lacuale) che si riesce a stabilire sul territorio sin dalle prime fasi, anche attraverso l'opera di "facilitatori" e "tavoli di co-progettazione": dalla partecipazione effettiva all'impegno diretto, è il territorio che costruisce le azioni, in coerenza con il quadro di riferimento regionale, sulle quali ogni soggetto assume precisi impegni.
Il Contratto di Fiume dell'Alto Po è il primo Contratto piemontese promosso e gestito da un Ente territoriale diverso dalla Provincia, il livello istituzionale tipicamente individuato dalle Linee Guida come più idoneo per la conduzione del processo, in ragione delle attribuzioni politiche ed amministrative in materia di governo delle acque e del territorio. L'esperienza cuneese ha preso avvio all'interno del progetto "Risorsa Monviso" del Programma Integrato Territoriale finanziato nell'ambito dell'Interreg Italia – Francia 2007- 2013 e, grazie all'impegno dell'Ente di gestione del Parco, ha già costruito un Piano di Azione che definisce come la comunità locale intenda lavorare sul proprio territorio in funzione della tutela e della valorizzazione del proprio patrimonio fluviale. L'incertezza istituzionale sul destino delle Province ha giocato un ruolo chiave nello sviluppo di questo Contratto che non ha potuto contare sul supporto della propria Provincia di riferimento; la Provincia di Cuneo, infatti, non ha mai acquisito un ruolo chiave in tale processo. Questo non ha comunque impedito alla comunità locale di impegnarsi, riconoscendo nel Parco il proprio coordinatore (nonostante la legge regionale sui Parchi del 2009, nel ridefinire le aree di tutela, abbia ridefinito il territorio "protetto"). La stessa visione ha condotto questo territorio (con l'adesione di un numero più elevato di Comuni rispetto a quelli aderenti al CdF) a proporsi come Riserva Man and Biosphere (MAB) Unesco e a vedersi recentemente attribuito tale importante riconoscimento, facendo leva anche sul fatto di proporre, quale strumento di attuazione di tale programma, proprio il Contratto di Fiume (è importante ricordare che la core area della neo Riserva è il fiume Po). Un territorio coeso, un unico obiettivo di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale sono gli elementi che stanno portando l'area dell'Alto Po a ridefinire un proprio percorso di sviluppo sostenibile: il Piano di Azione del Contratto è un elemento di valore su cui la comunità locale sta investendo, quale punto di partenza per concretizzare il proprio sviluppo in una direzione di sostenibilità, oltre a lavorare verso un nuovo ed efficace modello di governance che, poggiando sulla ormai "collaudata" struttura di governo e di partecipazione del Contratto sia in grado di affrontare un percorso così stimolante e, al medesimo tempo, complesso.
Parallelamente, su un territorio ben più complesso di quello dell'Alto Po sia dal punto di vista delle problematiche ambientali sia delle dimensioni territoriali, ha preso avvio un'altra esperienza di Contratto di particolare interesse: il Contratto di Fiume del Bormida che interessa il territorio di due Regioni (la Liguria oltre al Piemonte), 109 Comuni e 4 Province di cui 3 piemontesi (Alessandria, Asti e Cuneo) e 1 ligure (Savona). Il fiume Bormida è tristemente famoso per la vicenda dello stabilimento industriale Acna localizzato a Cengio (SV) che, con la sua attività chimica, per più di un secolo ha pesato sulla Valle Bormida compromettendo il fiume e il suo ambiente. Questa situazione ha portato la Regione Piemonte nel 2007 a stipulare con il Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare un "Accordo di Programma per la bonifica ed il recupero ambientale ed economico della Valle Bormida", il quale, con un successivo Atto Integrativo del 2009, ha definito gli interventi finalizzati al risanamento, al recupero ambientale ed economico di tale territorio. Tra questi si inserisce un'azione dedicata al Contratto di Fiume che per espressa volontà della Giunta regionale si è attivato con l'obiettivo di integrare il valore ambientale, che ha caratterizzato tutti i processi fino ad oggi operanti in Piemonte, con gli aspetti legati alle componenti sociali ed economiche: il Piano di Azione, attualmente in fase di costruzione, si sviluppa anche attraverso misure dedicate alle prospettive di sviluppo del territorio, il cui motore è rappresentato dalle opportunità espresse da tale area, a partire da quelle ambientali e paesaggistiche.
Data la novità e la complessità di un processo di siffatte caratteristiche, la Regione Piemonte ha mantenuto all'interno delle proprie strutture il coordinamento del processo avvalendosi inoltre del supporto di Finpiemonte S.p.A., la società finanziaria regionale che opera da oltre trent'anni a sostegno dello sviluppo e della competitività del territorio piemontese.
Alcune riflessioni conclusive
Il consolidarsi di queste due esperienze, pur con tratti così diversi, rappresenta la "nuova frontiera" dei Contratti piemontesi, oppure va interpretato come il progredire di esperienze locali dettate da una particolare situazione ambientale, socio-economica ed istituzionale? A scala nazionale e internazionale, in questo particolare momento di crisi economica e sociale, ci si sta interrogando sui temi del governo oculato delle risorse e dello sviluppo per trovare indirizzi e soluzioni comuni che dovrebbero indirizzare fortemente le scelte locali.
E', ad esempio, nella discussione e negli esiti della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile "Rio+20", tenutasi in Brasile lo scorso anno, che si possono trovare spunti significativi per la riflessione che sta accompagnando l'evoluzione dei CdF in Piemonte. Trovare in un evento di portata planetaria elementi utili ai nostri territori fluviali potrebbe apparire alquanto azzardato; in realtà, il fatto che la discussione si sia concentrata su due temi quali la Green Economy, tesa alla transizione verso un paradigma economico ambientalmente responsabile, più equo e solidale verso tutti, e la Governance dello sviluppo sostenibile per riformare l'attuale architettura di istituzioni, organismi, programmi e risorse, rendono i risultati di tale evento di indiscutibile valore in un percorso di evoluzione anche di scala locale: "Think globally, act locally". Tali eventi rappresentano come sia ormai diventato ineludibile il ruolo della partecipazione e della corresponsabilità nei processi decisionali nelle scelte per lo sviluppo.
Il Contratto di Fiume, in questa visione, può quindi essere interpretato come una scelta vincente di carattere locale, in quanto rappresenta un accordo che permette di declinare nei territori fluviali la ricerca di equilibrio tra la tutela ambientale e lo sviluppo economico (sviluppo sostenibile) e ben interpreta il tema della partecipazione e del coinvolgimento nelle decisioni che sempre di più pervade le politiche ambientali e territoriali a tutti i livelli.
Altro elemento di riferimento per la riflessione che si sta facendo in Piemonte è l'esperienza maturata in altre iniziative a scala nazionale: data la loro diffusione, in sintonia con altre Regioni, si è valutata la necessità di iniziare un' importante riflessione sul ruolo che tali strumenti possono e devono avere nel complesso sistema della gestione delle acque e del territorio, nonché dello sviluppo locale.
La Carta Nazionale dei Contratti di Fiume, varata e approvata all'interno dei Tavoli Nazionali dei Contratti di Fiume è un documento di principi e indirizzi condiviso nel marzo 2011 dalla Commissione Ambiente e Energia della Conferenza dei Presidenti delle Regioni Italiane. Tale documento, al quale per il momento poche Regioni hanno formalmente aderito, è stato pensato, redatto e discusso al fine sia di dare quel grado di uniformità utile a rendere lo strumento il più possibile identificabile, pure nel rispetto delle peculiarità locali, sia di condividere esperienze e delineare un modus operandi che, in processi così complessi, contribuisca a dare prova concreta delle positività che si innescano nell'agire con innovativi strumenti di "ingegneria della governance" ed attraverso strutturati progetti di territorio.
Anche grazie alla Carta Nazionale si fanno sempre più chiare le caratteristiche del Contratto, quale strumento in grado di realizzare a scala locale programmi e progetti trasversali, fortemente partecipati, che integrano la tutela ambientale con la sicurezza e lo sviluppo partendo proprio dal fiume quale elemento identitario a cui la comunità si riferisce. In questa accezione il Contratto può rappresentare realmente una nuova frontiera del governo dei territori locali. Ecco quindi che il Contratto di Fiume, al pari di altri approcci (es: programmi di azione locale - Gal, patti territoriali, progetti integrati di area, etc.) può rappresentare un ottimo strumento di sviluppo locale che, in particolare, utilizza il patrimonio ambientale quale motore per la crescita del territorio.
In questa visione, il futuro ciclo di programmazione dei fondi strutturali europei (2014-2020) potrebbe rappresentare un'opportunità per un connubio con questi strumenti: il tema dell'integrazione e della complementarietà delle politiche e della concentrazione dei fondi a scala territoriale troverebbero piena e concreta applicazione in questo modello di azione. Il Contratto, infatti, dato il suo approccio multisettoriale, può garantire una corretta "aggressione" delle problematiche presenti sul territorio e la sinergia di intenti tra le diverse politiche e azioni (non solo istituzionali) ormai unanimemente riconosciuta come imprescindibile per conferire il più alto valore aggiunto nel perseguimento degli obiettivi dei singoli comparti.
In conclusione, i Contratti di Fiume piemontesi sono processi in continuo divenire su cui non si ferma la sperimentazione e la riflessione; le aspettative e le necessità, le progettualità e le potenzialità delle singole comunità locali, rappresentano l'indirizzo che ogni Contratto deve perseguire, sempre più nella direzione di trovare un utile ed efficace equilibrio tra tutela ambientale e necessità di sviluppo. Tanto più i Contratti riusciranno, senza snaturare la propria essenza, a tendere a tale risultato, tanto più saranno utili alle comunità fluviali, al loro territorio e al miglioramento della qualità di vita.
Per approfondimenti: