L’insegnamento dell’italiano ai cittadini stranieri: l’esperienza del Progetto Petrarca

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    Negli ultimi anni, con la progressiva stabilizzazione dei cittadini e delle cittadine straniere sul territorio italiano e l’arrivo di nuovi flussi misti di richiedenti asilo, è aumentata in Piemonte l’esigenza di una adeguata formazione linguistica. 

    In particolare, è stato necessario adattare i percorsi di insegnamento dell’italiano a diversi bisogni e lavorare per mettere i migranti nella condizione di esercitare appieno i propri diritti e di ricercare opportunità di formazione o lavoro consone alle aspettative e alle competenze acquisite nei paesi di origine. Obiettivo del contributo, incentrato sui risultati del monitoraggio delle diverse edizioni del progetto Petrarca della Regione Piemonte (cfr. tra gli altri Colosio, 2015; Anglois e Sandrolini, 2018), è fornire elementi utili a capire in quale direzione sia andato questo adattamento. Qual è il quadro normativo all’interno del quale si organizza l’apprendimento della lingua italiana per gli stranieri? Chi sono i soggetti che erogano formazione linguistica? Come si articolano i percorsi di formazione e quali opportunità sono state offerte in questi anni dalla Regione Piemonte per integrare l’offerta ordinaria? Quali servizi complementari possono garantire la partecipazione effettiva ai corsi?

     

    L’istruzione degli adulti migranti nelle politiche europee

    L’insegnamento della lingua italiana agli adulti stranieri rientra nell’ambito delle più ampie politiche europee e nazionali sull’istruzione degli adulti.

    Nel 2006, con la Comunicazione “Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere”[1] la Commissione europea introduce il tema dei cambiamenti demografici e dell’importanza di porre attenzione all’educazione degli adulti migranti: “L’educazione degli adulti può contribuire a far sì che l’immigrazione possa compiersi in modo da risultare vantaggiosa sia per i lavoratori migranti che per il paese di accoglienza. La maggior parte dei nuovi immigrati, anche coloro con un elevato livello di competenze, ha infatti notevoli esigenze in termini di conoscenze linguistiche e integrazione culturale”. L’educazione degli adulti e la valorizzazione delle competenze e delle esperienze educative acquisite prima della migrazione diventa così una delle sfide prioritarie per costruire, nello spazio europeo, un’economia basata sulla conoscenza.

    L’anno successivo, il Piano d'azione in materia di educazione degli adultiÈ sempre il momento di imparare”[2] stimola gli Stati membri a sviluppare un sistema di educazione degli adulti accessibile e di qualità in grado di offrire corsi personalizzati, anche di apprendimento delle lingue, destinati a migliorare l’integrazione dei migranti nella società e nel mercato del lavoro. Ma è con l’Agenda Europea per l’apprendimento degli adulti[3] del 2011 che si arriva a riconoscere che condizioni migliori di accesso all’apprendimento da parte di migranti, Rom, rifugiati e richiedenti asilo portano a una maggiore coesione sociale.

    Nel 2015 il Consiglio e la Commissione definiscono nuove priorità per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione[4] e sottolineano con ancora maggior forza il ruolo centrale che i sistemi della formazione e dell’istruzione hanno nel promuovere crescita economica, sviluppo sostenibile, ricerca e sviluppo, innovazione, produttività e competitività: “quello investito in capitale umano è denaro ben speso” si legge nella Relazione congiunta del 2015 del Consiglio e della Commissione.

     

    L’istruzione degli adulti migranti in Italia

    L’Italia ha raccolto le sollecitazioni delle istituzioni europee in materia di istruzione degli adulti approvando nel 2012 una riforma[5] che ha portato alla nascita dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA): istituzioni scolastiche autonome che offrono servizi e attività per l’istruzione e l’alfabetizzazione funzionale[6] e si rivolgono a cittadini italiani e stranieri di età superiore ai 16 anni.

    I CPIA sono gli attori principali del sistema nazionale di istruzione pubblica per l’apprendimento linguistico e l’istruzione dei migranti che hanno superato l’età dell’obbligo formativo (16 anni) e che non sono in possesso di un titolo di studio.

    Sulla base dell’analisi dei bisogni del bacino di utenza potenziale ciascun CPIA realizza un’offerta formativa strutturata per livelli di apprendimento:

    • percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana articolati in diversi livelli e finalizzati al conseguimento della certificazione delle competenze linguistiche elementari.[7] I percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana durano mediamente 200 ore, di cui 180 destinate alla didattica e 20 ad attività di accoglienza e orientamento. Alla fine del percorso e, a seguito di un test finale, viene rilasciato un certificato valido ai fini dell’ottenimento del permesso di soggiorno (Accordo di Integrazione e Permesso di Soggiorno CE)[8];
    • percorsi di istruzione di primo livello articolati in due periodi didattici: il primo finalizzato al conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo (ex licenza media) e il secondo al conseguimento della certificazione attestante l’acquisizione delle competenze di base connesse all’obbligo di istruzione (DM 139/2007).

    Grazie a progetti sperimentali i CPIA hanno cominciato ad erogare anche percorsi di formazione linguistica per gli analfabeti nella lingua di origine, per le persone che non hanno nessuna conoscenza della lingua italiana e per coloro che hanno un livello superiore a quello elementare (B1).

    I corsi sono gratuiti. In Piemonte i CPIA sono 12: 5 a Torino e Città metropolitana, 2 nella provincia di Alessandria, 1 nell’Astigiano, 2 nel Cuneese, 1 per le province di Biella e Vercelli, 1 per le province di Novara e del VCO. Gli altri attori che si occupano di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana degli stranieri sono gli enti di formazione professionale e le organizzazioni del terzo settore. Gli enti di formazione professionale normalmente organizzano corsi di lingua propedeutici all’avvio di percorsi di formazione o corsi per l’apprendimento di un linguaggio tecnico.

    Gli enti del terzo settore organizzano corsi di formazione linguistica soprattutto per i livelli più bassi e per i soggetti con bisogni particolari (per esempio le madri che hanno bisogno lasciare in custodia i bambini mentre frequentano le lezioni).

    Le “classi di italiano” sono, per le organizzazioni che accolgono persone migranti, un momento importante nel percorso di integrazione. Nel sistema dell’accoglienza basata sui Centri di accoglienza straordinaria (CAS) gestito dalle Prefetture e nel sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR)[9] gestito dai Comuni si richiede agli enti gestori delle strutture di garantire alle persone migranti ospitate alcune ore di apprendimento della lingua a settimana.

     

    I piani regionali per la formazione civico-linguistica

    Il Ministero dell’Interno, in quanto autorità nazionale responsabile del Fondo europeo Asilo Migrazione Integrazione (FAMI) 2014/2020, istituito con Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, pubblica dal 2014 un Avviso rivolto a Regioni e Province Autonome italiane per la realizzazione di Piani regionali per la formazione civico-linguistica dei cittadini di Paesi terzi, regolarmente soggiornanti in Italia. Prima del 2014, il Fondo europeo che permetteva la realizzazione di tali interventi era il Fondo europeo per l’Integrazione (FEI), sostituito nel successivo settennio di programmazione dal suddetto FAMI.

    Le risorse europee costituiscono il 50% del contributo, la restante percentuale è cofinanziamento nazionale. Le allocazioni finanziarie previste per ogni ente sono composte da un contributo fisso e un contributo variabile che si basa su indicatori territoriali.

    I Piani regionali integrano l’offerta formativa erogata dai CPIA con due obiettivi:

    • raggiungere beneficiari/e che per condizioni personali (vulnerabilità, accudimento di figli minori, minore età, analfabetismo nella lingua di origine, ecc.), impegni di lavoro o perché risiedono in territori marginali, non riescono ad accedere alla formazione ordinaria.
    • far fronte a un notevole incremento di utenti registratosi negli ultimi anni. Si tratta di un fenomeno dovuto a più elementi, tra cui: i recenti arrivi di richiedenti asilo e/o titolari di protezione internazionale e/o umanitaria; l’introduzione della normativa per il conseguimento del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo[10] che prevede l’obbligo di superare un test di conoscenza dell’italiano di livello elementare (A2); l’introduzione dell’Accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato[11] che prevede, per lo straniero giunto per la prima volta in Italia, l’impegno ad acquisire una conoscenza elementare della lingua (A2).

    Le azioni previste dal Ministero, da realizzarsi nell’ambito dei Piani regionali, si articolano in tre aree: l’area formativa, l’area dei servizi complementari e l’area gestionale-strumentale. Il cuore di ciascun Piano regionale risiede nell’area formativa, nelle azioni cioè destinate ai beneficiari finali del progetto. A conferma di ciò l’obbligo imposto già dall’anno di programmazione 2013 è stato quello di allocare in quest’area almeno il 50% del budget complessivo destinato a ciascuna Regione/Provincia autonoma.

    Per la definizione delle azioni formative il Ministero dell’Interno è stato coadiuvato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) che ha elaborato apposite Linee guida. l corsi di lingua proposti si articolano nei diversi livelli previsti dal QCER. Nella programmazione del 2013 erano contemplati i livelli A1 e A2; nel 2015 sono stati introdotti i livelli: pre-A1 e B1; nel 2018 è aggiunto anche il livello Alfa che riguarda chi non è in grado di leggere e scrivere nella propria lingua madre (analfabeti strumentali).

    Affinché i corsi di formazione civico-linguistica funzionino al meglio, risultano essenziali i servizi complementari. Negli anni la loro definizione è cambiata, ma il senso è rimasto invariato: per una buona riuscita dei corsi di formazione in termini di partecipazione e frequenza è necessario garantire dei servizi complementari quali a titolo esemplificativo servizi di accoglienza e orientamento, tutoraggio, mediazione, baby-sitting, ecc. 

     

    L’esperienza piemontese: il progetto Petrarca

    La Regione Piemonte, con la programmazione FEI 2010 ha dato avvio al progetto regionale “Petrarca”. In precedenza la Regione aveva realizzato programmi di intervento specifici, in particolare, mediante i fondi messi a disposizione attraverso le Intese siglate con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Con il progetto Petrarca si è andati nella direzione di un’articolazione degli interventi più diversificata e capace di fare fronte al citato incremento di utenti, così come richiesto anche dai Bandi ministeriali, mantenendo al contempo gli stessi approcci di governance e di coinvolgimento dei territori, già sperimentati con successo nelle fasi precedenti.

    L’esperienza maturata ha confermato che la lingua è un passaggio obbligato per garantire reali processi di inclusione che tengano conto dei vari livelli di autonomia della persona: lavorativo, socio-sanitario, abitativo. Per questo motivo, nell’attuare gli interventi, in particolare i Piani regionali, la Regione, di concerto con gli enti attuatori, ha posto particolare attenzione alla strutturazione di corsi di formazione civico-linguistica che potessero fornire agli utenti gli strumenti per imparare la lingua e per conoscere il territorio e i suoi servizi: sociali, sanitari, lavorativi, ecc.

    Tra gli enti erogatori di formazione, già a partire dalla seconda edizione del progetto, la Regione ha voluto coinvolgere il sistema scolastico deputato all’istruzione degli adulti e, di concerto con l’Ufficio scolastico regionale partner di progetto, è riuscita a coinvolgere tutti i dodici CPIA piemontesi. Accanto al sistema scuola, al fine di garantire una copertura capillare del territorio piemontese, morfologicamente variegato, e coprire i tradizionali periodi di chiusura delle scuole, ci si è avvalsi di enti privati del terzo settore: associazioni, enti di formazione professionale, cooperative con professionalità riconosciute, a garanzia di una offerta il più omogenea possibile.

    Particolare attenzione è stata data alla progettazione dei servizi complementari e l’esperienza ha dimostrato che, offrendo agli utenti servizi di mediazione, tutoraggio, baby-sitting e trasporti, anche gli accessi ai percorsi formativi e la frequenza ai corsi sono notevolmente migliorate.

     

    Il coinvolgimento dei territori: la governance di Petrarca

    L’obiettivo perseguito nelle diverse edizioni del progetto Petrarca (cinque dal 2010) è stato quello di offrire un sistema omogeno a livello regionale di opportunità formative. Un importante contributo nella costruzione di soluzioni il più possibile capillari, flessibili e coerenti con le esigenze dei diversi territori è arrivato dal partenariato coi CPIA e dall’ausilio degli enti privati. Sin dall’avvio del progetto è stato infatti impostato un sistema di governance a rete, articolato in 8 nodi, uno per ogni provincia, coordinato dalla Regione (capofila del progetto) e dalle Prefetture piemontesi. Ogni nodo è composto da tutti gli attori che si occupano a vario titolo di formazione linguistica per i migranti e, più in generale, di immigrazione: enti del terzo settore, Enti Locali, scuole, sindacati, enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, parrocchie, oltre ai partner del progetto. Il nodo di rete è il luogo dove si elaborano collettivamente i bisogni di formazione linguistica del territorio e si creano le connessioni con i potenziali destinatari. Il nodo con gli anni è evoluto diventando anche luogo di confronto sul tema dell’immigrazione, utile per impostare interventi e sul lungo periodo politiche.

    L’esperienza ha dimostrato, quindi, che i territori capaci di fare rete, mettere a sistema interventi e risorse, non solo prettamente economiche, hanno raggiunto risultati significativi in termini di capacità di risposta ai bisogni degli stranieri e di coinvolgimento delle comunità locali favorendo una vera inclusione.

    Nella cornice di Petrarca 5 alcune esperienze dimostrano la capacità del progetto di rispondere alle specificità e alle esigenze espresse dal territorio.

    • In classe al lavoro. Nell’interporto di Rivalta Scrivia, grazie alle sollecitazioni nate in seno al nodo di rete territoriale e ad un accordo tra il CPIA di Novi Ligure, la società Katoen Natie (multinazionale con sede in Belgio) che gestisce l’interporto e con le organizzazioni sindacali sono stai analizzati i fabbisogni formativi dei lavoratori stranieri della Katoen Natie e della Cooperativa Logistica Agroalimentare che opera nell’interporto. Dall’analisi è emerso che il 50% degli oltre 500 lavoratori/trici dell’interporto sono stranieri e molti hanno una scarsa conoscenza della lingua italiana, condizione che di fatto limita il pieno esercizio dei diritti e genera problemi di sicurezza a causa di incomprensioni sulla terminologia tecnica. L’accordo ha consentito di organizzare diversi corsi nei locali dell’interporto durante l’orario di lavoro e ha assicurato una frequenza assidua.
    • L’italiano per mungere. Nel territorio di Cuneo si è realizzato un corso di “italiano per la mungitura” rivolto ai dipendenti stranieri di aziende agricole, soprattutto indiani, che lavorano nelle stalle. L’idea è nata da una proposta di alcuni veterinari per superare la difficoltà di comprensione delle prescrizioni medico-veterinarie da parte degli stranieri ed è stata accolta favorevolmente dagli imprenditori agricoli interessati.
    • Per i genitori di bambini/e ospedalizzati. L’associazione Casa Oz di Torino accoglie i genitori e famigliari dei bambini ricoverati presso l’ospedale pediatrico Regina Margherita. In questa sede sono stati realizzati corsi di italiano, attraverso laboratori di cucina, rivolti ai genitori stranieri in modo da rafforzare la conoscenza dell’italiano, utile anche per un confronto col personale sanitario dell’ospedale.

    Le risorse investite dai fondi FEI e FAMI sono progressivamente cresciute a dimostrazione dell’importanza che l’Unione Europea ha attribuito all’insegnamento della lingua italiana come strumento di integrazione.

    I destinatari dei progetti Petrarca sono cittadini di Paesi Terzi non appartenenti all’Unione Europea regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale con alcune eccezioni. Fino alla quarta edizione erano esclusi i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale e umanitaria. Nella quinta edizione erano esclusi solamente i richiedenti asilo, inclusi invece nella sesta edizione[12]. Questo ampliamento dei destinatari risponde ad un bisogno dei CPIA, diventati in questi anni enti di riferimento per la formazione linguistica anche dei richiedenti asilo, ma spesso in difficoltà nel rispondere alla nuova domanda.                                                                                  

    Inizialmente il Progetto Petrarca è stato finanziato attraverso un piccolo investimento sperimentale di 258.000 euro che è cresciuto progressivamente nelle edizioni successive, insieme con il numero di partecipanti. Per la quarta edizione (nel 2014) ha raggiunto i 1.200.000 euro, 1.500.000 per la quinta. Dal 2014 è anche aumentata la durata del progetto (da 12 a 18 mesi) e la fonte dei finanziamenti (dal Fondo Europeo per l’Integrazione-FEI al nuovo Fondo europeo Asilo Migrazione Integrazione -FAMI).

    Nella quinta edizione i partecipanti al progetto Petrarca sono stati 3.640 di 82 nazionalità. Di questi, il 57% sono state donne. E le nazionalità più rappresentate sono state: marocchina, cinese, nigeriana, senegalese e albanese.

    Rilevante è in particolare la presenza di donne di nazionalità marocchina, che da sole pesano per il 22% dei destinatari del progetto, e che portano in evidenza una criticità piuttosto diffusa tra le migranti provenienti da questo paese e che si trovano in Italia presumibilmente per ricongiungersi ai familiari. Il 16% delle donne intercettate dal progetto (123 donne) erano analfabete nella lingua di origine e sul totale dei destinatari del progetto, ben il 41% delle persone analfabete nella lingua di origine sono donne marocchine.

    Questi dati confermano la necessità di strutturare percorsi di formazione linguistica rivolti a particolari fasce della popolazione migrante. La possibilità offerta dal progetto di organizzare percorsi flessibili con orari personalizzati, personale docente con specifiche competenze e servizi di supporto (baby-sitting, tutoraggio individuale, mediazione culturale) progettati sui singoli casi, ha consentito a molte donne straniere, che spesso hanno carichi familiari molto pesanti, di apprendere la lingua italiana e diventare più autonome nel percorso di integrazione. Dal punto di visto anagrafico, la fascia di età più rappresentata è quella dai 30 ai 39 anni. Dei destinatari oltre il 33% è in Italia da un più di 5 anni. Il che significa che moltissime persone presentano lacune linguistiche pur vivendo da molti anni in Italia.

    Tra la prima e la quarta edizione il numero di corsi è cresciuto proporzionalmente alle risorse erogate. Nella prima edizione i corsi erano stati 10, nella seconda sono diventati 118, 191 nella terza e 257 nella quarta. Nella quinta edizione i corsi sono invece aumentati[13] in modo più che proporzionale rispetto alle risorse. La ricerca di personalizzazione dei percorsi formativi ha portato infatti all’organizzazione di corsi di italiano 20 ore per scopi specifici: dalla partecipazione ai corsi HACCP, alla sicurezza sul lavoro, dal conseguimento della patente allo svolgimento di funzioni di operatore socio sanitario, operatore domestico, addetto alla panificazione, alla gestione di persone anziane e bambini. Non essendo obbligatorio l’apprendimento dell’italiano, costruire percorsi percepiti come “utili” dagli allievi, facilmente fruibili e accessibili è il modo più efficace per avvicinare le persone migranti alla formazione linguistica e di conseguenza ai percorsi di integrazione.

     

    Alcune possibili piste di lavoro per il futuro

    Con l’ultima edizione del progetto si sono analizzate le interconnessioni fra gli studenti Petrarca e il mondo della formazione professionale e quello del lavoro. Per impostare interventi efficaci, non solo in materia di formazione linguistica, ma più in generale per promuovere reali processi di inclusione, sarebbe opportuno monitorare i percorsi degli studenti e delle studentesse. Capire per esempio se dopo aver frequentato un corso Petrarca, accedono al sistema scolastico iscrivendosi ad un CPIA, conseguono la “terza media”, si inseriscono nel mondo del lavoro e quindi proseguono nel loro percorso di autonomia.

    Con la prossima edizione del progetto ci si ripropone di affrontare le difficoltà di interconnessione delle banche dati gestite da istituzioni differenti che attualmente non consentono di analizzare i percorsi individuali. Questo favorirebbe una più attenta valutazione dei bisogni per adeguare le azioni e pianificare la programmazione futura, anche per mettere in rete diversi progetti e interventi finanziati con i vari fondi europei.

     

    Bibliografia

     

    Anglois F. Sandrolini F. (a cura di) (2018), Rapporto di valutazione del progetto Petrarca 5, A.S.V.A.P.P. – Associazione per lo Sviluppo della Valutazione e dell’Analisi delle Politiche Pubbliche, Torino.

     

    Colosio O. (2015), Il nuovo sistema di istruzione degli adulti. Dai CTP ai CPIA, I Quaderni della Ricerca n. 21, Loesher, Torino.

     

    [1] COM(2006) 614 definitivo Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere.

    [2] COM(2007) 558 definitivo COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI. Piano d'azione in materia di educazione degli adulti. È sempre il momento di imparare.

    [3] Risoluzione del Consiglio su un'agenda europea rinnovata per l'apprendimento degli adulti (2011/C 372/01). AGENDA EUROPEA PER L'APPRENDIMENTO DEGLI ADULTI.

    [4] Relazione congiunta 2015 del Consiglio e della Commissione sull'attuazione del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione (ET 2020) Nuove priorità per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione (2015/C 417/04)

     

    [5] La ridefinizione dell’assetto organizzativo e didattico dei CPIA è stata avviata con la Legge n.133/2008 successivamente attuata con il D.P.R. n. 263/2012 ne ha dettato le norme generali a partire dall’a.s. 2013/2014.

    [6] Insieme di conoscenze e competenze minime che consentono di vivere in modo attivo e consapevole.

    [7] Corrispondenti al livello A2 (elementare) in base al Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue (QCER). Il QCER è uno strumento messo a punto dal Consiglio d’Europa principalmente per definire livelli di competenza su cui misurare i progressi della persona in ogni fase dell'apprendimento e durante tutta la vita.

    [8] L’Accordo è stato istituito con D.P.R. 179/2011.

    [9] Il sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) è stato istituzionalizzato con legge 189/2002, è costituito dalla rete degli Enti locali che attraverso le risorse messe a disposizione con il fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo realizzano, grazie anche al supporto degli enti del terzo settore, progetti di accoglienza.

    [10] Articolo 9 Dlgs 268/98 Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero; Decreto del Ministero dell’Interno del 4 giugno 2010 Modalità di svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana, previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286

    [11] D.P.R. 14 settembre 2011, n.179 Regolamento concernente la disciplina dell'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato

     

    [12] Il nuovo piano regionale Petrarca 6 è stato presentato al Ministero dell’Interno e prenderà avvio verso la fine del 2018 e completerà il ciclo della programmazione del fondo FAMI il 31/12/2021.

     

    [13] Nel corso del progetto Petrarca 5 sono stati erogati 27 corsi di livello pre-A1, 125 corsi di livello A1, 95 corsi di livello A2, 32 corsi di livello B1 e 105 corsi dedicati a linguaggi specifici

    Il buon numero di corsi dei livelli sperimentali pre-A1 e B1 ha dimostrato la necessità di differenziare il più possibile le classi per livelli di competenza e obiettivi da raggiungere in modo che i gruppi siano il più possibile omogenei e le persone possano misurare i loro progressi e giudicare utile il percorso che stanno intraprendendo

     

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