Covid-19 nella maglia della rete ospedaliera regionale

    A cura di S. Bellelli, L. Giordano, L. Sileno, G. Tresalli, Ires Piemonte

    Nell’ultimo decennio la rete ospedaliera regionale è stata interessata da una profonda trasformazione, il cui effetto più evidente è il processo di deospedalizzazione. Si è trattato di un processo che, puntando inizialmente all’obiettivo della razionalizzazione della spesa pubblica, ha poi portato ad interrogarsi sulle altre dimensioni della sostenibilità del Sistema Sanitario Regionale (SSR) ed ad incidere sulla sua organizzazione.

    Infatti si è passati da un SSR sostanzialmente fondato sul ruolo dell’ospedale come luogo omnicomprensivo per la Sanità ad un sistema costituito da una rete ospedaliera e da una rete territoriale, i cui poli si stanno ora connettendo da percorsi di cura che arrivano fino al domicilio degli assistiti. La trasformazione da un sistema diffuso ad un modello a rete ha permesso di puntare sulla specializzazione degli ospedali come luoghi per il trattamento della fase acuta della malattia o per la diagnostica avanzata e sul consolidamento delle reti sanitarie territoriali e di quelle socio-assistenziali come ambiti in grado di ricevere in piena appropriatezza le funzioni incompatibili con il nuovo ruolo di ospedale.

    Trattandosi di un’evoluzione in termini organizzativi e gestionali verso la specializzazione degli ospedali ed il potenziamento della rete territoriale, un effetto evidente è la riduzione del numero degli ospedali pubblici a gestione diretta, che è diminuito da 63 a 49 unità, e la riduzione dei posti letto in rete pubblica, che dal 2010 al 2018 si sono contratti dell’11%.

    Figura 1: posti letto, in regime di ricovero ordinario e diurno, negli ospedali piemontesi in rete pubblica

     

     

     

    Fonte: elaborazione a cura degli Autori su dati del Ministero della Salute, open data

    La riduzione dei posti letto ha interessato, distintamente, sia gli ospedali pubblici a gestione diretta, sia gli ospedali privati in rete pubblica (privato accreditato ed IRCCS[1]). Guardando ai singoli ambiti di competenza – quello degli acuti, della lungodegenza e della riabilitazione ospedaliera – si rileva che la contrazione del numero dei posti letto negli ospedali pubblici a gestione diretta li ha riguardati tutti indistintamente (10,2% per gli acuti, 41,7% per la lungodegenza e 17,1% per la riabilitazione). Nel caso delle strutture private in rete pubblica, invece, la contrazione c’è stata per gli acuti (29,9%) e per la lungodegenza (19,6%), ma non per la riabilitazione, che è stata interessata da un progressivo incremento (11,3%). Ciò significa che oltre al processo di deospedalizzazione c’è stato anche un fenomeno di ridistribuzione che, in coerenza alla strategia di specializzazione e gerarchia fra gli ospedali, ha restituito agli ospedali privati in rete pubblica parte della riabilitazione che veniva effettuata presso gli ospedali pubblici a gestione diretta.

    Per verificare se il processo di deospedalizzazione e ridistribuzione abbia interessato anche l’alta complessità – e ci si attende che non sia così, perché l’alta complessità non ha corrispondenti territoriali – si può osservare la variazione del numero dei posti letto in ricovero ordinario destinati alla terapia intensiva.

    Si rileva, in effetti, che la riduzione dal 2010 al 2018 è del 4,1%, riguardando 13 posti letto. Occorre tra l’altro fare presente che la complessità dell’assistenza intensiva, in termini clinici, tecnologici e farmaceutici, allarga il ventaglio delle possibilità di beneficiare dell’innovazione ed è pertanto possibile che la riduzione osservata, sebbene contenuta, sia l’effetto di un incremento dell’efficacia e dell’efficienza dei trattamenti intensivi, ovvero delle cure che vengono a monte, fino al limite di non rendere più necessario il trasferimento in terapia intensiva.

    Tabella 1: posti letto, in regime di ricovero ordinario, per la terapia intensiva nelle strutture pubbliche e private in rete pubblica

    Tipologia di ospedale

    Anno 2010

    Anno 2014 Anno 2018
    Ospedali pubblici a gestione diretta 309 303 298
    Ospedali privati in rete pubblica 3 1 1
    TOTALE 312 304 299

    Fonte: elaborazione a cura degli Autori su dati del Ministero della Salute, open data

    Nelle altre regioni d’Italia la situazione è sostanzialmente corrispondente. Fatta eccezione per il Molise, in nessun caso si osservano, fra il 2010 ed il 2018, significative riduzioni nel numero dei posti letto per la terapia intensiva (in termini di letti ogni 100.000 abitanti)[2].

    Il riordino della rete ospedaliera ha quindi restituito ospedali specializzati nel trattamento della fase acuta della malattia, non penalizzandoli sul fronte dell’alta complessità. Ciò nonostante l’emergenza in atto per fronteggiare i nuovi bisogni di cura e di assistenza dei soggetti contagiati dal COVID-19 ha messo a dura prova il SSR, sollecitandolo su più fronti: il primo è quello del maggiore ricovero per cure intensive; il secondo è quello territoriale, sia dal lato della prevenzione, sia per quanto riguarda l’assistenza al domicilio dei pazienti infetti, ma asintomatici o con sintomi lievi.

    Rispetto al ricovero per cure intensive la specializzazione degli ospedali è certamente un argomento a favore della tempestività e della qualità delle cure e che la loro gerarchia, dalla quale discende un’organizzazione a rete, è coerente alla necessità di identificate dei poli per l’assistenza dei pazienti COVID-19. Si tratta però di caratteri che, a fronte della sollecitazione indotta dall’emergenza sanitaria in corso, si presentano come una potenzialità da valorizzare con un’opportuna organizzazione e, soprattutto, con investimenti per realizzare e gestire ulteriori unità di cura intensiva, intese non solo in termini di posti letto, ma anche – e soprattutto – di personale, di tecnologie e di procedure.

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    Box: l’esperienza tecnica dell’AOS. Croce e Carle di Cuneo nell’intervista all’Ing. Paola Arneodo

    L’Ing. Paola Arneodo, Responsabile tecnico dell’AO S. Croce e Carle di Cuneo, riferisce che la gestione dell’emergenza è stata rimandata ad un’unità di crisi aziendale, che ha riorganizzato l’attività ospedaliera riconvertendo alcuni reparti di degenza in reparti COVID-19, accorpando e chiudendone altri.

    Dall’inizio dell’emergenza al 22 marzo l'ospedale si è letteralmente trasformato con l’apertura di 119 posti letto di degenza COVID-19, organizzati in 4 distinti reparti, di 21 posti letto di terapia intensiva e di 16 posti letto per la terapia semintensiva. All’interno del Pronto Soccorso, inoltre, è stata creata un’area per la sosta dei pazienti in attesa di conferma del tampone.

    Oltre alle modifiche architettoniche, necessarie a realizzare percorsi e locali confinati, particolarmente critico si è dimostrato l’aspetto impiantistico, che ha richiesto interventi sugli impianti di trattamento aria e sugli impianti gas medicinali, in modo da garantire il funzionamento degli apparecchi di ventilazione meccanica non invasiva (C-PAP) necessari per superare le situazioni di insufficienza respiratoria tipiche dei casi di COVID-19. Per capire l'impatto che ha avuto l'emergenza sull'ospedale, basti considerare che nei reparti di degenza i consumi dell'ossigeno sono aumentati di circa quattro volte: quantità che ha effetti, a sua volta, sulla gestione e sulla logistica degli approvvigionamenti, determinando, ad esempio, il raddoppio dell’area per lo stoccaggio dell’ossigeno.

    Nel brevissimo periodo la riorganizzazione dell’attività ospedaliera è stata operata dal personale aziendale, che è stato supportato da ditte esterne intervenute in emergenza. Alla difficoltà di garantire la continuità della manutenzione delle strutture e degli impianti ospedalieri, essenziali alle cure e alla sicurezza sia dei pazienti, sia degli operatori, si è aggiunta quella della gestione del rischio biologico e dell’approvvigionamento dei materiali tecnici.

    La situazione è in continua evoluzione ed attualmente si sta ragionando su come mettere l’ospedale in condizione di affrontare la graduale ripresa in sicurezza, seppur con un inevitabile incremento dei costi, anche per quanto riguarda la manutenzione. Gli interventi inerenti l’impiantistica dei gas medicinali saranno in parte riutilizzabili, così come sicuramente le attrezzature delle terapie intensive e semintensive. Al fine di garantire la transizione verso una condizione ordinaria, si è scelto di fare ricorso ad aree “grigie” per il ricovero dei pazienti sospetti, in attesa della conclusione dell’iter diagnostico, e la realizzazione di aree COVID-19, all'interno dei reparti dell'ospedale, di dimensioni più contenute di quelle attuali.

    Purtroppo la scarsa flessibilità ed i vincoli strutturali dei due presidi Aziendali non permettono un'ottimale separazione dei flussi e in molti reparti di degenza sono ancora presenti camere a più letti senza bagno, prive di impianto di condizionamento, necessario ad assicurare un idoneo ricambio aria. Con tali limiti è difficile isolare opportunamente i pazienti, come indicato dalle linee guida regionali; ne conseguirà una inevitabile riduzione della capienza complessiva dei due presidi ospedalieri rispetto a quanto si potrebbe realizzare se le condizioni fossero ottimali.

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    L’emergenza in corso ha quindi confermato il ruolo degli ospedali, mettendo in evidenza il tema della carenza di investimenti, ed ha sollecitato le reti territoriali, facendo emergere quanto sia importante la necessità del loro potenziamento. Ha inoltre messo in evidenza che il SSR, già predisposto per fronteggiare l’emergenza grazie all’evoluzione che lo ha specializzato, ha una forte potenzialità: una potenzialità che, come un giacimento, richiede però uno sforzo per rendere disponibile il suo valore. E’ uno sforzo che deve essere compiuto su due fronti. Il primo è quello degli investimenti in tecnologie, personale e strutture; il secondo è quello per la costituzione di un disegno complessivo, unitario e coerente della rete integrata ospedale-territorio e dei percorsi che la connettono, facendo in modo che arrivino alle persone. La programmazione è la competenza comune ai due fronti ed, al tempo stesso, il presupposto affinché gli sforzi ora compiuti vengano restituiti come un valore per la collettività ad emergenza risolta.

     

    [1] IRCCS Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico

    [2] M. Angelici, P. Berta, F. Moscone e G. Turati, Ospedali, dove e perché si è tagliato: https://www.lavoce.info/archives/64538/ospedali-dove-e-perche-si-e-tagliato/

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