Non perdiamo l’autobus

    di Serena Lancione  - Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori

    Diverse volte, in questi ultimi mesi, per il ruolo che ricopro - da settembre sono stata nominata Presidente regionale di ANAV, Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori - mi è stato chiesto di dare un contributo per comprendere quali sono stati gli effetti della pandemia sul settore del trasporto persone, di quali potrebbero essere le prospettive di ripresa e le strategie di sviluppo. Ho preso tempo perché, nonostante sia una inguaribile ottimista, alla vigilia della terza ondata, azzardare una riflessione su tempi e modalità della ripresa è un tema arduo ma anche sfidante. Il sistema dei trasporti purtroppo continua essere uno dei settori più penalizzati dalla pandemia. Evidenti ragioni di carattere sanitario prevalgono, inevitabilmente e giustamente, su qualsiasi altro ragionamento.

    Credo comunque che l’esperienza del primo e del secondo lockdown avrebbe dovuto evitare il reiterarsi di certe scelte di carattere organizzativo, facendo sì che venissero adottate misure più rapide ed efficaci per contenere i danni di natura economica, mettendo in sicurezza le aziende e dunque i lavoratori. Una per tutte? La chiusura totale delle scuole ivi compresi i laboratori in presenza.

    La fiducia verso il sistema del trasporto pubblico

    Dopo una prima fase in cui abbiamo assistito ad attacchi massicci da parte dei media nei confronti del sistema del trasporto pubblico, individuato come uno dei principali veicoli di trasmissione del virus, alcune evidenze scientifiche nel frattempo intervenute hanno riposizionato il trasporto nell’ambito di tutte quelle situazioni in cui il rischio di contagio esiste non di meno e non di più rispetto ad altre realtà.

    Inutile sottolineare come la continua demonizzazione del bus abbia sofferto di alcuni cortocircuiti logici soprattutto se pensiamo al numero di volte in cui tutti noi entriamo nei supermercati o nei negozi e, più in generale, a quante volte ci siamo chiesti se in questi luoghi vengano adottate procedure di sanificazione e di ricambio dell’aria così come avviene obbligatoriamente e tassativamente sui mezzi pubblici.

    Certo non mi stancherò mai di ripetere che dobbiamo continuare sempre tutti a ispirarci al principio di prudenza evitando situazioni di probabile contagio ma non potendo fare a meno prima o poi di riprendere a vivere, dobbiamo trasmettere la giusta fiducia verso il sistema del trasporto pubblico e privato veicolando una informazione il più possibile completa.

    Questa personale considerazione da cosiddetto buon padre di famiglia ritengo debba essere supportata da alcune importanti evidenze scientifiche e anche da una indagine molto interessante condotta della nostra associazione nazionale di categoria, Anav appunto.

    L’indagine dell‘Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori

    L’Associazione, sul tema, ha effettuato un’indagine interna tra le proprie aziende associate mirata a comprendere il tasso di diffusione del Covid-19 fra il personale conducente. Diffusione generale, non contratta a bordo autobus perché in assenza di approfondimenti specifici è difficile individuare con certezza il nesso di causalità’ nonché il modo e il luogo con cui una autista ha contratto il virus.

    L’indagine è stata eseguita nel periodo tra fine dicembre 2020 e fine gennaio 2021. L’acquisizione dei dati è stata effettuata tramite l’inoltro di un breve questionario al quale hanno risposto circa 80 aziende. Il campione rilevato (stimato in quanto non è stato chiesto il numero di conducenti in forza all’azienda ma solo un range) si aggira attorno ai 6.000 conducenti. Molte aziende, evidentemente quelle di più ridotte dimensioni, hanno segnalato di non aver riscontrato nessun positivo al Covid-19.

    Il 20% di risposte ha visto poi indicare come tasso di contagio la classe 1%-2%. Una quota minore invece ha avuto tassi di contagio superiori. In media dunque, si è riscontrato un tasso di positività inferiore al 2%, contro un valore di quello nazionale (inteso come il tasso di diffusione rispetto alla popolazione generale) che si aggira attorno al 4%.

    Quanto emerso dall’indagine di fatto evidenzia come la mansione del conducente di autobus non sia soggetta ad un maggiore rischio di contrazione del virus rispetto alle normali situazioni di vita quotidiana.

    Tra l’altro è importante notare come il dato rilevato comprenda i casi di contrazione del virus avvenuta in ogni situazione di vita del conducente e, quindi, l’ipotesi di un eventuale contagio sul luogo di lavoro rappresenta solo una parte di una percentuale di contagi già di per sé molto bassa.

    Ma quali sono le motivazioni per le quali gli autisti dei mezzi pubblici non hanno contratto il virus in misura maggiore rispetto ad altre categorie? quali sono quindi le ragioni per cui il trasporto pubblico locale non è causa di una elevata diffusione del virus?

    Sicuramente una serie di motivazioni, tra cui il tasso di permanenza a bordo muniti di idonea mascherina, ma tra tutti determinante e’ il sistema di sanificazione dei mezzi. Si tratta di un sistema di prescrizioni di sanificazione molto approfondito comprese attività di abbattimento della carica batterica, di igienizzazione e disinfezione.

    Anche l’Istituto di sanità pubblica francese ha pubblicato un rapporto nel quale sono stati elencati i luoghi in cui si generano i maggiori cluster di contagi (focolai di almeno tre contagiati). Dall’elenco emerge che i trasporti (in generale) sono responsabili solo dell’1% dei cluster. A generare i maggiori rischi sono invece case di riposo e strutture sanitarie, ristoranti e bar.

    Dunque, posto il necessario focus sulla sicurezza degli autobus, obiettivo ormai centrale nella gestione quotidiana dei servizi da parte delle aziende, in piena terza ondata è necessario un cambio di prospettiva nella visione del problema/opportunità della pandemia per il sistema del trasporto persone.

    Conclusioni

    Ritengo fondamentale dunque riprendere l’obiettivo che il settore, insieme alla Regione Piemonte, si era dato già nel 2019 prima dell’inizio della pandemia: incrementare il numero di utilizzatori del servizio pubblico.

    A fronte di una costante diminuzione delle risorse dello stato per finanziare il trasporto pubblico, l’attenzione massima degli operatori deve essere rivolta ad aumentare la domanda di trasporto attraverso un’offerta sempre più capillare. Uno sforzo quindi tutto mirato a sottrarre quote di traffico all’auto privata e a valorizzare gli elementi positivi dell’utilizzo del trasporto pubblico (minori costi, maggiore libertà di movimento). Sforzo che deve essere accompagnato dalla necessaria previsione di corsie preferenziali togliendo qualsiasi tipo di barriera di accesso all’utilizzo del mezzo pubblico.

    Questi obiettivi continuano ad essere qualificanti anche dopo la pandemia che sicuramente ha contribuito ad affinarli e a renderli più in linea con le criticità che il virus stesso ha messo in evidenza.

    Mi riferisco in particolare alla opportunità di dilatare i tempi di studio e di lavoro nell’arco della giornata. La normativa sul contingentamento dei mezzi ha portato all’evidenza di tutti come la soluzione non possa essere quella di raddoppiare oppure triplicare il parco mezzi per garantire il giusto distanziamento a bordo.

    Bisogna guardare ad alcune interessanti esperienze del Nord-Europa dove ormai da tempo è stato introdotto  il concetto di off-peak on-peak: il costo e la tipologia di viaggio durante un periodo di punta non può essere lo stesso di quando si viaggia in morbida , di quando in altre parole l’autobus viaggia vuoto.

    Un’alternativa al modello di cui sopra potrebbe essere rappresentata dalla diversa distribuzione dei tempi di lavoro e di studio delle città, distribuendo il traffico durante un arco temporale della giornata più ampio. Come si può fare? Semplicemente posticipando gli ingressi nelle scuole di qualche ora. Nessuno stravolgimento di vita, garantendo tempo libero ai ragazzi e per le attività’ sportive e per lo svago e per le relazioni familiari.  Senza dimenticare che gli effetti potrebbero essere positivi sia per il decongestionamento del traffico sia per la  piccola economia locale.

    Oltre al tema della sicurezza e a quello della qualità’ del servizio, il sistema del trasporto pubblico è interessato al processo della transizione energetica. Siamo di fronte ad un momento epocale per il settore. Con i finanziamenti in arrivo dal Recovery fund i decisori dovranno virare totalmente verso nuove alimentazioni che impatteranno anche sulla gestione delle infrastrutture nelle città.

    Ritengo fondamentale che il dibattito tra gli stakeholder sulla transizione energetica debba intervenire prima della “messa a terra” dei finanziamenti. Un’attenta analisi costi benefici di ogni tipologia di alimentazione per il sistema rappresenterebbe quel valore aggiunto che ci consentirebbe di avere piani industriali delle aziende in sinergia con i piani strategici e infrastrutturali delle città.

    Il tema della transizione energetica porta inoltre con sé alcune importanti riflessioni sul sistema degli affidamenti dei servizi: arriveranno presto tante risorse e le aziende dovranno essere pronte a investire garantendo la massima tempestività. Per ottenere questo risultato, occorrerà dunque rivedere il sistema dei contratti di servizio e portare avanti il sistema Piemonte nel suo complesso.

    Solo una visione sinergica del settore, che tenga contestualmente conto della qualità del servizio, della sostenibilità ambientale, dell’equilibrio economico finanziario delle aziende e  della stabilità dei posti di lavoro può essere la giusta strategia e imprimere la auspicata direzione lungo la quale muoversi.

     

    Parole chiave: trasporto pubblico locale, risorse, pandemia

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