I Servizi per la prima infanzia in Piemonte e in Italia

    di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – Politecnico di Torino

    Introduzione

    In Italia, l'offerta quantitativa di servizi educativi per bambini sotto i tre anni d'età si colloca intorno ai livelli medi europei, benché tuttora a notevole distanza rispetto, ad esempio, alla Francia o alle nazioni scandinave. Negli ultimi anni la situazione è comunque sensibilmente migliorata, in particolare grazie al Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi 0-2 anni, finanziato dal Governo nel 2007: a livello nazionale, nel complesso, la disponibilità di posti è cresciuta di oltre il 40% e la copertura dell'utenza potenziale – ossia della popolazione con meno di 3 anni – è oggi allineata alla media europea.

    L'articolo propone una breve analisi sulle caratteristiche dei servizi educativi per la prima infanzia e la loro diffusione in Piemonte a confronto con le altre regioni italiane.

     

    I servizi per la prima infanzia crescono e si differenziano

    Negli ultimi anni, in tutte le maggiori regioni italiane s'è registrata una crescita dei tassi di copertura della fascia d'età 0-2 anni; in Piemonte tale crescita è stata particolarmente consistente, tant'è nel 2010 solo in Emilia Romagna si registra un tasso superiore di copertura, pari al 29,4% dell'utenza potenziale; in Piemonte tale tasso è pari al 22%, precedendo la Toscana (21%), il Friuli Venezia Giulia (20,2%) e la Lombardia (18,9%), valori tutti superiori alla media nazionale, pari al 14%.

    L'aumento generalizzato dell'offerta di posti disponibili ha prodotto quasi ovunque un rilevante ridimensionamento delle liste d'attesa; soltanto in Sicilia e in Puglia il problema è andato peggiorando. Il Piemonte, che nel 2000 risultava tra le regioni italiane più virtuose (aveva le liste d'attesa più contenute dopo quelle dell'Emilia), si colloca oggi nella media nazionale.

    Uniformandosi a una tendenza generalizzata dei sistemi di welfare occidentali, anche all'interno del settore dei servizi per la prima infanzia stanno crescendo in modo considerevole forme organizzative e gestionali che coinvolgono soggetti privati e del terzo settore, a fianco del settore pubblico. Negli ultimi anni, circa un terzo dei posti disponibili in servizi educativi per la prima infanzia sono erogati da strutture private, per due terzi gestite dal settore profit (raramente convenzionate col settore pubblico) e per un terzo da cooperative e associazioni (che per la quasi totalità gestiscono servizi pubblici messi a bando). Rimane invece marginale nel nostro Paese il settore – altrove rilevante, oltre che giuridicamente riconosciuto – delle baby-sitter private.

    Nel complesso, in Italia, la rilevanza dell'offerta di posti in servizi educativi privati è considerevolmente cresciuta, diventando in alcune regioni maggioritaria: in Friuli Venezia Giulia nel 2010 è pari al 59,1% dell'offerta complessiva, in Sardegna al 51,2%. In Piemonte, invece, l'offerta privata rimane ancora complessivamente bassa (27,3%), inferiore alla media nazionale (33,9%) e superiore solo a poche altre grandi regioni: Liguria 25,3%, Emilia Romagna 23,3%, Calabria 21,3% e Sicilia 6%.

     

    Figura 1. Posti complessivi disponibili nei nidi comunali delle principali regioni italiane, per tipologia di servizi educativi

    1_Davico_Fig-1

    Fonte: Istat

     
    Sotto il profilo organizzativo, la normativa italiana che regola i servizi educativi per la prima infanzia stabilisce che è compito delle Regioni definire le tipologie di servizi, gli standard, i criteri autorizzativi e di funzionamento, formulare i piani di sviluppo dei servizi, i modelli di regolazione e controllo, monitorare domanda e offerta; ai Comuni spetta invece una responsabilità di governo operativo dei servizi, di coordinamento della programmazione, di gestione diretta dei servizi, di autorizzazione e accreditamento dei privati. Come in diversi altri campi, anche per i servizi educativi la crescente autonomia regionale ha prodotto una significativa differenziazione dei sistemi di offerta. Nel complesso, comunque, è oggi possibile distinguere nel nostro Paese tre fondamentali tipologie di servizi educativi cosiddetti "innovativi", ossia diversi dai classici asili nido pubblici: spazi gioco (denominati anche centri di custodia oraria o baby parking, dove i bimbi possono rimanere – anche in giorni saltuari – fino a cinque ore, senza mensa né riposo pomeridiano), centri per bambini e genitori (in forme varie, come ludoteche, laboratori, ecc.), servizi domiciliari (per piccoli gruppi di bambini, in alloggi gestiti da educatori qualificati singoli o associati).

    La crescente articolazione dell'offerta di servizi educativi differenziati dipende sia dall'esigenza di offrire alle famiglie un'offerta maggiormente flessibile (per orari, modalità di frequenza, tariffe ecc.) sia dalla necessità di risparmiare denaro pubblico. Infatti, i nidi pubblici sono i più cari sotto il profilo gestionale, poiché si tratta di servizi più strutturati ed organizzativamente più "rigidi": in Italia oggi la gestione di un nido d'infanzia pubblico costa cinque volte tanto – in termini di spesa media per utente – rispetto ad altri servizi educativi (in Piemonte – così come in Friuli e in Puglia – si arriva a livelli anche nove volte superiori).

    Dal punto di vista degli utenti, le rette più contenute ai nidi comunali si hanno nelle regioni meridionali (dati a fine 2012, fonte Cittadinanzattiva): in Calabria pari a 114 euro mensili medi, in Puglia a 210, in Campania a 212, in Sicilia a 213. All'opposto, le rette più care si registrano in Lombardia (403 euro), in Friuli Venezia Giulia (380) e in Piemonte (370). Anche la compartecipazione alla spesa da parte delle famiglie risulta alquanto variabile: si va da regioni, come la Sicilia o la Campania, nelle quali le famiglie contribuiscono minimamente – sia nel caso dei nidi d'infanzia sia degli altri servizi educativi – a regioni come la Toscana o il Veneto in cui le famiglie coprono tra un quinto e un quarto dei costi medi per utente; il Piemonte, da questo punto di vista, si colloca in una posizione intermedia rispetto alle altre regioni italiane.

    Nel quinquennio 2007-2012 si è registrato a livello nazionale un incremento delle rette pari al 4,1%; in alcuni casi gli aumenti sono però stati sensibilmente superiori alla media: in Piemonte +7,6%, in Emilia +7,8%, in Campania +13,4%, in Toscana +14,8%, in Sicilia addirittura + 21%. Soltanto in due regioni si registra una diminuzione della retta: in Veneto dell'8,4%, in Puglia del 13,2%.

     

    Una lente sul Piemonte

    Per quanto riguarda il sistema dei servizi educativi del Piemonte, nell'anno 2012-2013 operano in Piemonte 736 strutture per la prima infanzia, il 40% delle quali gestite dal settore pubblico, il 60% da privati. I gestori pubblici più numerosi sono i Comuni, mentre tra i soggetti privati emerge in particolare il peso delle società di persone, ma anche delle ditte individuali, delle cooperative sociali e di altri soggetti del settore non profit.

    A proposito dei livelli di copertura della domanda potenziale – in termini di posti offerti rispetto al numero di bambini con meno di tre anni d'età – la situazione piemontese si presenta decisamente eterogenea: in particolare, risulta elevata la disponibilità di posti in provincia di Biella, mentre all'opposto si colloca la provincia di Cuneo, con livelli decisamente bassi. Negli ultimi anni, i livelli di copertura della domanda potenziale sono ovunque cresciuti, con gli incrementi maggiori nelle province di Vercelli (+68,4%) e di Alessandria (+68,1%).

     

    Figura 2. Piemonte: posti disponibili nei servizi educativi ogni 100 bambini con meno di tre anni. Totale posti in nidi d'infanzia, micronidi, centri custodia oraria, nidi in famiglia, sezioni primavera

    1_Davico_Fig-2

    Fonte: Regione Piemonte

     

    Considerando i trenta maggiori comuni piemontesi, nel 2013 i massimi tassi di copertura della fascia 0-2 anni si registrano ad Ivrea (52,3%), a Biella (45,3%) e a Vercelli (39,8%). Viceversa i livelli più bassi riguardano Nichelino (21,8%), Orbassano (21,7%), Savigliano (19,6%) e, soprattutto, Carmagnola (15,3%).

    I maggiori incrementi tra il 2006 e il 2013 si registrano a Tortona (+19,6%), ad Alba (+17,6%) e a Ivrea (+16,4%); soltanto in due casi la copertura s'è ridotta: Mondovì (-2,1%) e Pinerolo (-2,3%).

    Quanto all'assortimento dell'offerta pubblica-privata, si va da comuni (come Nichelino) in cui la quasi totalità dei posti in servizi educativi è pubblica a centri dove questa è invece minima: ad Alba, ad esempio, i posti nei nidi comunali sono pari al 22,3% di quelli disponibili, a Chivasso al 29%, a Borgomanero e a Bra al 32,1%. Considerando, di nuovo, le variazioni tra il 2006 e il 2013, il rilievo dei nidi comunali è aumentato solo in cinque città: Verbania (+8,1%), Novi Ligure (+3,1%), Alessandria (+0,7%), Rivoli (+0,4%) e Nichelino (+0,2%).

     

    Figura 3. Copertura della domanda potenziale nei trenta maggiori comuni del Piemonte, per tipologia di servizi educativi 0-2 anni (posti disponibili al 30.6.2013; altre strutture: nidi privati, micronidi, centri custodia oraria, nidi in famiglia, sezioni primavera)

    1_Davico_Fig-3

    Fonte: Regione Piemonte, Politiche sociali

     

    Per approfondimenti :

    L. Davico, S. Crivello, Innovazioni nei servizi per la prima infanzia, Contributi di Ricerca 254/2013, Ires Piemonte

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