I servizi sociali tra domanda crescente e risorse scarse: un nuovo ruolo per la finanza locale

    di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (farePA S.r.l.)

    Premessa

    Il presente contributo costituisce una sintesi del paper I servizi sociali tra domanda crescente, risorse scarse ed un nuovo ruolo per il Patto di Stabilità curato da Luca Bisio e Daniele Valerio ed in corso di pubblicazione nel secondo Rapporto sulla Finanza Pubblica della Fondazione Rosselli. L'evoluzione normativa degli ultimi mesi e la volontà di calare il tema nel contesto piemontese ha comportato l'esigenza di un generale aggiornamento dei contenuti statistici e normativi del paper. Ciò che non è stato oggetto di revisione è il messaggio di fondo sulla necessità di una chiara ridefinizione del sistema dei vincoli della finanza locale.

    Il contesto di riferimento

    In molti, dal 2007 ad oggi, hanno parlato delle cause e degli effetti della crisi economica che ha lasciato in Piemonte, come nel resto del Paese, conseguenze di grande rilievo: la disoccupazione che dal 2008 al 2013 è cresciuta dal 4,3% al 10,6%, l'indice di povertà relativa che è passato dal 6,1% del 2008 al 7,3% del 2012, salvo poi scendere al 6,6% nel corso del 2013, che significano pur sempre 22.000 nuovi poveri su una popolazione di 4,4 milioni di piemontesi ed un monte ore complessivo della Cassa Integrazione Guadagni che è passato da valori inferiori alle 30 milioni di ore del 2007, sino a quadruplicare nel 2014.

    Nonostante tutto, secondo il Ministero del Lavoro "il sistema di coesione sociale ha tenuto, consentendo al [...] Paese di fare sacrifici senza perdere di vista le speranze per un futuro di maggiore prosperità, crescita e uguaglianza"(1). Ciononostante, in un orizzonte non troppo lontano, si prospettano tendenze evolutive che richiedono una risposta che sappia configurarsi quale soluzione sistemica di lungo termine, tanto a livello locale quanto a livello nazionale.

    Se infatti, a livello nazionale, si prevede un tasso di disoccupazione che permarrà su valori superiori al 10% fino ad almeno il 2020, sintomo che i disoccupati ex crisi non avranno facile ricollocamento, la previsione dell'invecchiamento della popolazione porterà il rapporto tra quella anziana e quella attiva ad una costante crescita che in Piemonte, partendo dall'attuale 37% arriverà al 60% entro il 2050, minando seriamente la tenuta dei sistemi previdenziali.

    Oltre a queste, sono da ricordare anche le altre sfide che il sistema socio-economico dovrà affrontare, tra cui la riduzione della dimensione dei nuclei familiari e l'affermazione di nuovi modelli (con la perdita del ruolo sociale della famiglia tradizionale), e l'incremento della popolazione immigrata, con crescenti esigenze di accoglienza ed integrazione.

     

    Il ruolo dei Comuni tra tagli e vincoli

    La risposta a tali sfide passerà necessariamente dai Comuni, cui, sin dall'attuazione delle Leggi Bassanini (D.Lgs. 112/1998), sono affidate le funzioni ed i compiti amministrativi relativi ai servizi sociali. Tale delega ha generato non poche difficoltà dal 2006 ad oggi. Ciò a causa di una crescente domanda di servizi cui gli Enti hanno saputo rispondere con maggiori spese fino al 2010; da quel momento, le forti contrazioni ai trasferimenti statali (-28% in un solo anno) hanno generato difficoltà a soddisfare le esigenze socio-assistenziali.

    Dal confronto del dato piemontese con il dato nazionale emerge come in Piemonte si sia risposto in modo apparentemente differente alla congiuntura ed ai tagli; se da un lato, infatti a livello nazionale tra il 2006 e il 2011 si registra un arretramento del peso percentuale dei Comuni sulla spesa sociale, a vantaggio di Distretti Sociali, Consorzi e altre forme associative tra Enti Locali, sintomo di una ricerca di economie dimensionali, i dati sul Piemonte fanno registrare un lieve arretramento delle forme associative, ivi compresi i Consorzi (che rappresentano il 34% della spesa sociale, contro il 7,8% a livello nazionale) a favore di Comuni e Aziende Sanitarie.

    Paragonabile, invece, è la scelta sulle tipologie di prestazioni su cui concentrarsi; sia a livello nazionale che a livello piemontese, infatti, si registra un trend stabile/crescente delle prestazioni socio-assistenziali e dei trasferimenti in denaro a fronte di un calo generalizzato della spesa sociale per le strutture di accoglienza residenziali e non.

    Accanto ai tagli ai trasferimenti, a rendere ancor più gravoso l'onere dell'ampliamento delle aree di bisogno e di disagio sociale,. sono stati introdotti una serie di vincoli alla spesa tra cui si ricordano:

    o i limiti alle dinamiche del personale che rendono complesso (se non l'incremento) il presidio del livello quali-quantitativo dei servizi;

    o le spending review che ostacolano, di fatto, il ricorso al mercato per l'erogazione dei servizi;

    o i tagli alla formazione, che impediscono agli Enti di proporre e intraprendere soluzioni alternative/innovative con la dovuta preparazione e competenza, con il rischio di effetti boomerang devastanti (si veda, ad esempio, il caso dei derivati);

    o i crescenti vincoli sul Patto di Stabilità e gli ulteriori limiti all'indebitamento.

    L'unico, seppur parziale, argine ai vincoli è costituito dal Patto di Stabilità territoriale, con cui potenzialmente le Regioni possono adattare le regole dalla normativa nazionale in tema di Patto di Stabilità per stemperarne l'impatto dei vincoli in ragione delle diverse situazioni finanziarie, scambiando spazi finanziari con Province e Comuni (Patto verticale) o favorendone lo scambio tra Enti del medesimo livello istituzionale (Patto orizzontale).

    L'adozione piemontese del Patto territoriale, rappresenta indiscutibilmente una best practice a livello nazionale, anche se non si leggono decisi interventi volti a fornire un sostegno alle spese sociali (eccezion fatta per quelle per l'edilizia scolastica) ed alla governance associata dei servizi, come invece è avvenuto in Emilia Romagna e avviene in Lombardia, dove si sono previsti, rispettivamente, incentivi all'edilizia scolastica e ai Comuni capofila di gestioni associate e forme di privilegio nella ripartizione degli spazi finanziari per gli Enti titolari di Residenze Socio-assistenziali e di Piani di Zona Sociali.

    La questione, per la verità, riguarda l'intero strumento del Patto territoriale che ha poggiato le basi su cabine di regia (le Regioni) che scontano la mancanza di poteri in tema di finanza locale. La definizione dell'obiettivo per comparto istituzionale e non per territorio, la generale impostazione verticistica del PSI territoriale, i cui tempi e modi sono comunque calati dall'alto e l'assenza di un potere sanzionatorio rappresentano i principali fattori che non lasciano intravedere, infatti, un vero spazio d'azione per le Amministrazioni regionali.

    La riforma del Patto di Stabilità interno, e con esso del Patto territoriale, da auspicio è diventata certezza con l'approvazione della Lg. Cost. 1/2012 e del D.Lgs. 243/2012 che, dal 2016, comporteranno l'applicazione anche agli Enti Locali del cd. pareggio di bilancio con la conseguente inevitabilità di una revisione complessiva del sistema dei vincoli alla finanza pubblica, tra cui il Patto.

    Tale revisione dovrà sicuramente affrontare il delicato tema del trade off tra esigenze di austerità e rigore per il risanamento della finanza pubblica e la richiesta di maggiore elasticità per il sostegno alla crescita ed alla coesione sociale. Ciò comporterà la ricerca di difficili equilibri:

    o tra le ineludibili esigenze di un libero e incomprimibile sviluppo della persona (c.d. "universalità" del godimento dei diritti) e la sostenibilità finanziaria "delle ragioni" della solidarietà (c.d. "selettività" nel godimento dei diritti stessi);

    o tra un modello di gestione di natura pubblica e uno di natura privatistica;

    o tra un sistema di stampo assistenziale basato su contributi in denaro e un modello basato sull'erogazione di servizi(2).

    Da queste scelte passeranno necessariamente anche decisioni di natura istituzionale sul ruolo che si vorrà dare alle Regioni e, in generale, alle Autonomie Locali. Scelte con cui il Legislatore costituzionale dovrà dipanare i dubbi sull'applicazione del federalismo a geometria variabile e, si auspica, dovranno promuovere una reale autonomia delle Regioni nella definizione di obiettivi, regole e sanzioni per gli Enti del territorio, responsabilizzandole verso la creazione di un sistema pattizio che, tuttavia, non sostituisca il centralismo statale con un centralismo regionale.

     

    Bibliografia

    ISTAT, Interventi e servizi sociali dei comuni singoli e associati, anni vari

    Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Rapporto sulla Coesione Sociale, Anno 2012

    Ministero del Lavoro, Anci, Cittalia, Contributi Economici o servizi?, Marzo 2011.

     


     

     

    Nota(1) Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Rapporto sulla Coesione Sociale, Anno 2012

    Nota(2) Ministero del Lavoro, Anci, Cittalia, Contributi Economici o servizi?, Marzo 2011

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